Daniele Maver: «Per rilanciare il mercato non bisogna aggredire il segmento premium»

Daniele Maver: «Per rilanciare il mercato non bisogna aggredire il segmento premium»
Pubblicità
Emiliano Perucca Orfei
All'Automotive Dealer Day 2013 abbiamo intervistato il Presidente e AD di Jaguar - Land Rover Italia approfondendo i temi di mercato e le possibili soluzioni alla crisi di settore
22 maggio 2013

 

Nel corso dell'Automotive Dealer Day 2013 abbiamo avuto modo di parlare con Daniele Maver, Presidente e Amministratore Delegato di Jaguar - Land Rover Italia su mercato e sulla crisi di settore analizzando quali soluzioni potrebbero essere intraprese per rilanciare lo stesso.

Automotive Dealer Day è un momento d’incontro tra le Case, i concessionari e la stampa. Non le sembra che in questa manifestazione manchino le istituzioni?
«Forse sì. Sarebbe bello avere presente anche qualcuno che rappresenti le istituzioni, anche perché purtroppo oggi c’è una grossa disattenzione da parte delle istituzioni. Il mercato automobilistico rimane un settore trainante dell’economia sia da un punto di vista produttivo, pur avendo un solo costruttore, un solo Gruppo di produzione, ma anche da un punto di vista dell’attività di vendita, dell’assistenza e della riparazione. Rappresenta l’11% del PIL - qualche anno fa era pure di più, adesso col calo del mercato è diminuito - e fornisce il 16% delle entrate fiscali. Quindi sicuramente sarebbe un interlocutore importante che bisognerà invitare prima o poi».

Quali sono secondo voi gli interventi che il Governo potrebbe fare per rilanciare l’auto e se li facesse quanto tempo ci vorrebbe per rilanciarla e la situazione, se venisse rilanciata, quanto ci metterebbe a tornare come prima? Se può ritornare al livello di prima?
«Provo a partire dall’ultima domanda. Mi sono fatto un piccolo calcolo e ho visto che la media del mercato degli ultimi 20 anni, o degli ultimi 30 anni, è stata intorno ai 2 milioni di macchine, che è poi il livello a cui sono la Francia e l’Inghilterra, lasciando perdere la Germania che invece è un po’ più grande. La Francia e l’Inghilterra sono due stati che effettivamente da un punto di vista del territorio e della popolazione sono comparabili con l’Italia. Quindi quello potrebbe essere un obiettivo di tornare a quel tipo di vendita, forse non ai 2,5 milioni degli anni d’oro, il 2007 etc, etc. Quali interventi? Io ne vedo fondamentalmente due che possano sostenere il settore: non è il discorso del rinnovo del parco circolante, che però viene spesso frainteso con il discorso incentivi. Gli incentivi ci potrebbero essere ma ci potrebbero anche non essere, hanno degli effetti positivi a lungo termine ma poi meno positivi nel medio termine».

Andrebbe reso più serio e rigoroso il processo delle revisioni. Noi abbiamo un parco circolante 36/37 milioni di macchine ma il 40% di questo numero, che è un numero enorme, ha più di 10 anni e una vettura di più di 10 anni comincia a essere più inquinante e pericolosa


«A mio avviso andrebbe reso più serio e rigoroso il processo delle revisioni. Noi abbiamo un parco circolante 36/37 milioni di macchine, poi il numero non è nemmeno sicuro perché ci potrebbero essere delle auto in più, ma comunque il 40% di questo numero, che è un numero enorme, hanno più di 10 anni e una vettura di più di 10 anni comincia a essere più inquinante e pericolosa. Ci sono Paesi, come la Germania per esempio, ove dopo 10 anni è oneroso mettere a posto una vettura e renderla in linea con le normative perché possa continuare a circolare. Invece in Italia è tutto sommato molto all’acqua di rose, cioè esiste il meccanismo della revisione però in realtà è molto, molto leggero. Renderlo più severo contribuirebbe a una maggior sicurezza sulle strade e a un minor inquinamento, un maggior lavoro sull’attività di riparazione e messa a punto e a un’accelerazione e a un rinnovo del parco e il tutto non avrebbe un costo per lo stato».

«Questa è la prima cosa. La seconda cosa riguarda il mercato premium che in Italia è stato tartassato con il superbollo e con le verifiche fiscali sui veicoli di lusso, è stato veramente massacrato. Nel 2008/2009, cioè in fase di recessione, il mercato premium ha sostenuto il mercato auto e oggi non sta più avvenendo. In Europa sta avvenendo, infatti la decrescita degli altri mercati è inferiore alla nostra, ma nel nostro Paese è superiore: il mercato è calato del 20% e il settore premium del 40%. Questo non perché non ci siano le risorse, ma perché non le spendono in questo contesto. Questi due interventi credo siano i più importanti per il mercato».

Com’è il rapporto tra privati e flotte per le vostre aziende?
«Noi siamo un po’ meno presenti sui mercati flotte. Altri grossi costruttori come quelli tedeschi, che hanno una gamma molto più ampia, hanno più facilità a entrare in rapporto con le flotte come Rental e le grosse Corporate. Noi abbiamo tradizionalmente una presenza più forte sul settore dei privati. Adesso lavoriamo in grande sinergia tra Jaguar e Land over, due marchi diversi ma con un modo di operare molto comune».

Non trova che la riduzione della detrazione fiscale che è stata applicata nei confronti delle partite IVA o comunque anche delle piccole flotte sia un limite per la vendita di vetture premium come le vostre?
«Sì, sicuramente. Devo dire che questo è un po’ meno grave di quello di cui ho parlato prima. Prima c’è stato un attacco negativo, su superbollo, che arriva a 3/4/5.000 euro, che non c’è da nessun’altra parte, e tramite verifica fiscale su persone che pagano regolarmente le tasse. Quello continuo a ritenerlo prioritario. Certo poi quello che stiamo cercando di dire è che i livelli di deducibilità, sia per l’IVA  che per i costi sono ridicoli rispetto agli altri Paesi europei, quindi un ulteriore elemento di penalizzazione del settore e di mancanza di competitività per l’azienda italiana, cioè l’azienda italiana ha minori detrazioni fiscali per l’uso dell’automobile».

Il mercato premium che in Italia è stato tartassato con il superbollo e con le verifiche fiscali sui veicoli di lusso, è stato veramente massacrato. Nel 2008/2009, cioè in fase di recessione, il mercato premium ha sostenuto il mercato auto e oggi non sta più avvenendo


Si parla spesso del dovere del concessionario di cambiare. Anche per voi è un punto importante questo e secondo voi come devono cambiare?
«Ne abbiamo fatto il tema del nostro ultimo Dealer Meeting meno di un mese fa, quindi sicuramente è importante. E’ importante perché il mondo è in estremo cambiamento e quindi dobbiamo stare al passo con i tempi. Io credo che un esempio molto semplice sia il discorso dello sviluppo dei social media, sia nella fase prevendita che in quella postvendita, dove ci sono una serie di opportunità che ancora non cogliamo. C’è un’interazione che può essere molto forte, ad esempio alcune società telefoniche hanno dei canali privilegiati per l’assistenza che non passano più attraverso il classico numero verde ma attraverso Twitter, Facebook etc. Questo è qualcosa che dovremmo, a livello nazionale e locale, cercare di sviluppare maggiormente».

Nel contesto delle concessionarie il ruolo dell’usato è fondamentale, cosa state facendo per incentivare questo settore?
«Noi abbiamo da pochi mesi lanciato un unico programma per i 2 marchi che ha una serie di caratteristiche importanti. C’è una piattaforma integrata con il nostro processo di vendita; ha una serie di ricondizionamenti e ha delle garanzie, dei servizi, che vogliono dare delle rassicurazioni al cliente sulla vettura».

Pubblicità
Caricamento commenti...