A piedi sulla Luna? No grazie, meglio l’automobile

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Daniele Pizzo
Dopo aver messo piede sulla Luna, l’uomo ha voluto esplorarla il più possibile. Ecco come e perché è nato il Lunar Roving Vehicle, la prima “auto lunare”
18 luglio 2019

«Un piccolo passo per un uomo, un balzo enorme per l’umanità». Così Neil Armstrong 50 anni fa, il 20 luglio del 1969, si portava fuori dal LEM e poggiava, primo uomo nella storia, un piede sulla Luna. Se il sogno dell’uomo di volare in quel 1969 era ormai alla portata di tutti, quello di visitare un corpo celeste diverso dalla Terra era rimasto fino a quel giorno un’utopia. Finché non successe davvero.

A Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins e a tutti gli uomini della NASA che lavorarono alla missione Apollo 11 dobbiamo la conquista forse più clamorosa ed importante della storia dell’uomo. In quelle 2 ore, 31 minuti e 40 secondi di passeggiata lunare, Armstrong e Aldrin furono gli occhi e le gambe del mondo sul satellite osservato e talvolta venerato dagli umani fin dalla notte dei tempi. E finalmente raggiunto. Per fare cosa? Per dimostrare al mondo e ai russi, rivali acerrimi nella “corsa allo spazio”, la supremazia tecnologica americana, certo, ma formalmente per raccogliere campioni di terra e rocce lunari, posizionare della strumentazione di rilevamento ed effettuare foto e videoriprese. E soprattutto sperimentare se e come fosse possibile muoversi sulla Luna.

Un'immagine della missione Apollo 11, quella dello sbarco dell'uomo sulla Luna. E' il 20 luglio del 1969
Un'immagine della missione Apollo 11, quella dello sbarco dell'uomo sulla Luna. E' il 20 luglio del 1969

Quei primi passi nel Mare della Tranquillità, questo il nome del punto scelto per l’allunaggio, furono un nuovo inizio per la razza umana. Dopo aver affrontato innumerevoli incognite nonostante la particolareggiatissima pianificazione della missione, Armstrong e Aldrin dovettero a quel punto imparare a camminare sulla Luna. Con una gravità sei volte inferiore a quella della Terra, una temperatura compresa tra -173 e 117 gradi Celsius ed una conformazione e composizione del terreno ancora semisconosciuta, quello che sulla Terra si impara a fare intorno ai 2 anni di età, sulla Luna i due astronauti dovettero apprenderlo a 38 e 39 anni.

Ci riuscirono abbastanza in fretta, riferendo al centro di controllo che era anche più facile rispetto a quanto sperimentato durante l’addestramento. Trovarono che la migliore maniera di muoversi fosse il cosiddetto “passo del canguro”, piccoli balzi la cui forza da imprimere alla gambe doveva essere accuratamente valutata cinque o sei metri prima di raggiungere il punto desiderato.

Visitato il Mare della Tranquillità e riportati a casa i tre eroi, la curiosità dei ricercatori si spinse ovviamente verso gli altri luoghi della Luna prima visti soltanto dall’alto, grazie ai sorvoli delle missioni precedenti. Avere un veicolo sulla Luna era un passo necessario per lo sviluppo delle missioni successive, perché avrebbe permesso maggiore capacità di movimento e di carico. In altre parole, di massimizzare il limitato tempo a disposizione degli astronauti sulla Luna.

Un "muletto" del LRV durante un addestramento
Un "muletto" del LRV durante un addestramento

Così, come l’uomo nella notte dei tempi che spinto dalla voglia di esplorare spazi sconosciuti trovò nell’animale il primo mezzo di locomozione, due anni dopo con la missione Apollo 15 partita il 26 luglio 1971 fu conseguenza logica utilizzare il mezzo ormai principe della mobilità umana: l’automobile. Ne occorreva però una molto speciale. 

Nel giro di due anni la NASA mise a punto insieme a Boeing e a General Motors il Lunar Roving Vehicle (LRV), la prima automobile lunare che fu impiegata nelle missioni Apollo 15, 16 e 17. Gli studi su un veicolo lunare in grado di trasportare uomini, avviati già nei primi anni ‘60, erano risultati in questo veicolo con misure caratteristiche vicine a quelle di una Jeep Willys approntato nel giro di 17 mesi. 

Lungo 3,1 metri e con un passo di 2,3, pesava appena 210 kg grazie ad un telaio in alluminio aeronautico 2219, ma sulla Luna il suo peso si riduceva a 35 kg. Il LRV era inoltre ripiegabile, per non occupare troppo spazio nel modulo di atterraggio. Sulla Luna non c’è ossigeno, quindi un motore a combustione non avrebbe potuto funzionare: si adottarono allora quattro motori elettrici, uno per ruota, da 0,25 CV l’uno. Tutte e quattro le ruote erano sterzanti e comandate da servomotori elettrici. La velocità massima raggiungibile era di 13 km/h.

La sua autonomia ottenuta da due batterie argento-zinco a 36V da 115 Ah era di 78 ore, sufficienti a coprire una distanza di 65 chilometri, ma fu limitata a 9,5 km per consentire agli astronauti di tornare camminando al modulo in caso di guasto irreparabile. Si trattava comunque di un raggio 10 volte superiore all’area esplorabile senza il supporto di un veicolo, cioè a piedi. Era anche provvisto di un sistema di navigazione, per consentire agli astronauti di ritrovare agevolmente il campo base qualora si fossero persi. 

La parte più difficile fu quella della definizione di telaio, sospensioni e ruote, visto che mai prima di allora si era dovuto costruire un veicolo su ruote che doveva muoversi ad una gravità ridotta di sei volte rispetto a quella della Terra. A complicare il tutto, la particolare consistenza del suolo e la presenza di massi, buche e forti pendenze. 

Il rover americano doveva essere un fuoristrada efficientissimo: si optò per sospensioni indipendenti a bracci sovrapposti con barre di torsione e per ruote molto particolari. Visto che era impossibile usare i normali pneumatici, furono realizzate delle ruote in maglia di fili di acciaio e inserti a “V” in titanio come battistrada. Con la sua altezza da terra di 35 cm, il LRV poteva superare ostacoli alti fino a 25 cm e buche larghi fino a mezzo metro e inclinarsi longitudinalmente e lateralmente fino a 45° senza ribaltarsi.

Il primo “test drive” condotto nella regione dei Monti Hadley, spiritosamente chiamato “Grand Prix”, fu un successone: a mettersi per primo ai comandi del LRV fu il comandante David Scott, che riferì che il veicolo poteva superare ostacoli ancora maggiori e muoversi ad una velocità superiore di quanto preventivato. «Le prestazioni del veicolo sono state eccellenti», si legge all’inizio del rapporto post missione.

Il rover della NASA sulla Luna. E' stato il primo e finora l'unico guidato dall'uomo
Il rover della NASA sulla Luna. E' stato il primo e finora l'unico guidato dall'uomo

Costò 38 milioni di dollari USA, il doppio di quanto previsto all’avvio del progetto, ma i risultati dimostrarono che ne era valsa la pena. In totale furono realizzati tre esemplari utilizzati anche nelle missioni successive Apollo 16 ed Apollo 17, che si trovano ancora sulla Luna, visto che il progetto non ne prevedeva il ritorno. Complessivamente, i tre LRV americani hanno percorso 99,7 km sulla Luna. I 100 km più impegnativi e costosi di sempre per un’automobile. 

Con la cancellazione delle successive missioni del programma Apollo per via dei tagli al budget della NASA voluti dal Governo USA di allora, nessun altro veicolo guidato da umani ha più solcato la superficie della Luna, ma pare che nei prossimi anni l’uomo tornerà a guidarvi. Poco tempo fa Toyota ha annunciato di star lavorando insieme all’agenzia spaziale giapponese, la JAXA, alla realizzazione di un laboratorio mobile con un’autonomia di 10.000 km e la capacità di ospitare a bordo gli astronauti per lunghi periodi. Quella di un veicolo dotato di cabina è un’idea già contemplata agli albori del progetto LRV, ma poi accantonata perché avrebbe richiesto due lanci, uno per l’equipaggio ed un secondo per il veicolo.

Oggi che invece lo spazio non è più appannaggio dei soli governi ma c'è anche spazio per l'iniziativa privata, come dimostra il programma SpaceX di Elon Musk, la Luna potrebbe tornare a ricevere la visita dell'uomo e di un suo veicolo, come accadde 50 anni fa. 

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