CIR 2013. Giorgio Croce, anima del Rally del Friuli Venezia Giulia (e non solo)

CIR 2013. Giorgio Croce, anima del Rally del Friuli Venezia Giulia (e non solo)
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Alla base del successo della sesta Prova del CIR e dell’Alpi Orientali Historic, c’è un “manipolo” di persone molto determinate e con una decisa visione del metodo. Questa Task Force è “capitanata” da Giorgio Croce | P. Batini
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
4 settembre 2013

Alla base del successo della sesta Prova del CIR e dell’Alpi Orientali Historic, c’è un “manipolo” di persone molto determinate e con una decisa visione del metodo. Questa Task Force è “capitanata” da Giorgio Croce.

Aggiungiamo alla fatica, al tempo e alle energie che hanno quasi stremato Giorgio Croce, “autore” del bellissimo Friuli Venezia Giulia, l’ultimo sforzo richiesto da un’intervista. Ti va?

«Sono a vostra disposizione, con molto piacere. Sono pieno di mal di schiena ma eccomi qua! Ricordiamoci, però, che alla base del successo della nostra manifestazione c’è quel “Signore”, che ringrazio soprattutto perché mi ha mandato dei collaboratori e delle collaboratrici, le mie ragazze, mia figlia, Eleonora e le altre, che sono dei bulldozer. Sono dei personaggi eccezionali, e senza di loro questa gara non ci sarebbe stata».

Cosa costa in termini di risorse, soprattutto umane, realizzare quello che a buona ragione può considerarsi un evento di riferimento, lo certificano i numeri, come il Rally del Friuli Venezia Giulia?
«Cosa costa in termini umani organizzare questo Rally? Ti dico: questo Rally io l’ho fatto con la mia fantasia, la mia esperienza e con l’aiuto fondamentale di due persone, Eleonora, che abbiamo preso dal nulla ed è diventata una delle più brave segretarie di manifestazione, e Elena, mia figlia. Poi si sono aggiunte altre tre persone a costituire l’”intellighenzia”, e non di più. Sono entusiasta di loro, anche perché hanno capito perfettamente qual è il mio modo di pensare, di vivere, di rapportarmi con lo Sport. Fondamentalmente, è una questione di rispetto. Per i Piloti, per gli alti organizzatori, per l’Umanità. Sembra ridicolo ma la nostra gara, che è complicatissima poiché include un numero molto elevato di validità, è costruita da queste poche persone. Realizzare un evento di successo, così, è il più bel premio che potrei desiderare. Chiaro, poi, che a queste poche si aggiunge tutto il corollario di persone necessarie».

E all’atto pratico, quante persone sono impiegate nei giorni del Rally?
«Beh, sono tante. Sono circa 400 persone».

I volontari siamo noi, il nostro gruppo di una ventina di persone, tutti ragazzi molto motivati, e poi ci sono tutti gli altri, che però rappresentano il costo del Rally


Tutti volontari, immagino…
«Purtroppo no, non è così. I volontari siamo noi, il nostro gruppo di una ventina di persone, tutti ragazzi molto motivati, e poi ci sono tutti gli altri, che però rappresentano il costo del Rally. Tu devi pensare che 200 commissari ti costano una barca di soldi, perché devi dargli diaria, chilometrica, da mangiare, anche i panini per il giorno, devi farli dormire, e ti va lì una barca di quattrini. Poi c’è la parte burocratica ufficiale. Noi abbiamo due gare in una, lo Storico e il CIR. Sono due gruppi di commissari, e messi tutti insieme… hai i cronometristi, le ambulanze della Croce Rossa, i radioamatori, la tipografia, i sanitari, che vanno pagati anche loro».


«Quest’anno ho cercato, oltre a degli sponsor che sono sempre più difficili da trovare, anche dei rapporti di sponsorizzazione che si basassero sullo scambio di servizi. Non so, una ditta di autotrasporti che mi ha fatto dei trasporti gratuitamente, la Friuli Venezia Giulia Strade che mi ha prestato i new-jersey, il meeting rinfresco per gli storici offerto da una ditta di prosciutti, che non ha dato soldi ma offerto un servizio. Io cerco di arrabattarmi anche così. Ho la fortuna di avere la Banca di Cividale, che ci ha dato una grossa mano, la Pirelli, la Sparco. Per la direzione di gara abbiamo un gruppo di Livorno, con il quale scambiamo un servizio, poi, all’Elba storico. Io faccio il responsabile dei rapporti con i concorrenti, perché lì conosco e mi fa piacere, Eleonora e gli altri fanno anche gli interpreti. Insomma, mettendo tutto insieme, e con molta attenzione, ci siamo riusciti».

A fronte di questo impegno globale immane, incredibile, come dire, il gioco vale ancora la candela?
«Se noi parliamo a livello economico assolutamente no! Noi organizziamo, tra le altre, anche una fortunata gara in salita, e abbiamo sempre molti iscritti. Con quella ci stiamo quasi “dentro”, ma con il Rally riuscire a chiudere a “zero” è davvero un’impresa. Anche perché una volta c’era la possibilità di avere dei quattrini e delle sovvenzioni dalla Regione, dalle Provincie, eccetera, mentre oggi quei quattrini non ci sono più, e gli Sponsor che una volta ti davano qualche migliaio di Euro adesso te ne danno tuttalpiù qualche centinaio. E non parliamo della preparazione delle Prove e delle strade, cui noi prestiamo la massima attenzione. Mettiamo, per esempio, le gomme a protezione dei guardrail, o i servizi igienici a inizio prova. Come dicevo, è una questione di rispetto per quelli che vengono a correre da noi. Se questo rispetto è stato capito, è motivato il numero degli iscritti di quest’anno».

Sono entusiasta dell’esito dell’edizione di quest’anno, del podio giovane che ha prodotto, delle undici nazioni rappresentate. Questa è l’Europa che dovremmo rincorrere


Eppure, grandi progetti per il futuro…
«Sono entusiasta dell’esito dell’edizione di quest’anno, del podio giovane che ha prodotto, delle undici nazioni rappresentate. Questa è l’Europa che dovremmo rincorrere. Ma l’Europa cento anni fa ha fatto una delle più grandi sciocchezze della storia, la prima guerra mondiale. Su questo territorio sono morte 600.000 persone. Un piccolo modo per ricordare queste persone è andare a vedere dove hanno fatto una guerra di anni e anni di trincea, trattati come “animaletti” e… lasciamo perdere. Io ho un Rally, tutto sommato abbastanza interessante, che corre sulla frontiera con la Slovenia. Vorrei riuscire a collaborare con la federazione slovena, con la quale ho un ottimo rapporto, e organizzare la 50ma edizione del Rally sulle strade della Grande Guerra. Chi non si ricorda o non ha mai sentito parlare di Caporetto? È stata una disfatta, speriamo che per noi possa essere un modo, organizzando delle Prove su quelle strade, di recuperare un piccolo qualcosa. Sia chiaro che non voglio speculare su una guerra. Io vorrei semplicemente ricordare queste persone che sono morte per andare a conquistare Trieste. Penso che l’unica cosa che possiamo fare con il nostro Sport è andare a recuperare quelle strade della memoria e riproporle in una chiave completamente diversa».

Cosa fai nella vita?
«Ho sessantaquattro anni, e sono nato progettista tecnico. Ho lavorato in un ufficio di sperimentazione, poi ho abbandonato il tavolo da disegno e sono andato a dirigere una grande carrozzeria di veicoli industriali. Poi con alcuni soci l’ho rilevata, ultimamente ho regalato la mia quota a uno di questi, perché in Italia non si può più lavorare, e sono andato in pensione. Adesso, con le cariche che ho in seno alla Federazione e alla FIA, sono sempre in giro, mi piace, mi diverto, e sono impegnatissimo con il nostro Rally e nei rapporti con i praticanti e i rappresentanti del nostro Sport. Ho una moglie splendida, che asseconda tutte le mie pazzie, ed è quindi un ottimo sponsor delle mie attività. Vivendo in mezzo ai giovani non invecchi mentalmente mai, e mi piace vivere nell’utopia dei miei trent’anni, quando ho avuto grandi soddisfazioni e mi sono divertito molto».

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