Domenicali, Ferrari: «Vi racconto i retroscena di un pit stop di Formula 1»

Domenicali, Ferrari: «Vi racconto i retroscena di un pit stop di Formula 1»
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Paolo Ciccarone
Stefano Domenicali, Responsabile della GES Ferrari, racconta quanto possa influire il fattore umano nella gestione di un pit stop. E abbiamo scoperto che i meccanici del Cavallino sono addirittura dotati di sensori... | <i>P. Ciccarone</i>
12 marzo 2013

Si ricomincia. Col GP d’Australia a Melbourne, la F.1 torna protagonista e fra tutti l’attenzione è solo per un marchio: Ferrari.

 

A Maranello, alla vigilia del via della stagione 2013, il Responsabile della GES Ferrari, Stefano Domenicali, prova a raccontare quello che c’è dietro le quinte e che la gente non conosce.

 

In pista chi è davanti lo vedi subito, ai box vedi se i meccanici sono stati bravi o meno nel cambiare le gomme, cosa c’è dietro a un pit stop, lo sanno in pochi. «La F.1 non è uno sport come il calcio – dice Domenicali – dove cambiando un attaccante o un allenatore la squadra diventa competitiva.  Se prendi una decisione tecnica in F.1, ci vuole del tempo per vedere i risultati. E’ un po’ come una nave che quando cambi direzione per vederla davvero occorre del tempo. E sono decisioni difficili perché basta un momento per segnare gli anni futuri».

 

In pista, con le nuove gomme della Pirelli, ci saranno più soste e quindi interverranno maggiormente i meccanici: «Vero, ma chi crede che cambiare le gomme sia solo il frutto di allenamento, non conosce i retroscena. Ci sono quelli tecnici, che dipendono dai bulloni, dai cerchioni e le pistole pneumatiche usate. Diciamo dalla parte progettuale che semplifica o complica le cose, dipende da come vanno».

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Il team deve arrivare a muoversi come se fosse un solo uomo

 

«E poi c’è l’aspetto umano. Un meccanico che attende una macchina al box è un atleta col cuore a 180 battiti al minuto, uno che ha gli occhi di tutto il mondo puntati addosso e sa che non deve sbagliare. Quando in pista te la giochi sul filo dei decimi, perdere un secondo ai box è una eternità».

 

«Noi alla Ferrari abbiamo studiato tutto nei dettagli. Abbiamo messo anche dei sensori sui meccanici durante i pit stop, per capire come si muovono, quali muscoli intervengono e quale ergonometria devono avere gli strumenti che dovranno usare. E poi c’è la preparazione fisica e mentale».

 

«C’è gente bravissima, ma che non sopporta lo stress emotivo, altri che sono forti ma non tecnicamente adeguati. E’ una scelta lunga e difficile per mettere insieme una squadra che si muova come un solo uomo».

Un meccanico che attende una macchina al box è un atleta col cuore a 180 battiti al minuto, uno che ha gli occhi di tutto il mondo puntati addosso e sa che non deve sbagliare

 

E i risultati dicono che cambiare 4 gomme in 2 secondi e mezzo è qualcosa di simile alla fantascienza. Fatelo per quattro o cinque volte a gara coi due piloti e avere sempre la perfezione è il risultato finale di questa preparazione al limite della follia: «Quando si dice che si vince e si perde tutti insieme è così e poi non vi dico come si sente un meccanico che sbaglia un pit stop».

 

«Qui siamo di fronte a gente appassionata, che ama e vive per questo lavoro, commettere un errore è qualcosa di devastante, che influisce molto di più in questi soggetti che amano il loro lavoro, la loro squadra e si sacrificano per un risultato che poi il pilota concretizza in pista». 

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