Filiera automotive Italia verso il futuro, Non sarebbe niente male se cambiasse [ricambi e sistemi]

Filiera automotive Italia verso il futuro, Non sarebbe niente male se cambiasse [ricambi e sistemi]
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Numeri e previsioni per le aziende del settore automotive in Italia, non solo costruttori ma soprattutto sistemisti e produttori ricambi. Tanto il potenziale tricolore, ma poco incentivato per ADAS, SW e Batterie
16 novembre 2020

Oggi abbiamo avuto conferme di quanto potevamo già presumere. Lo studio ANFIA commissionato a Roland Berger sulla nostra componentistica per l’auto, vede un buon patrimonio di competenze ancora vivo nel Bel Paese, ma che fatica a cogliere i trend emergenti e anzi, evidenzia fattori critici pensando al post-covid. Si parla in pratica dei “fornitori” del sistema auto che dall’Italia, o comunque tramite un headquarter tricolore mandano le loro parti, ricambi ed elementi complessi, verso gli stabilimenti assemblaggio delle Case nel mondo. Per dare una misura, la filiera conta 5.529 imprese (274.000 addetti, diretti e indiretti) per 105,9 miliardi di fatturato, pari al 6,2% del PIL.

I trend sono quelli arcinoti, per campare degnamente nei prossimi anni. Occuparsi e primeggiare in elettrificazione, guida autonoma, connettività e mobilità condivisa. Lo studio, che ha coinvolto 15 tra OEM e fornitori, sia di powertrain, che di chassis, interiors, exteriors ed electron ics, sviscera parecchi elementi non noti agli utenti, agli automobilisti. Facile dire “l’auto premium tedesca ha il faro italiano” piuttosto che “il sensore che fa funzionare tutto della supercar lo facciamo noi”. Non è proprio così, non resta sempre uguale e non a caso un solo sistemista estero, oggi, può valere tutto il comparto nazionale in termini di volumi o fatturato. Però permangono eccellenze tutte italiane, esperienze e strutture ancora in campo nel mondo dell’auto di oggi e del futuro. Non solo FCA, ovviamente.

Recovery Plan

Quello che chiede ANFIA insieme a Confindustria, alla luce degli’ultimi studi che includono la fase di pandemia, sono interventi forti dalle istituzioni ma anche una “smossa” ai CdA. Tra i primi il supporto degli investimenti in ricerca, innovazione e prima industrializzazione. La riqualificazione del capitale umano. Ovviamente anche aiuti finanziari a sostegno della filiera produttiva, che lavora e compete con aziende internazionali. ANFIA dialoga con i Ministeri per fare includere l’automotive nel Recovery Plan.

La filiera italiana è molto frammentata, pur contando importanti realtà già affermate sulle tecnologie dell’auto di domani. Ci sono ricerche promettenti su materiali, componenti e veicoli autonomi, ma è netta la necessità di maggiore collaborazione e aggregazione tra i player italiani. Il portafoglio tecnologico è esposto sui moduli tradizionali, le imprese non hanno ancora raggiunto un posizionamento forte sui domini emergenti. Insomma noi, che eravamo i numeri uno, rincorriamo la trasformazione, con al centro l’innovazione. Lo studio del 2020 dice che servono alle nostre aziende strategie di open innovation, per favorire a livello domestico lo sviluppo di certe tecnologie. Per ottenere un buon posizionamento, l’Italia deve anche attrarre attori esteri leader globali, che con la loro presenza darebbero ulteriore impulso all’ecosistema che si va creando.

Idrogeno

Occhio, ne parliamo sempre su queste pagine. L’auto a idrogeno è un ottimo prodotto in se. Meno agevole per aspetti di rifornimento e costi, ma di gran potenziale sin da subito. Ci sono “sopra” tutti nel mondo ma per l’Italia, dei fornitori, è una partita importante. Abbiamo tutte le competenze e le capacità per diventare leader, non solo per l’auto a idrogeno ma anche per il trasporto pesante, merci e passeggeri.

Alla fine della lettura di questa ricerca, si conferma che le trasformazioni dell’industria automotive in corso prima del Covid non sono reversibili. Si avverte ora una spinta ulteriore, verso i processi di digitalizzazione. Anche l’elettrificazione guadagna terreno per vari motivi. Più controverso l’impatto della sharing mobility e del veicolo autonomo, che ha visto frenare la sperimentazione e gli investimenti.

In ogni caso si aprono opportunità per la filiera della componentistica italiana, a condizione le aziende si trasformino. Il compito di conquistare un peso forte nei confronti delle case auto, con soluzioni a maggiore valore aggiunto e gestendo la transizione dai prodotti meccanici a quelli intelligenti. La sfida più alta riguarda lo sviluppo di moduli nei quali il Paese mostra un gap tecnologico. Tra questi software e sensori ADAS, infotainment, pacco batterie.

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