Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
“Non darei mai per spacciato Lewis Hamilton”, ha detto chiaro e tondo Toto Wolff. E chi meglio di lui conosce il sette volte campione del mondo, colui che ha scritto il nome della Mercedes nei libri di storia della Formula 1. Un sette volte campione del mondo che, però, oggi fatica a ritrovare la sua scintilla da quando è approdato in Ferrari.
Quando ha firmato con la Scuderia nei primi mesi del 2023, Hamilton era consapevole di abbracciare una sfida ardua. Ma non si aspettava che sarebbe stata così difficile da affrontare. Cambiare squadra, per qualsiasi pilota, è come scalare una montagna: non si tratta soltanto di adattarsi a un nuovo ambiente, ma anche di trovare un proprio equilibrio, lasciando definitivamente alle spalle abitudini ormai consolidate. E per Hamilton quelle abitudini erano diventate una seconda pelle, avendo scandito la sua quotidianità per dodici anni. Un modus operandi ben definito, un team familiare, e soprattutto una monoposto che conosceva come le sue tasche.
Con l’arrivo a Maranello, avvenuto a febbraio tra test in pista e sessioni al simulatore, il numero #44 si è subito rimboccato le maniche. Ha dovuto ricominciare da zero, imparare a conoscere il metodo Ferrari e capire il comportamento delle monoposto del Cavallino Rampante. Le difficoltà sono emerse sin da subito, come dimostrato dal weekend in Australia, dove sono venute a galla tutte le lacune – non solo della SF-25.
Il passaggio alle vetture ad effetto suolo ha rappresentato un ulteriore ostacolo. Hamilton ha perso alcune delle sue armi migliori, come le staccate profonde, che gli avevano permesso di collezionare record su record in pista. Con la Mercedes, che conosceva in ogni minimo dettaglio, era riuscito a trovare appigli e a esaltare comunque le sue qualità. Ma con la Ferrari è tutta un’altra storia. La piattaforma tecnica delle Rosse è completamente diversa: dalla gestione della power unit al freno motore, passando per il cambio e l’utilizzo delle gomme.
Solo i chilometri in pista potranno restituirgli la fiducia necessaria per tornare a spingere al limite. E c’è chi spera che questo avvenga presto, anche in vista del cambio regolamentare del 2026, che potrebbe rimescolare le carte in tavola e riportare Hamilton nella posizione che più gli appartiene.
C’è però un altro nodo da sciogliere: le gerarchie interne della Ferrari, strutturate in modo opposto rispetto alla Mercedes. A riconoscere questa differenza è stato lo stesso Hamilton nel post gara del Canada. Ora, a sottolinearlo, è anche Toto Wolff: “Non si disimpara a guidare velocemente. Nel 2021 è stato grandioso. Con il cambio regolamentare è andato un po’ più in difficoltà, ma le sue prestazioni sono ancora a un livello molto alto”, ha dichiarato il team principal delle Frecce d’Argento al podcast Hot Pursuit di Bloomberg.
“Cambiare team non significa perdere le proprie qualità. Serve tempo per adattarsi: c’è una macchina diversa, un DNA differente, un nuovo team di ingegneri con cui iniziare a lavorare”, ha proseguito Wolff. “E poi è un team completamente italiano, e lui è un inglese paracadutato lì".
A concordare con lui è anche Nico Rosberg, vecchia conoscenza sia di Hamilton che di Wolff: “Il livello di eccellenza della Ferrari non è lo stesso dei team inglesi, soprattutto della Mercedes. Dal marketing ad altre aree, la cultura italiana rende tutto più complicato”, ha dichiarato al podcast di Sky Sports F1. “In Mercedes, se Lewis avesse avuto qualcosa da dire, avrebbe potuto rivolgersi direttamente a Toto, che prendeva subito una decisione in autonomia. In Ferrari, invece, ci sono diversi responsabili. Ci sarà un motivo se non vincono un Mondiale dal 2007: ci sono problemi strutturali da risolvere”, ha rincarato la dose il campione del mondo 2016.
Risolverli è ora l’obiettivo numero uno di Hamilton, che punta a influenzare positivamente la squadra in vista del 2026, quando l’arrivo di un nuovo regolamento tecnico potrebbe azzerare gli attuali equilibri in pista.