FCA vuole il prestito di Stato, ma è polemica per la sede in Olanda

FCA vuole il prestito di Stato, ma è polemica per la sede in Olanda
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L’azienda precisa che saranno soldi utilizzati esclusivamente in Italia. Il premier Conte apre il tema del “dumping fiscale”, le differenze nella tassazione cioè tra paesi membri della UE che svantaggerebbe alcuni stati membri e ne danneggerebbe altri
18 maggio 2020

Il Gruppo FCA vuole attingere ai prestiti garantiti dallo Stato per le aziende previsti dal dl liquidità. Il Gruppo italo-americano ha confermato di stare trattando con Governo e Intesa San Paolo l’erogazione di una linea di credito da complessivi 6,3 miliardi in tre anni, pari al 25% del fatturato delle attività italiane del costruttore, che avranno garanzia statale.

Non poche sono state le critiche al costruttore che si sono levate dal mondo della politica e non solo, per via del fatto che FCA ha sede legale in Olanda e sede fiscale a Londra, paesi che offrono una legislazione societaria meno complessa e condizioni fiscali migliori rispetto all’Italia, i Paesi Bassi in particolare dal punto di vista della tassazione degli utili.

Una delle prime bordate è partita dal vicesegretario del PD Andrea Orlando, per il quale «Un’impresa che chiede ingenti finanziamenti allo Stato italiano riporta la sede in Italia». Dello stesso tenore le posizioni dell’ex ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, ex di FCA (era in Ferrari ai tempi di Montezemolo), che ha fatto sapere di essere «convinto che sia immorale garantire un prestito a un'azienda italiana che ha spostato sede legale e fiscale dall'Italia».

Posizioni diverse emergono all’interno del centrosinistra. Per il capogruppo al Senato del PD Andrea Marcucci «il prestito chiesto ad una banca privata da FCA serve a garantire lo stipendio dei dipendenti e dei fornitori di tutta la filiera. Stiamo parlando di migliaia di lavoratori italiani», ma il senatore dem ha precisato anche che «resta il tema di una fiscalita' omogenea a livello europeo che va posto tra le priorità assolute per la nuova Europa».

L’ex presidente del consiglio Romano Prodi in un’intervista alla Rai ha spiegato che pur non essendo contrario al prestito garantito dalle casse pubbliche «Fiat non è più italiana» e che è necessario «Avere le garanzie che gli investimenti vengano fatti in Italia».

FCA da parte sua ha precisato che il finanziamento servirebbe «al solo scopo di supportare la gestione operativa dei pagamenti alla filiera italiana dei fornitori, sostenendone i livelli di liquidità e garantendo al contempo la ripartenza delle produzioni e gli investimenti negli impianti italiani».

In conferenza stampa il premier Giuseppe Conte ha riferito che «Se FCA beneficia dei finanziamenti significa che rientra nelle disposizioni del decreto. È vero, la capogruppo risiede all’estero. Però le fabbriche e i lavoratori producono in Italia». Il decreto infatti prevede che le agevolazioni siano destinate alle attività italiane delle aziende, l’impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali e quello di non approvare la distribuzione di dividendi o acquisto azioni proprie fino al 31 dicembre 2020.

Il caso FCA apre però la questione del dumping fiscale, quella pratica cioè di alcuni stati che abbassano le tasse per attrarre contribuenti ed investimenti dall’estero, come l’Olanda che secondo alcuno in questo modo danneggerebbe gli altri paesi membri dell’Unione Europea.

Nella stessa occasione Conte ha aggiunto: «Dobbiamo porci il problema: perché vanno all’estero? C’è un diritto societario in Olanda più favorevole? Stiamo lavorando a questo. Stiamo introducendo delle modifiche societarie, che andranno certamente nel Decreto Semplificazioni, per scongiurare questa maggiore competitività di altri Paesi, addirittura all’interno dell’Unione Europea, che per me è inaccettabile. Ovviamente, non c’è solo un diritto societario giudicato più attraente, ci sono anche delle agevolazioni fiscali, il cosiddetto dumping fiscale. Non intendiamo più concedere questi vantaggi a Paesi diretti competitors. Stiamo lavorando a questo».

Una posizione condivisa tra gli altri anche dall’economista Carlo Cottarelli, già commissario alla “spending review”. In un tweet ha detto: «Non parlo del caso #FCA che non conosco bene. Ma le diverse pratiche fiscali nell’UE sono un problema. L’allocazione degli investimenti nell'UE dovrebbe riflettere fondamentali economici e non distorsioni causate da piccoli paesi che hanno vantaggi sproporzionati da tasse basse».

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