Loi, Asi: «Tutti i veicoli possono diventare storici. Non vogliamo club elitari, solo appassionati»

Loi, Asi: «Tutti i veicoli possono diventare storici. Non vogliamo club elitari, solo appassionati»
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Matteo Valenti
  • di Matteo Valenti
Roberto Loi, Presidente dell'Asi, prende una posizione netta sul tema dei veicoli storici, chiarendo che dal suo punto di vista non devono esistere elenchi e che ogni veicolo, anche il più umile, può divenire storico
  • Matteo Valenti
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25 settembre 2014

Vicenza - In occasione dell'Autoshow 2014, lo straordinario raduno che ha portato 139 veicoli di valore inestimabile da ogni angolo d'Italia, abbiamo intervistato Roberto Loi, Presidente dell'Asi, che ci ha aperto importanti prospettive sul presente e il futuro del motorismo storico in Italia.

 

Secondo l'Asi tutte le auto hanno la stessa dignità, indipendentemente dal marchio riportato sul cofano. Ci è piaciuto molto questo approccio, è davvero così?

«Assolutamente sì. Noi dell’Asi vogliamo conservare il patrimonio storico-motoristico nazionale e non solo nazionale. È un patrimonio che non vogliamo vedere rinchiuso nei garage e che vorremo fosse conservato e preservato nelle condizioni di perfetta integrità».  

 

La vostra è una posizione diametralmente opposta a quella dell'Aci, che invece ha creato un elenco ben preciso di modelli degni di essere considerati patrimonio storico...

«Se qualcuno vuole creare un club di veicoli storici elitario è libero di fare le scelte che vuole. È chiaro però che più imponiamo barriere più avremo delle associazioni sempre più riservate a delle ristrette minoranze. La storia però, a mio avviso, non può mai essere elitaria. La storia è quella che è, nella sua totalità, e noi dobbiamo farla conoscere a tutti, senza distinzioni. Per noi qualsiasi veicolo può essere storico. Ma a volerlo deve essere l’appassionato. Lui deve avere la libertà di decidere se il suo potrà diventare un veicolo storico o meno, senza limitazioni».

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Abbiamo intervistato Roberto Loi in occasione dell'Autoshow 2014

 

Per voi anche 'un'auto come la Fiat 127 ha diritto di essere un'auto storica, perché al di là del valore intrinseco, è portatrice di un patrimonio culturale molto importante. Sono gli appassionati a decidere, non degli elenchi...

«Quando ci siamo sentiti dire polemicamente che noi certificavamo come vetture storiche delle Fiat 127 o delle Ford Fiesta sono andato nei nostri archivi e ho scoperto che in realtà avevamo due sole 127 e una Fiesta! Quindi facciamo le debite proporzioni. La scelta in ogni caso deve essere affidata agli appassionati. Non mettiamoci mai in testa di poter essere noi a trasformare la verità o la storia. Noi dobbiamo essere aperti a classificare qualsiasi veicolo. L’avvicinamento al nostro mondo è solo fatto di passione e non ci possono essere altre forme di interesse quando si parla di motorismo storico». 

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Secondo l'Asi ognugno deve avere la totale libertà di rendere storico il proprio veicolo

 

Perché l'Aci ha voluto fare questo elenco di veicoli?

«Bisognerebbe chiederlo all’Aci. Anche io non capisco il perché di questa lista. E quando non si capisce una cosa solitamente si è portati a pensar male. Io però non voglio pensare male, ma è importante chiedersi comunque il perché di ogni azione. Quando abbiamo degli antagonisti dobbiamo chiederci perché altri portano avanti certi discorsi, ma da qui a diventare eterni belligeranti o degli accusatori ce ne passa ancora molta di acqua sotto ai ponti. Il nostro è associazionismo, non dimentichiamolo mai!»       

 

Quali veicoli possono diventare storici e ottenere la certificazione dell'Asi?

«L’Asi certifica che un veicolo storico sia in condizioni decorose, che sappiano rispettare l’originalità del progetto. Inoltre il veicolo deve essere curato con la manutenzione sufficiente a renderlo funzionante. Bisogna stare attenti per esempio a non effettuare operazioni di restauro troppo invasive, che rischiano di snaturare l’essenza di un determinato modello». 

L’avvicinamento al nostro mondo è solo fatto di passione e non ci possono essere altre forme di interesse quando si parla di motorismo storico

 

Quando un restauro può diventare invasivo?

«Ci sono restauratori eccezionali, che si occupano di ridare smalto a meraviglie come la Lancia Astura o l’Alfa Romeo 2.500, vetture che poi partecipano ai concorsi d’eleganza. A volte però applicano gli stessi criteri di restauro anche a vetture da competizione, con il risultato che alla fine si ottengono auto da corsa, con una storia sportiva pesantissima sulle proprie spalle, che però sembrano caramelle luccicanti. E dobbiamo essere critici verso queste operazioni, perché rischiano di togliere identità ai veicoli. Non è detto quindi che il restauro più invasivo sia sempre quello preferibile. E riportare poi il veicolo a condizioni di autenticità, quando si è usata la mano pesante, diventa davvero difficile».  

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L'Asi si sostiene sulle proprie gambe esclusivamente grazie alle quote dei propri soci

 

Da quando in Italia si ha tanta cura nei confronti dei veicoli storici?

«La prima svolta che ha portato attenzione sul motorismo storico è arrivata nel 1983, quando la tassa di circolazione venne trasformata in tassa di proprietà. A quell’epoca ci fu un parlamentare torinese, Rossi di Montelera, che ebbe la sensibilità di escludere i veicoli di interesse storico, che all’epoca erano soltanto 3.100. È qui che nasce la consapevolezza che un veicolo storico avrebbe dovuto meritare un trattamento diverso. Il secondo momento chiave arriva nel 1992 con il nuovo Codice della Strada, che per la prima volta prende in considerazioni i veicoli storici, riconoscendo loro un ruolo importante per il progresso culturale». 

 

Su quanti soci può contare oggi l'Asi?

«Da allora siamo sempre cresciuti. Quando sono diventato Presidente dell’Asi nel 1997 i tesserati erano 14.700 poi gli iscritti sono sempre aumentati nell’ordine di 10-15.000 tesserati in più ogni anno. L’Asi oggi ha quasi 215.000 tesserati e 270 Club Federati». 

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Roberto Loi ha le idee molto chiare sul futuro dell'Asi

 

Come avete fatto a crescere così tanto? E' vero che lo Stato vi ha fatto un grosso regalo a concedervi il diritto di certificare i veicoli storici?

«Senza dubbio è stata fondamentale la normativa fiscale del 2000 che ha conferito all’Asi e alla FMI il potere certificativo da parte dello Stato per i veicoli storici. Tengo a precisare però che questo provvedimento non nacque per fare un favore all’Asi. La normativa scaturì da una commissione parlamentare dove risiedeva l’Onorevole Guarini, per niente favorevole all’Asi che veniva da lui considerata un'associazione troppo elitaria. Col tempo però questo parlamentare riconobbe il ruolo dell’Asi, la sua valenza culturale, e capì che era un valore aggiunto per il Paese, da preservare». 

 

Non siete stati voi a spingere per ottenere questo diritto quindi...

«L’Asi non è mai andata a chiedere niente allo Stato. Con un atteggiamento molto soft abbiamo incontrato la commissione parlamentare e non abbiamo fatto altro che spiegare in cosa consisteva il nostro lavoro. A questo punto è stato il potere politico che ha riconosciuto il valore del nostro lavoro e per questo abbiamo avuto il compito di certificare l’integrità dei veicoli storici».

Siamo davvero un sindacato degli appassionati dei veicoli storici. Sotto il profilo legislativo infatti ci siamo sempre battuti per difendere i diritti dei soci

 

Perché da questo momento in poi cambia l'atteggiamento dell'Aci nei vostri confronti?

«Da allora l’Aci ha avuto sempre un atteggiamento ostile nei nostri confronti perché, pur avendolo richiesto, non era stata scelta dal Parlamento per certificare i veicoli storici. Ma non c'è mai stato nessun tipo di pressione da parte nostra per scludere l'Aci da questo ruolo». 

 

In effetti una legge non può bastare a raggiungere risultati come i vostri, con oltre 200.000 tesserati...

«Siamo cresciuti perché siamo sempre riusciti a dare dei risultati ai nostri tesserati. Pochi ancora oggi lo riconoscono ma in sostanza noi siamo davvero un sindacato degli appassionati dei veicoli storici. Sotto il profilo legislativo infatti ci siamo sempre battuti per difendere i diritti dei soci. Ecco perché in Italia, anche se la tutela del motorismo storico è cominciata tardi, oggi siamo cresciuti molto di più rispetto a quanto avvenuto in Inghilterra, dove sono nate associazioni già negli anni ’30. Il merito è senza dubbio dello Stato che ha riconosciuto all’Asi il suo valore, tanto che oggi in Italia abbiamo la legislazione tra le più favorevoli d’Europa in materia di veicoli storici, anche per merito delle assicurazioni agevolate».

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L'Asi si è resa protagonista anche di importanti operazioni di solidarietà

 

Le assicurazioni agevolate per i proprietari di veicoli storici sono arrivate per merito dell’Asi?

«Anche. All’inizio però è stato merito di un colpo di fortuna. La prima assicurazione per veicoli storici è stata fatta per un club di Torino.» 

 

Come si mantiene l’Asi? Pesa in qualche modo sulle spalle dello Stato e quindi dei contribuenti?

«Assolutamente no. L'Asi si mantiene esclusivamente grazie alle quote dei soci. In più offriamo dei servizi extra a pagamento, come l’assistenza stradale con Europ Assistance, ma a quote estremamente vantaggiose». 

 

Quanto costa iscriversi all'Asi?

«I soci pagano circa 42 euro all’anno, a cui bisogna aggiungere la tariffa del singolo club di appartenenza. Ma bisogna tenere presente che basta partecipare ad un singolo raduno per recuperare l’intera quota associativa! Quando si tratta solamente di andare a spasso con le proprie vetture i soci pagano solamente la quota per il pranzo e niente di più, ma quando si fanno raduni ben strutturati, con viaggi a scopo culturale, i costi dei raduni ricadono in gran parte sulle spalle del club. E i contributi ai raduni possono essere anche sostanziosi, in alcuni casi, in occasione di eventi nazionali di grande rilevanza, con più di 100 presenze, siamo arrivati a mettere sul piatto contributi di 50.000 euro!». 

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L'Asi vuole creare a Torino un polo internazionale interamente dedicato all'auto d'epoca

 

Il vostro bilancio serve solo a sostenere i raduni quindi?

«No. L’Asi naturalmente non divide utili tra i suoi soci, ma tutto quello che incassa viene speso per organizzare i raduni. Inoltre in diverse occasioni abbiamo anche portato avanti operazioni di solidarietà. Dopo il terremoto abbiamo dato per esempio 208.000 euro all’Università dell’Aquila*** per istituire una nuova cattedra, ma anche 150.000 euro per costruire una palestra in Emilia e altri 150.000 euro suddivisi in cinque al Politecnico di Torino a favore della Ricerca».  

 

E' vero che l'Asi ha in cantiere grandi progetti per il futuro?

«Sono convinto che non bisogna mai fermarsi perché in quel momento inizia il declino. Ora, proprio mentre l’Italia non gode di grande prestigio internazionale, abbiamo la possibilità di creare un polo internazionale per il motorismo storico a Torino, utilizzando gli spazi rimasti vuoti del villaggio olimpico. Qui faremo nascere una galleria con qualcosa come 170 veicolo storici in esposizione, ma anche una biblioteca al servizio di tutti gli appassionati e persino una cineteca. Non mancherà nemmeno una scuola di restauro». 

 

GUARDA LA GALLERY COMPLETA CON TUTTE LE AUTO D'EPOCA PIU' AFFASCINANTI DELL'ASI AUTOSHOW 2014

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