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“I piloti sono degli animali meravigliosamente intuitivi. Sono capaci di adattare il loro stile di guida a seconda dei punti di forza e delle debolezze della monoposto”: Adrian Newey, il genio del design della Formula 1, è fermamente convinto della centralità del pilota nello sviluppo di una vettura, anche nell’era ipertecnologica di oggi. “Quando iniziai a lavorare in questo ambiente – ha raccontato in un’intervista rilasciata al partner di Aston Martin, Maaden - non c’erano dei sistemi di raccolta dati a bordo della monoposto, né la telemetria. L’input del pilota era fondamentale, perché l’unico indizio su come si comportava la vettura in pista arrivava dalle parole di chi la guidava”.
“Ora che siamo in un’era fatta di dati, con migliaia di sensori che trasmettono informazioni in tempo reale, possiamo comprendere moltissimo di quello che la macchina sta facendo. Tutti i team oggi hanno dei simulatori, degli strumenti di ingegneria che ci consentono di valutare diversi set-up e di effettuare ricerche che non possiamo condurre in un weekend di gara, ma che ci servono per valutare la direzione degli sviluppi futuri”. Ma l’input del pilota resta fondamentale, anche in questo ambito virtuale.
“Ci servono simulatori di guida perché nessuno di noi è stato in grado di creare un modello di pilota che possa sopperire alla persona. Ci serve che l’umano la senta. Il ruolo del pilota rimane importantissimo. Si può sostenere che sia ancora più rilevante oggi, perché abbiamo l’abilità di unire al suo feedback i dati, in modo tale da capire esattamente come si comporta la vettura e cosa dobbiamo fare affinché sia più veloce”. I piloti, insomma, vanno ascoltati, perché solo loro possono trasferire le sensazioni che hanno alla guida in una maniera abbastanza efficace da aprire gli occhi ai tecnici.
Newey è fortemente convinto dell’importanza del capitale umano. “Sono in questo ambiente da tanto tempo, da quando mi laureai nel 1980. Ho vissuto tanti cambiamenti in questi anni, soprattutto per via dell’uso dei computer e della profondità di ricerca che abbiamo oggi. Sono strumenti che ci consentono di avere maggiore profondità e comprensione, ma sono solo dei mezzi. Serve ancora l’essere umano che abbia delle idee e che utilizzi questi strumenti al meglio delle loro possibilità”.
Ma come sta lavorando Newey in vista della rivoluzione tecnica alle porte in F1? “Con il grande cambiamento regolamentare per il 2026, stiamo cercando di capire le implicazioni delle nuove normative, compreso il modo in cui la power unit – con l’aumento della potenza elettrica – influenza la progettazione del telaio e la dinamica del veicolo. È un’equazione molto complessa, e l’intelligenza artificiale, pure con i grandi progressi del caso, è ancora lontana dall’aiutare. Dipende dalle idee umane. Ed è questa la vera essenza della F1, quell’abilità di concettualizzare, di reagire rapidamente, di essere critici”.
“Siamo un team di 300 ingegneri. La collaborazione è l’aspetto più importante. Dobbiamo lavorare insieme per assicurarci di spingerci a vicenda. Per quanto mi riguarda, cerco di passare il 50% della mia giornata lavorando con gli altri tecnici”. È così che Adrian Newey sta traghettando l’Aston Martin in una nuova era tecnica della F1. Con la convinzione che lo scambio di idee e l’ascolto dei riscontri dei piloti siano delle armi fondamentali per scrivere nuove pagine di successo nel Circus. E se a dirlo è un virtuoso del design che di allori ne ha colti tanti, vale la pena credergli.