Inquinamento. ARPA Veneto conferma: il PM10 non cala nel periodo Coronavirus. Perché?

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Emiliano Perucca Orfei
Perché l'inquinamento da PM10 non scende durante l'emergenza Coronavirus?
18 marzo 2020

E' ARPA Veneto a fare chiarezza sul perché la riduzione del traffico veicolare non abbia inciso ad una drastica riduzione del PM10 nelle città: il motivo è da ricercare nel fatto che la produzione di polveri non è strettamente legata all'automobile. Come volevasi dimostrare.

“Il motivo principale – spiega Luca Marchesi, direttore generale dell’ARPA veneta – è la stretta correlazione fra polveri e meteo. Quest'ultimo è comunque e sempre nel breve termine il fattore determinante e prevale rispetto agli altri fattori emissivi. In questo periodo ad una settimana, a fine febbraio, di vento e pioggia che ha abbassato i livelli, ne è seguita una di grande stabilità atmosferica. Inoltre più persone a casa significa più riscaldamento acceso. La notizia positiva è che in primavera le condizioni meteo sono favorevoli alla dispersione degli inquinanti e quindi nel prossimo periodo l'aria dovrebbe migliorare”.

Da dove arriva allora il PM10?

Il traffico impatta principalmente sulle emissioni di ossidi di azoto, spiega ARPAV. Per quanto riguarda invece il particolato atmosferico, una percentuale significativa del PM10 viene emessa principalmente dal settore del riscaldamento civile. Ad essa si aggiunge una parte di particolato di origine secondaria, legato alla formazione di polveri sottili in atmosfera da inquinanti primari, come gli ossidi di azoto e l’ammoniaca. È ragionevole pensare che la formazione di particolato secondario si possa essere ridotta nelle ultime settimane, a causa della diminuzione di emissioni di ossidi d’azoto da traffico mentre è rimasta sostanzialmente inalterata la componente emissiva primaria da riscaldamento civile.

La stabilità atmosferica contribuisce

Per questo motivo ad oggi non è possibile effettuare una correlazione tra la generale diminuzione di polveri occorsa negli ultimi 20 giorni e le misure di restrizione della circolazione della popolazione dovute al Coronavirus. E’ invece ragionevole pensare che le condizioni di instabilità atmosferica abbiano giocato un ruolo fondamentale nel disperdere gli inquinanti e nel tenere basse le concentrazioni di PM10. Vi è un indizio che gioca a favore di quest’ultima ipotesi nelle ultime settimane vista l'instabilità meteo, ma è evidente che ora i valori di PM10 stanno tornando a crescere nonostante un traffico automobilistico nelle città praticamente azzerato.

Infatti...

Dal 8 al 13 marzo, nel pieno delle misure restrittive, si sono avuti alcuni giorni di parziale stagnazione degli inquinanti e in tutta la regione si è registrato un trend di accumulo con aumento dei livelli di PM10 fino a concentrazioni oltre il limite giornaliero. Venerdì 13 marzo si sono registrate le concentrazioni più alte, quando hanno superato il valore limite l’80% delle centraline della rete, con massimi vicini ai 100 µg/m3. L’arrivo di un’ulteriore instabilità nella giornata di sabato, molto ventosa, ha riportato i livelli di polveri significativamente al di sotto del limite, con livelli odierni sostanzialmente inferiori a 20 µg/m3.

 

Ma allora perché demonizzare l'auto?

Questa è la domanda clou. Perchè demonizzare l'auto, il motore diesel (super efficiente), mettere dei paletti "impossibili" al mercato auto con tasse su inquinamento che non esiste e bloccare città e libertà personale delle persone in nome di una riduzione delle polveri PM10 e PM2.5 che non dipendono evidentemente dalle auto? Questa è la domanda. E' chiaro che il trasporto contribuisce nell'inquinamento globale ma di certo non incide nella qualità dell'aria che respiriamo nelle nostre città, come invece ci hanno fatto credere sino ad oggi. E' forse questa l'occasione per rivedere quanto fatto sino ad oggi in tema di tutela ambientale vs automobili creando un rapporto più sereno e maturo tra le istituzioni e l'oggetto che permette alle persone di essere "libere di muoversi"?

Fonte: ARPA Veneto

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