Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
La Formula 1 si prepara a una vera e propria rivoluzione tecnica con il regolamento 2026. In pista a fine gennaio a Barcellona debutteranno delle vetture completamente riviste, non solo dal punto di vista telaistico e aerodinamico, ma anche per quanto riguarda la power unit. Tutti i team sono partiti da un foglio bianco per progettare un potenziale futuro di successo. E nel 2026 sentiremo parlare molto di più di freni, tenendo conto di quanto sarà rilevante la gestione dell’energia con un powertrain con una ripartizione 50-50 a livello di potenza tra endotermico ed elettrico.
Ma come cambieranno i freni nel 2026? “A livello di geometrie nel regolamento ci sono modifiche importanti – spiega Andrea Dellavedova, ingegnere di pista Brembo Racing per i team di F1 -. Si potrà passare a fori da 2 mm e mezzo, quando il limite minimo quest’anno è di 3 mm. Volendo, quindi, sarà possibile creare più fori sul disco. Anche i diametri cambieranno: arriveremo a 345 mm all’anteriore e 280 mm al posteriore, con spessori che aumentano fino a 34 mm. Anche per quanto riguarda l’impianto frenante il prossimo anno è un punto di domanda, vista la gestione dell’energia richiesta dalle nuove power unit”.
È proprio questo il nodo cruciale del regolamento tecnico, sentendo i tecnici nel paddock. E l’impianto frenante influirà moltissimo. “In Formula 1 – osserva Dellavedova - il concetto è estremizzato, ma anche nel WEC, categoria in cui si usano anche power unit ibride, la collaborazione tra impianto frenante e power unit in fase di rigenerazione è molto delicata. Più si utilizza la rigenerazione meno energia viene dissipata nell’impianto frenante. Verrebbe quindi l’idea di svilupparne uno in grado di gestire energie più basse, perché in questo modo si riesce a ridurre le masse non sospese, le prese d'aria, quindi aumentare l'efficienza in rettilineo”.
“Ma si tratta di un equilibrio delicato, visto che ci sono casi in cui la rigenerazione non può avere un effetto macroscopico, vuoi per le batterie che sono già nello stato di carica massimo o vuoi perché ci si trova in una fase troppo concitata della gara. Sono circostanze in cui bisogna dissipare tanta energia nell’impianto. Nel caso in cui quest’ultimo fosse stato concepito per rigenerare molto, in queste situazioni l’impianto andrebbe a lavorare fuori specifica e dovrebbe dissipare un quantitativo di energia maggiore rispetto a quella per cui è progettato. È una questione di compromesso sulle dimensioni dell’impianto”.
“Questo concetto è estremizzato al massimo in Formula E, campionato in cui forniamo l’impianto frenante completo. Ci sono gare in cui i freni non vengono quasi usati, ma ci sono anche momenti in cui le batterie sono cariche e la macchina non è in grado di rigenerare. Succede soprattutto nelle fasi iniziali della gara, con la batteria carica al massimo, o nelle fasi concitate della corsa”. Naturalmente nella nuova era tecnica della Formula 1 questa dicotomia non sarà così marcata, ma si tratta in ogni caso di un’area molto delicata, che avrà una rilevanza notevole.
Partire da un foglio bianco implica che le scuderie possano prendere strade diverse, prima che si verifichi l’inevitabile convergenza verso le soluzioni tecniche che si riveleranno più efficaci all’atto pratico in pista. Ma quali differenze vedono gli ingegneri di Brembo tra le varie scuderie a cui forniscono componenti? “C’è chi vuole utilizzare maggiormente la rigenerazione e chi, invece, vuole un impianto più versatile, in grado di gestire situazioni in cui la rigenerazione può non essere così efficiente. Sono obiettivi che vanno a influenzare il numero e il diametro dei fori, la ventilazione e soprattutto gli spessori. Ogni team in base alle proprie simulazioni ha una propria idea di quelle che saranno le condizioni di utilizzo nel 2026. Il design, sicuramente, differisce da una scuderia all’altra”.
Lavorare in ottica 2026, comunque, non è una sfida solo per le scuderie, ma anche per la stessa Brembo. “Per noi il 2026 è un anno zero. Rispetto all’ultimo cambio regolamentare, quello del 2022, ci sono molte più incognite. È una sfida impegnative per noi, visto che ci sono delle variabili che dobbiamo ancora capire. Ci aspettiamo che in tante piste i valori in termini di difficoltà per l’impianto frenante siano sovvertiti. Ci faremo un’idea più chiara su questo fronte quando effettueremo dei test preliminari ai banchi”.
“Ovviamente facciamo molto affidamento sulle simulazioni dei team. Avendo la power unit un grande influsso sull’impianto frenante e sull’utilizzo della rigenerazione, dobbiamo basarci sulle indicazioni delle singole scuderie per trovare la soluzione ottimale. Il prossimo anno sarà entusiasmante. E ci aspettiamo che si parli sempre di più di freni”. Saranno in primo piano, mentre i piloti cercheranno di adattare il proprio stile di guida per essere più efficaci, sfruttando anche la discussa aerodinamica attiva come uno strumento per gestire l’energia di monoposto complesse da interpretare.