Motori sovralimentati (VI parte). I centrifughi a comando meccanico

Motori sovralimentati (VI parte). I centrifughi a comando meccanico
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
I compressori di questo tipo talvolta non vengono azionati da una turbina (come nei “turbo” che da anni dominano la scena), ma sono collegati all’albero a gomiti | <i>M. Clarke</i>
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
19 novembre 2014

L’idea di “soffiare” letteralmente aria all’interno dei cilindri utilizzando un dispositivo funzionante più o meno come un ventilatore e non come una pompa che sposta una quantità fissa di fluido a ogni giro, è vecchia quasi quanto il motore.

 

Ci aveva pensato già Louis Renault nel 1902, ottenendo anche il primo brevetto relativo a un motore sovralimentato con un dispositivo di questo genere.

 

Il “ventilatore” previsto non era a flusso assiale, come quelli che quasi tutti abbiamo in casa, ma radiale. In altre parole il grande tecnico e imprenditore francese proponeva di impiegare un compressore centrifugo (dispositivo apparso nel 1899), indicando una via che è stata successivamente seguita da tutti.

 

La stessa soluzione è stata impiegata nel 1907 da Lee Chadwick e dal suo tecnico Nicholls per la prima vettura sovralimentata della storia, che ha esordito in gara, vincendo, l’anno successivo.

 

Inizialmente era stato utilizzato un compressore a stadio singolo, comandato da una cinghia piatta in cuoio, con la girante che ruotava a una velocità nove volte superiore a quella del motore, ma in seguito i due americani sono passati a un compressore a tre stadi, con giranti del diametro di 254 mm. In questo caso l’aria in pressione veniva inviata al carburatore (nello schema proposto da Renault il carburatore era invece collocato a monte del compressore).

1 Paxton A
I compressori centrifughi azionati meccanicamente hanno avuto scarsa diffusione in campo auto. Per il tuning da anni sono comunque disponibili in varie tipologie e dimensioni. Questo è un Paxton, costruito negli USA

 

I compressori centrifughi, portati a uno straordinario stadio di sviluppo in campo aeronautico nel corso degli anni Trenta e Quaranta, sulle auto non hanno mai avuto una grande diffusione. Per quanto riguarda i modelli di serie vanno ricordate solo alcune applicazioni da parte della Duesenberg e della Studebaker. A livello di vetture da competizione spiccano solo poche, ma comunque significative, realizzazioni americane (negli USA si correva su piste ovali e quindi in gara i motori subivano poche variazioni di regime e di carico).

 

Le prime a intraprendere questa strada sono state la Miller e la Duesenberg negli anni Venti. In Europa ha adottato una sofisticata sovralimentazione di questo tipo soltanto la BRM per la sua prima monoposto di Formula Uno, dotata di un motore a sedici cilindri di 1500 cm3. Questa vettura ha fatto la sua apparizione alla fine del 1949 ed è stata afflitta da una serie di notevoli problemi tecnici, nel corso del suo lungo e laborioso sviluppo. Nel 1951 erogava 430 cavalli a 10500 giri/min.

2 DB 601
Tutti i grossi motori aeronautici degli anni Trenta e Quaranta adottavano un compressore centrifugo, quasi sempre comandato meccanicamente. Uno è ben visibile in questo spaccato di un Daimler Benz 601 a 12 cilindri a V invertito

 

Nelle rare occasioni in cui non si sono verificati problemi meccanici, la vettura non si è rivelata comunque competitiva dato che era pressoché impossibile guidarla. La potenza era elevata, ma i cavalli arrivavano tutti assieme, in maniera troppo repentina. La causa di questo grosso problema era costituita proprio dal tipo di compressore impiegato.

La pressione varia con il regime di rotazione

I centrifughi sono acceleratori di flusso che possono fornire pressioni di sovralimentazione considerevoli, ma per farlo devono girare molto forte. Inoltre, il meglio di sé lo danno in un arco di regimi decisamente ristretto.

 

Mentre la pressione di sovralimentazione con i compressori volumetrici rimane pressoché costante per tutto il campo di utilizzazione del motore e la risposta è pronta sin dai bassi regimi, con i centrifughi questo non accade. La pressione di sovralimentazione che forniscono aumenta infatti con il quadrato del regime di rotazione.

 

Un compressore centrifugo ha una struttura molto semplice. È infatti costituito da due sole parti: un carter dotato di una tipica conformazione a chiocciola e una girante munita di una serie di palette. Ciò non deve però trarre in inganno. Nelle realizzazioni più evolute questi dispositivi sono molto sofisticati, principalmente per quanto riguarda la geometria delle palette.

 

Quando la girante ruota, la forza centrifuga agisce sull’aria presente nei vani tra le palette, spingendola verso l’esterno; ciò crea una depressione nella zona centrale, ove viene quindi richiamata altra aria. La “bocca” di aspirazione di questi compressori è infatti sempre quella frontale, in asse con la girante.

3 BRM 16 cil 1500
L’unica vettura di Formula Uno a utilizzare il compressore centrifugo a comando meccanico (nella sezione si vedono chiaramente le due giranti, ai lati del basamento) è stata la sfortunata BRM di inizio anni Cinquanta

 

L’aria spinta verso l’esterno dalla forza centrifuga viene letteralmente “scagliata” dalla girante, in una direzione che è la risultante di due forze agenti rispettivamente in senso radiale e in senso tangenziale, ed entra nel diffusore. All’interno di quest’ultimo, la cui sezione aumenta rapidamente, l’aria rallenta e ciò determina un aumento di pressione.


Quando viene compressa l’aria subisce anche un riscaldamento. Quanto minore è l’innalzamento di temperatura, con un eguale incremento di pressione, tanto migliore è il rendimento del compressore. I centrifughi sono eccellenti sotto questo aspetto.

I compressori a doppio stadio

In campo aeronautico venivano impiegati non solo per aumentare la potenza del motore ma anche (anzi, soprattutto) per compensare la diminuzione di potenza che si manifestava in maniera sempre più accentuata all’aumentare della quota, a causa della rarefazione dell’aria. Per soddisfare esigenze sempre maggiori in questo senso sono stati messi a punto sistemi di comando a due velocità e sono stati sviluppati raffinati compressori a doppio stadio.

 

In campo automobilistico va segnalato il meccanismo con variazione di rapporto realizzato negli anni Cinquanta dalla americana Paxton, azienda tuttora celebre nel campo del tuning, i cui prodotti sono stati impiegati a suo tempo anche dalla Studebaker.

4  comp centrif H2 Kawa
La foto consente di osservare chiaramente la girante del centrifugo a comando meccanico posto sopra la parte posteriore del basamento della recentissima Kawasaki H2

 

Attualmente sono dotati di serie di un compressore centrifugo alcuni motori a quattro tempi per moto d’acqua costruiti dalla Yamaha. Al recente Salone della moto di Milano ha destato grande interesse la Kawasaki H2, azionata da un motore 1000 a quattro cilindri, munito di un centrifugo a comando meccanico collegato all’albero a gomiti per mezzo di una catena silenziosa e di un gruppo epicicloidale (che assicura un forte incremento della velocità di rotazione).


Nel settore delle parti speciali per il tuning diverse aziende propongono compressori centrifughi di notevole interesse; nomi come Vortech, Powerdyne, Procharger e Rotrex sono ben noti a tutti gli appassionati di elaborazioni automobilistiche.

L'impego del motore elettrico per migliorare la risposta ai bassi regimi

Una recente proposta di notevole interesse prevede l’impiego di un compressore centrifugo azionato da un motore elettrico; la soluzione consente di avere una coppia elevata già ai regimi più bassi, unitamente a una grande prontezza nella risposta.

 

Questa strada (che la Holset aveva indicato vari anni fa per i motori dei veicoli industriali) è già stata sondata dalla Audi per un suo V6 diesel di 3000 cm3, in abbinamento con un classico turbo. Stanno lavorando in questa direzione anche aziende come la Valeo e non è escluso che i compressori di questo tipo non possano avere presto una notevole diffusione.

5 Audi V6 TDI el comp
In campo auto di recente la Audi ha sondato la strada del centrifugo azionato elettricamente. In questo V6 diesel entra in funzione ai bassi regimi, prima che il turbo fornisca una adeguata pressione

 

All’inizio della loro storia i motori a reazione per impiego aeronautico hanno largamente utilizzato i compressori centrifughi, ma ben presto sono stati quelli a flusso assiale ad imporsi e ad essere quindi adottati universalmente. Li avevano già impiegati i tedeschi durante la seconda guerra mondiale, indicando a tutti la via migliore.

 

In campo automobilistico tra il 1956 e il 1965 una azienda americana ha realizzato un interessante compressore assiale, comandato meccanicamente, che è stato costruito in circa 600 esemplari. Si tratta della Latham, il cui prodotto era straordinario (almeno sulla carta) ma costoso e molto complesso da costruire.

 

Inoltre doveva girare fortissimo; questo rendeva necessario un sistema di collegamento all’albero a gomiti con un rapporto di trasmissione impressionante. In seguito il marchio e i diritti sono stati acquistati da un appassionato imprenditore californiano e il prodotto ha subito dei miglioramenti a livello di aerodinamica interna e di sistema di fabbricazione. Oggi un compressore assiale a quattro stadi, diretto discendente del Latham, viene proposto dalla Axialflow Engineering Co.        

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