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Tre anni. Questo è il tempo che è bastato alla Ferrari per compiere l’impresa nel mondo Endurance e, soprattutto, per scrivere il grande riscatto dell’ultimo pilota italiano – prima che Andrea Kimi Antonelli ne raccogliesse il testimone – a correre in F1. Un risultato che permette oggi ad Antonio Giovinazzi di coronare quel sogno da bambino che, arrivato a un certo punto della sua carriera nel Circus, sembrava letteralmente impossibile. Oggi, partito da Martina Franca, Antonio è campione del mondo WEC, pilota affermato sul palcoscenico internazionale, rappresentante del Cavallino Rampante e padre di una bambina, nata proprio nel giorno dell’impresa in Bahrain.
Dal nulla all’iride mondiale, da “scarto” della F1 a campione assoluto nel mondo Endurance. Due binari paralleli che quest’anno, dopo tre stagioni di apprendimento e crescita, si sono finalmente incontrati nella calda e afosa notte del Bahrain. Sotto le luci artificiali di Sakhir, tra residui di gomma e sabbia sui cordoli, una nube rossa ha infiammato il deserto che circonda uno dei tracciati più magici del motorsport. Una nube che, al taglio del traguardo in quarta posizione dopo otto lunghe ore di attesa, si è trasformata in un progetto che, fino a qualche anno fa, sembrava solo un azzardo. Con le sue linee pulite, modellate dall’aria che la trafigge sui rettilinei e il Cavallino Rampante svettante sul muso, la 499P – presentata in forma embrionale da Antonello Coletta nel lontano 2020, durante una riunione Zoom con il presidente John Elkann – ha conquistato un’iride che a Maranello non era mai arrivata prima: il campionato piloti del FIA World Endurance Championship.
Eppure, nonostante sia il ventiquattresimo titolo iridato per Ferrari nell’endurance – includendo successi assoluti e di classe, a partire dal 1953 – mai prima d’ora era stato vinto un titolo mondiale Piloti. Il Cavallino ottiene solo oggi il nono titolo assoluto, laureandosi campione a 53 anni di distanza dall’ultimo precedente, risalente al 1972, quando fu la Ferrari 312 P, la Sport Prototipo da cui la 499P ha idealmente ereditato il testimone nel 2023, a trionfare nel FIA World Championship for Makes. Ma soprattutto, questo è il primo alloro Piloti nella top class dell’endurance – dove Ferrari ha gareggiato fino al 1973, epoca in cui esisteva solo il titolo Costruttori, e poi di nuovo dal 2023 – conquistato da Pier Guidi, Calado e Giovinazzi con la n. 51.
Sono loro i tre eroi che hanno riportato la Ferrari sul tetto del mondo, in un’impresa che fino a tre anni fa sembrava impensabile. È retorico il praragone con il progetto F1, che rincorre questo titolo dal 2007 – quando a riuscirci fu Kimi Räikkönen – e dal 2008 quello Costruttori, ma le due storie si intrecciano a doppio filo con quella di Antonio. Il pilota di Martina Franca, infatti, è stato a tutti gli effetti considerato uno scarto della Formula 1, battuto a più riprese proprio da Räikkönen quando condividevano il box Sauber, allora Alfa Romeo, sotto la guida di colui che oggi comanda la Scuderia: Frédéric Vasseur.
Giovinazzi però ha perseverato. Ha creduto nel suo talento senza mai demordere, facendo della tenacia – in pista e fuori – la sua arma vincente, e finalmente può raccoglierne i frutti. Nel 2019 il pugliese ha debuttato in F1 senza riuscire a brillare come speravano lui e la Ferrari, che lo aveva accolto due anni prima. Ci ha provato in ogni modo a portare in alto la bandiera italiana in F1, ma con una vettura poco competitiva come quella della Sauber, chiudere in zona medio-bassa era già un traguardo importante. La squadra di Hinwil, pur consapevole dei limiti della monoposto, ha comunque scelto di addossargli parte delle colpe, nonostante le difficoltà fossero evidenti: basti pensare alla conclusione amara della carriera di un pluricampione come Räikkönen, che nel glaciale silenzio che lo ha sempre contraddistinto, salutò il Circus ad Abu Dhabi 2021. Un addio freddo, nonostante il calore umano che ha sempre mostrato, lo stesso che riservò anche a Giovinazzi. Vasseur – da abile manager – preferì, anche complice la pressione di Liberty Media che trattava il ritorno della F1 in Cina, il cinese Zhou Guanyu e i suoi sponsor da 30 milioni.
Giovinazzi non si è lasciato intimidire da un futuro sempre più incerto e da una fine quasi inevitabile nelle categorie di contorno. Ferrari, però, non lo ha abbandonato nonostante la conclusione traumatica della sua avventura in Formula 1, permettendogli di inseguire quel sogno nato da bambino, quando suo padre gli regalò una macchinina rosso fuoco con il Cavallino Rampante sul muso, proprio come la 499P che lo ha portato sul tetto del mondo.
Una stagione, rivelatasi un vero calvario, in Formula E con Dragon/Penske Autosport ha preceduto l’anno della rinascita. Con perseveranza Antonio si è chiuso nelle mura di Maranello e ha lavorato al fianco di Coletta e Cannizzo per affinare il prototipo Hypercar che Elkann decise di finanziare per riportare un marchio iconico come Ferrari sulla pista più iconica del mondo: Le Mans.
Nella nebbia di Fiorano, sul palcoscenico delle Finali Mondiali 2022 e poi ancora a Imola, Giovinazzi – insieme ad Alessandro Pier Guidi e Nicklas Nielsen – ha riscritto la storia del motorsport, la sua storia e soprattutto la sua rivincita personale. Perché se in F1 vincono politica e soldi, e la meritocrazia resiste solo ai piani alti, nel WEC trionfa chi ha talento puro, coraggio di aspettare e audacia nel momento giusto. E lui lo ha dimostrato pienamente.
Se dopo lo stint finale mostruoso della 24 Ore di Le Mans 2023 – la prima della 499P, preludio alle tre vittorie consecutive al Circuit de la Sarthe – restava ancora qualche dubbio, la stagione conclusa con la bandiera a scacchi della 8 Ore del Bahrain 2025 li ha definitivamente spazzati via.
Quella di Antonio è una storia di riscatto e rinascita, di sogno e coraggio. Una terra profondamente amata, Martina Franca, lasciata da bambino; le rinunce imposte dal motorsport; le sofferenze di un sogno frantumato troppo presto; la freddezza del paddock; un team principal che non ci ha creduto abbastanza; e un destino che sembrava segnato: tutto questo fa da sfondo alla sua impresa. Perché di impresa si tratta: nel momento in cui tutto remava contro, sia nei suoi confronti sia verso la 499P n. 51, penalizzata da un BoP debilitante nella seconda parte di stagione, lui ha saputo tenere duro, attendere il momento giusto, perché era convinto che quel titolo iridato, quel Mondiale da pilota Ferrari, sarebbe arrivato.
E quel sogno di bambino, coltivato insieme al padre, è diventato realtà nel giorno più bello: la vittoria del Mondiale WEC, Piloti e Costruttori, nello stesso giorno in cui è nata la sua primogenita, Ginevra Madia.