La Fiat Panda che faceva il pieno con 300 litri: condannato a tre anni il capo della banda del carburante

La Fiat Panda che faceva il pieno con 300 litri: condannato a tre anni il capo della banda del carburante
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Un giro d’affari da mezzo milione di euro basato su carte carburante clonate e rifornimenti truccati
23 luglio 2025

È stata battezzata “Free Fuel” l’inchiesta che ha smantellato un vasto sistema di furto di carburante e clonazione di carte aziendali, messo in piedi da un’organizzazione ben strutturata, con base operativa nel Trentino. Il caso ha attirato l’attenzione nazionale per un dettaglio che ha fatto scattare i primi sospetti: una Fiat Panda capace, almeno sulla carta, di fare rifornimenti da 300 litri in un solo colpo.

Alla sbarra, con l’accusa più pesante, è finito Jamal El Baslaoui, 31 anni, ritenuto dalla Procura la mente dell’organizzazione. Il gup Enrico Borrelli lo ha condannato in rito abbreviato a tre anni e due mesi di reclusione, con una multa da 2.000 euro e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Dovrà inoltre risarcire 500.000 euro alla parte civile, cifra che rappresenta l’ammontare del danno economico per le società colpite, su tutte Eni Life Spa, ramo del colosso energetico specializzato nella gestione delle carte carburante.

L’inchiesta ha ricostruito un meccanismo collaudato: la banda installava skimmer — dispositivi capaci di leggere e copiare i dati delle schede — su distributori della zona di Trento, Mezzocorona e Lavis. Le carte clonate venivano poi rivendute sul mercato nero a prezzi variabili tra i 100 e i 2.000 euro oppure utilizzate direttamente dagli indagati per prelevare benzina e gasolio, da immettere nuovamente sul mercato a un euro al litro.

Il carburante veniva riversato in cisterne da 1.000 litri caricate su furgoni e poi stoccate in un magazzino a Lavis, utilizzato come base logistica, o presso aziende compiacenti della zona industriale. Il gruppo si avvaleva di complici con ruoli definiti: c’era chi installava gli skimmer, chi clonava e distribuiva le schede, chi effettuava i rifornimenti massicci e chi smerciava il carburante.

L’indagine partita da Eni

A far scattare l’allarme è stata proprio Eni Life, che nel 2023 ha notato un uso anomalo delle carte aziendali: prelievi abnormi e frequenti, spesso nella stessa giornata. In particolare, ha destato scalpore la scoperta di una carta collegata a una Fiat Panda che risultava aver effettuato rifornimenti fino a 300 litri — una quantità impossibile per un veicolo di quelle dimensioni. Da lì, l’intervento dei carabinieri del Nucleo operativo di Cavalese e della Procura di Trento ha fatto emergere l’intera rete criminale.

Complessivamente l’indagine ha coinvolto oltre 25 persone. Alcuni sono stati assolti per tenuità del fatto, come Gianfranco Montemurro, che avrebbe semplicemente acquistato carburante a prezzo ridotto. Quattordici imputati hanno optato per il patteggiamento, con pene comprese tra 6 mesi e un anno e 3 mesi. Altri dieci, con ruoli marginali, sono stati ammessi alla messa alla prova e sconteranno la pena con lavori socialmente utili.

Molti degli indagati hanno espresso l’intenzione di risarcire Eni, ma la società ha declinato le offerte, preferendo destinare eventuali somme recuperate ad enti benefici.

Le intercettazioni telefoniche hanno rivelato che la banda era consapevole di essere nel mirino degli investigatori. In una conversazione, uno degli indagati mette in guardia i complici: «Se torniamo stasera e lo hanno preso gli sbirri ce li troviamo lì... quindi cosa facciamo?». Ma la prudenza non è bastata a evitare gli arresti.

 

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