La mitica Jaguar E compie 50 anni

La mitica Jaguar E compie 50 anni
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I.F.
  • di I.F.
Una importante ricorrenza per la Casa inglese, il cui sei cilindri in linea con distribuzione bialbero è entrato nella leggenda
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25 novembre 2011

Era il 1948 quando, al salone dell’auto di Londra, vennero presentate due vetture di serie ad alte prestazioni con motori a sei cilindri in linea dotati di distribuzione bialbero. Si trattava della Aston Martin DB 2 e della Jaguar XK 120, che sarebbero entrate in produzione l’anno seguente. Dopo pochi mesi avrebbe fatto la sua comparsa un altro modello di serie con distribuzione di questo stesso tipo, l’Alfa Romeo 1900 a quattro cilindri, commercializzato a partire dal 1950.

Con queste autovetture iniziava un nuovo capitolo nella storia dell’automobile. Il motore italiano era dovuto a Giuseppe Busso, con la collaborazione del capo disegnatore Masoni e del direttore tecnico Orazio Satta. L’Aston Martin derivava dal Lagonda, disegnato da Willy Watson con la supervisione del famoso W.O. Bentley, mentre il Jaguar era frutto del lavoro di C. Bailey e W. Hassan, con un certo contributo anche da parte di W. Heynes .

Quest’ultimo motore aveva un alesaggio di 83 mm e una corsa di 106 mm, per una cilindrata totale di 3.442 cm3. Dotato di un basamento in ghisa con canne dei cilindri riportate a secco (montaggio con interferenza), nella versione originale erogava 160 cavalli a 5.200 giri/min. I due alberi a camme venivano azionati da un sistema a catena a due stadi, collocato anteriormente, e le valvole erano inclinate tra loro di 70°.

L’albero a gomiti, forgiato in acciaio da bonifica al manganese-molibdeno, poggiava su sette supporti di banco. Le bielle, realizzate con lo stesso acciaio, avevano il cappello amovibile che veniva fissato per mezzo di due viti con dado. Gli spinotti, in acciaio cementato, avevano un diametro di 22,2 mm La testa era fusa in lega di alluminio RR 50, contenente il 2,2 % di silicio, l’1,4 % di rame e minori quantità di nichel e ferro. Gli alberi a camme, in ghisa conchigliata, azionavano le valvole agendo su punterie a bicchiere. I perni di banco e di biella dell’albero a gomiti avevano un diametro rispettivamente di 70 e di 53 mm. Il sistema di lubrificazione era a carter umido, con pompa a lobi di grande portata.

Anche se forse all’epoca nessuno poteva prevederlo, questo splendido sei cilindri è stato il capostipite di una serie di motori di straordinario successo, in versioni sia di serie che destinate ad impiego agonistico. Per quanto riguarda queste ultime, basta ricordare quelle che hanno equipaggiato le Jaguar “tipo C”, vincitrici a Le Mans nel 1951 e nel 1953 e le splendide “tipo D”, che si sono imposte nella massacrante gara francese nel 1955, 56 e 57.

Dal motore di 3.442 cm3 è stata sviluppata nel 1956 una versione con una cilindrata di 2,4 litri, avente eguale alesaggio ma corsa diminuita da 106 mm a 76,5 mm. La testa rimaneva eguale, come l’architettura complessiva del motore, ma il basamento aveva ora le canne dei cilindri integrali e non più riportate. Pure le bielle erano diverse, con un interasse tra i due occhi di 152,8 mm invece che di 196,9 mm. Destinato a modelli relativamente “tranquilli”, questo motore erogava 112 cavalli a 5.750 giri/min.

Nel 1958 ha fatto la sua comparsa una nuova versione del motore, con cilindrata di 3,8 litri, ottenuta portando l’alesaggio a 87 mm, dagli originali 83.

La Jaguar aveva intenzione di realizzare una versione stradale della tipo D; il progetto del nuovo modello, che era stato denominato XK-SS, è stato però cancellato a causa di un incendio che aveva devastato parte degli stabilimenti di Browns Lane nel 1957, costringendo la direzione della azienda a rivedere diversi programmi. In fondo però la cosa è stata solo rimandata, fino alla apparizione della tipo E, meno corsaiola ma sicuramente straordinaria sotto vari aspetti.

Questa vettura è entrata in scena nel 1961, imponendosi immediatamente alla attenzione degli appassionati per la sua linea stupenda, oltre che per le eccellenti prestazioni e per la tecnica raffinata. L’estetica derivava in una certa misura da quella delle Tipo D da competizione, ma era ancora più filante e moderna. Le sospensioni erano a ruote indipendenti sia anteriormente che posteriormente (per la prima volta su di una Jaguar); i freni erano a disco su tutte e quattro le ruote.

Il motore, alimentato da tre carburatori SU, era il sei cilindri di 3.800 cm3, erogante 269 cavalli a 5.500 giri/min. Questa splendida vettura, diventata rapidamente un autentico classico, nel 1964 è stata dotata della nuova versione di 4.200 cm3 del motore, munito di un nuovo basamento e con alesaggio portato a 92,1 mm. La potenza era analoga, ma l’erogazione risultava decisamente più corposa, con un tiro maggiore ai regimi medi e bassi, a tutto vantaggio della guidabilità.

Nel 1969 è apparsa la seconda serie della Jaguar E. Nel 1971, infine, è stata la volta della terza serie, sulla quale è stato montato il nuovo V 12 monoalbero, ricco di soluzioni tecniche avanzate, ma sicuramente meno dotato di fascino, rispetto al suo predecessore. Il glorioso sei cilindri in linea è stato impiegato per l’ultima volta, nella versione di 3,4 litri, sulla XJ 6 del 1986, ben 38 anni dopo la sua nascita!        

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