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Quando Lewis Hamilton ha varcato i cancelli di Maranello a gennaio, portava con sé un bagaglio prezioso: undici anni di eccellenza operativa in Mercedes. Mesi dopo, il suo sguardo deluso racconta una storia diversa. Un'altra relazione consegnata al management, l'ennesima richiesta di cambiamento. Il problema? Non è solo la performance della macchina. È anche come la Ferrari la gestisce. Sulle pagine del Corriere della Sera, Daniele Sparisci racconta di una figura messa in discussione nello specifico: si tratta di Matteo Togninalli, responsabile delle attività in pista della Rossa.
Da Maranello sono state smentite le voci di un confronto acceso tra Togninalli e il team principal Fred Vasseur in quel di Singapore. Ma il Corriere spiega che la fiducia nei suoi confronti, diventata precaria dopo la salatissima doppia squalifica rimediata in Cina, è nuovamente traballante. E che qualcosa non vada nella gestione delle operazioni in pista lo si capisce dalle parole di Lewis Hamilton. Il sette volte campione del mondo ha ripetutamente fatto riferimento a delle mancanze della Ferrari a livello di “esecuzione”.
Nella sua decade abbondante in Mercedes, Hamilton era stato abituato a standard che a Maranello non sembra aver ritrovato. La questione si gioca su diversi fronti. Il primo, diventato evidente a Baku, riguarda le qualifiche. Il compito di portare le gomme nella corretta finestra di utilizzo – e di rimanervi – è assai complicato, nella F1 di oggi. Ogni scuderia si trova a gestire grattacapi di non poco conto, a cominciare dall’individuazione del miglior compromesso tra l’uscire dai box quando la pista raggiunge il picco della sua evoluzione e l’evitare di prendere la via della pista con le gomme fredde per un’attesa troppo lunga.
Ma in qualifica a volte non è nemmeno così scontata la scelta della mescola, visto che in alcune circostanze le medie possono essere più efficaci delle soft. In un contesto caotico come quello delle qualifiche di Baku, diversi team hanno faticato. Nel caso della Ferrari, però, si ha sovente la sensazione che qualcosa venga lasciato sul tavolo, al netto delle evidenti mancanze di una monoposto che spesso viaggia nella mediocrità, senza particolari acuti né difficoltà catastrofiche. Quando si parla di operazioni in pista, però, si intende anche molto altro.
Nella F1 di oggi, l’importante non è solo fare i compiti a casa al simulatore, lavorando su un assetto che costituisca una buona base di partenza. Sono solo le fondamenta per iniziare un percorso che va ben oltre. Nemmeno la simulazione più accurata può restituire tutte le sfumature della pista. E con le monoposto dell’attuale ciclo tecnico sono tanti i fenomeni che non possono essere riprodotti nel virtuale. Quanto sia efficace un approccio “pistaiolo” nella ricerca del miglior bilanciamento lo dimostra il miglioramento della Red Bull in quest’era.
Sotto la gestione di Laurent Mekies in Red Bull ci si basa molto di più su valutazioni empiriche, ascoltando nel contempo i desiderata di Max Verstappen. Se in Ferrari si assiste spesso a un plafonarsi delle prestazioni dal venerdì al sabato, non è solo per via dei problemi di controllo della piattaforma della SF-25, che costringono il team a regolazioni conservative in termini di altezza da terra. Molto dipende anche dalla difficoltà nell’assecondare l’evoluzione del tracciato, lavorando di fino come altri riescono a fare con maggiore efficacia.
Secondo quanto riporta il Corriere, Hamilton avrebbe redatto un’altra relazione sullo stato dell’arte in Ferrari, nella speranza di innescare un vero cambiamento. Lewis si concentra sulle operazioni in pista perché l’altro problema alla base, legato alla performance della monoposto, è ormai irrisolvibile. L’aggiornamento alla sospensione posteriore e al fondo portato durante l’estate, sacrificando altri potenziali interventi, non ha sortito gli effetti sperati. E non è un buon segno per la prossima era tecnica della Formula 1, che inizierà tra pochi mesi.
Qualcuno si chiederà come sia possibile che il lavoro svolto quest’anno sia in qualche modo propedeutico per monoposto che segnano un cambiamento profondissimo. Tanto per cominciare, alcuni aspetti, sia dal punto di vista meccanico che della gestione delle gomme, trascendono i regolamenti. Ma, soprattutto, portare aggiornamenti efficaci è un buon segnale della correlazione tra i dati e di processi interni che funzionano. Il 2026 darà la risposta a tanti interrogativi che aleggiano in Ferrari. A cominciare dalle operazioni in pista.