Fit for 55: preoccupazioni e timori del concessionari

Fit for 55: preoccupazioni e timori del concessionari
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
Dalla rete dei dealer europei la richiesta di obiettivi più realistici per gestire al meglio la transizione della mobilità
  • Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
30 maggio 2022

Messi alle strette da un mercato in pesante regresso da almeno due stagioni e con prospettive a breve-medio termine per nulla incoraggianti, i concessionari aderenti all'AECDR (Alliance of European Car Dealers and Repairers) hanno resa pubblica la loro posizione rispetto al Fit for 55, il pacchetto di misure previste dall'UE per arrivare al taglio del 55% di emissioni di anidride carbonica entro il 2030.

Obiettivo ambizioso, forse troppo, che mette a rischio diverse realtà economiche ed occupazionali: ed è proprio questo il riferimento principale del documento dell'AECDR, che invita i responsabili dell'UE a un approccio più realistico quando si tratta di selezionare le soluzioni politiche e tecniche da adottare nell'immediato futuro.

«La transizione in corso - per riprendere le parole di Antje Woltermann, portavoce dell’AECDR - dovrebbe favorire la sostenibilità e l'occupazione delle imprese europee. Obiettivi non realistici potrebbero provocare una pressione straordinaria su migliaia di concessionari che attualmente stanno investendo enormi somme di denaro in imprese a prova di futuro. Pertanto, invitiamo i responsabili politici dell'UE a considerare la realtà vissuta dalle aziende in tutto il continente. L'approvazione dei previsti standard di CO2 per i nuovi veicoli da parte della plenaria di giugno sarà la prima pietra miliare per adottare soluzioni ambiziose ma realistiche per tutti gli attori coinvolti in questa transizione e i concessionari di automobili sono una parte fondamentale di queste soluzioni».

Riguardo al pacchetto Fit for 55, queste le raccomandazioni più importanti avanzate dall'AECDR
- Essere più ambiziosi sulle infrastrutture di ricarica: l'obiettivo di 3,5 milioni di punti di ricarica entro il 2030 non è sufficiente a sostenere le dimensioni previste del parco di veicoli elettrici (BEV e PHEV). Secondo attente valutazioni, questo numero dovrebbe essere almeno doppio.

Oltre ai punti di ricarica il nuovo AFIR (l'Alternative Fuels Infrastructure Regulation, il regolamento europeo sulle infrastrutture dei combustibili alternativi)  dovrebbe stabilire anche i requisiti nazionali per la capacità di ricarica ad alta potenza (> 150 kilowatt/ora, per soddisfare la domanda di energia di tutti i tipi di veicoli (autovetture, veicoli commerciali leggeri, medi e pesanti).

Il raggiungimento di tutti questi obiettivi in maniera uniforme e in tutto il continente europeo è un prerequisito necessario per una transizione di successo verso una mobilità carbon neutral. 

- Evitare inutili distorsioni e frammentazioni del mercato, e la povertà di mobilità: l'UE dovrebbe promuovere un sistema di incentivi coerente a livello europeo per gli utenti privati e per quelli professionali.

Affrontando e non ignorando le disuguaglianze strutturali che esistono in tutta l'UE, tale strumento renderebbe i veicoli ad alimentazione alternativa competitivi rispetto alle tradizionali in tutti i Paesi e le classi sociali, a beneficio del clima.

Quello che si registra presso le concessionarie è una preoccupante frammentazione del mercato: in Italia o Spagna, la quota di mercato di BEV + PHEV nel 2021 è stata inferiore al 10% per le autovetture e al 2% per i veicoli commerciali leggeri mentre Paesi come Svezia o Danimarca sono già ben al di sopra del 30% per le auto ed al 5% per i veicoli commerciali leggeri.

Inoltre, l'UE dovrebbe riesaminare l'impatto delle normative sugli standard CO2 già in vigore e in via di revisione, sia per i veicoli leggeri che per quelli pesanti: in assenza di una solida domanda di veicoli elettrici a batteria - supportata da sufficienti infrastrutture di ricarica e da un quadro incentivante uniforme a livello UE - c'è il concreto rischio di disallineamento tra le tipologie di veicoli presenti presso le concessionarie e i veicoli che gli utenti sono disposti ad acquistare; in alcuni Paesi dell'UE una quota significativa, dal 10% al 30%, delle immatricolazioni totali di veicoli elettrici a batteria è costituita da autoimmatricolazioni e questo significa che parte dell’offerta spinta dalla politica non incontra la domanda dei clienti; occorre evitare che distorsioni del mercato si ripercuotano negativamente sui concessionari e sui loro clienti.

- Avere un approccio tecnologico più inclusivo: oltre all'elettrico a batteria, diverse altre tecnologie sembrano potenzialmente in grado di svolgere un ruolo importante nel percorso di decarbonizzazione del trasporto stradale europeo (idrogeno, biocarburanti, biometano, sia compresso che liquefatto, e-fuel, ecc.), soprattutto in relazione a veicoli medi e pesanti con missioni di medio e lungo raggio.

L'UE dovrebbe valutare il potenziale di ciascuna di queste tecnologie ed adottare i metodi di misurazione più realistici, allontanandosi dal “tank to wheel“ e adottando metodi che implicano analisi più complete, come “LCA“ o “Well-to-Wheel“, in combinazione con schemi volontari come il “crediting system“, che permettono di calcolare il ruolo positivo dei combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio.
 

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