Paolo Andreucci: «Correre su tempi del WRC è una grandissima soddisfazione»

Paolo Andreucci: «Correre su tempi del WRC è una grandissima soddisfazione»
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Il vincitore del Costa Smeralda ci racconta del ventaglio di soddisfazioni che si è tolto, condivise con Anna, la Squadra, la carriera e la memoria| P. Batini
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24 giugno 2013

Olbia, 22 Giugno 2013 - Il vincitore del Costa Smeralda, Paolo Andreucci, ci racconta del ventaglio di soddisfazioni che si è tolto, condivise con Anna, la Squadra, la carriera e la memoria.

Ma quante soddisfazioni ti sei tolto al termine di questo 32° Costa Smeralda?
«La vittoria, senz’altro, è la prima e la più grande. Subito dopo, poi, quella di vedere che i tempi erano al livello dell’assoluta del WRC. Quando si gareggia nello stesso contesto, è inevitabile confrontare i tempi ottenuti nell’Italiano con quelli del WRC. Essere nei tempi del WRC, e talvolta batterli, direi che è davvero una bella soddisfazione. Per me, per la Squadra, per tutti, insomma».

Di solito bisogna tenere conto delle variabili, la macchina più datata, te che hai un anno di più e che non partecipi al mondiale. Viene da pensare che il manico, come si dice, sia stato l’ago della bilancia…
«L’esperienza senz’altro conta molto. La macchina? Sì, è vecchia, ma vecchio vuol dire anche solidità, collaudo, messa a punto e un bel bagaglio di riferimenti trovati in varie situazioni. Anche la macchina ha fatto il suo. Non è sicuramente nuova ma è affidabile, si è dimostrata performante e ti permette di forzare nei tratti brutti senza aver paura di incorrere in spiacevoli sorprese, come può accadere con una macchina nuova. La 207 è da considerarsi una vettura completamente testata».

Sei stato all’altezza dei migliori Piloti del Mondo, in questo frangente, ma ti è vietato di confrontarti direttamente con loro ufficialmente. Bisogna andare a vedere i tempi, soppesare le differenze di situazione. Fare degli artifici. Insomma, perché Paolo non fa il Mondiale?
«Beh, noi facciamo il Campionato Italiano perché a Peugeot Italia interessa quel Campionato e quel mercato. Se poi ci fosse la possibilità, e trovassimo gli sponsor, saremmo tutti ben felici, io, la Squadra e Peugeot di poter fare qualcosa a un livello superiore. Ma i momenti sono difficili».

La macchina? Sì, è vecchia, ma vecchio vuol dire anche solidità, collaudo, messa a punto e un bel bagaglio di riferimenti trovati in varie situazioni


È giusto patire così per confrontare una prestazione, con il Mondiale e l’Italiano così separati? O sarebbe meglio che fosse tutto davvero insieme, maggiormente integrato?
«Se fosse tutto insieme, sì, potrebbe anche essere e sarebbe un’altra cosa. Chiaramente, a oggi i regolamenti sono diversi, le macchine sono diverse, e le situazioni sono difficili da mettere insieme. Però, principalmente, adesso bisogna vedere cosa ci sarà di nuovo a livello regolamentare, come saranno trattate le nuove macchine R5 e come vanno. Se effettivamente, come dicono, saranno meno costose e ugualmente competitive, allora si potrebbe sicuramente fare qualcosa di buono. Allora una gara come questa potrebbe essere affrontata con maggiore tranquillità economica, anche da parte delle Case ufficiali rappresentate come oggi in Italia».
 

Noi facciamo il Campionato Italiano perché a Peugeot Italia interessa quel Campionato e quel mercato. Se poi ci fosse la possibilità, e trovassimo gli sponsor, saremmo tutti ben felici, io, la Squadra e Peugeot di poter fare qualcosa a un livello superiore

Quindi nessun rimpianto? Hai fatto la tua gara, sei completamente soddisfatto, e ora torni a pensare all’Italiano nei termini della 208 R2?
«Nessun rimpianto, certo, questo sicuramente. Torniamo a pensare alla nostra 208. Anche se mi ha fatto molto piacere, come in passato, avere dei riscontri lusinghieri con i tempi del Mondiale. Effettivamente, questo un po’ mi brucia, ma è bene sapersi accontentare. Io sono molto contento di  quello che sto facendo. Mi trovo molto bene con Peugeot Italia e con Pirelli. Chiaramente, a suo tempo mi è dispiaciuto molto, quando ero giovane e competitivo, che non ci fossero né le risorse né la Casa nazionale, né la Federazione per aiutarci, noi un tempo giovani e promettenti, ad accedere al Mondiale. Però non mi lamento».

Resta il fatto che, seppure non più giovanissimo, resti competitivo. Lo sport dovrebbe premiare il merito, non il certificato anagrafico…
«Questo è vero. Io sarei d’accordo on te, ma buona parte della gente coinvolta non la pensa come noi, quasi considerasse che l’anziano, l’esperto, possa limitare il giovane. Invece non è così, effettivamente poi, se uno continua ad essere all’altezza vuol dire anche che la passione, la tenacia, il carattere sono su un livello eccellente, e l’insieme dovrebbe essere riconosciuto. Tra l’altro la cosa migliore che un “anziano” può trasmettere ai giovani è la sua esperienza. Ma, che vuoi, il mondo va così, bisogna adattarsi…».
 

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