Marchionne: «Lancia? Senza investimenti miliardari non possiamo darle credibilità»

Marchionne: «Lancia? Senza investimenti miliardari non possiamo darle credibilità»
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Sergio Marchionne è tornato a parlare del prossimo futuro del Gruppo FCA in occasione del suo decennale alla guida del marchio Fiat
3 giugno 2014

Ha recentemente compiuto dieci anni la Fiat di Sergio Marchionne. Quando il top manager italo-canadese assunse la carica di Amministratore Delegato, l'azienda era, per sua stessa ammissione, sull'orlo del baratro, ed in perdita di oltre un miliardo di euro l'anno rischiando quasi l'estinzione.

Oggi i ricavi si sono più che triplicati e con Chrysler il Gruppo FCA è divenuto il settimo costruttore automobilistico mondiale. I numeri danno il senso del cambiamento, ma la trasformazione è più profonda: investe la struttura della società stessa, le relazioni sindacali, i rapporti con Torino e con l'Italia, la strategia e l'immagine.

Era il primo giugno 2004, pochi giorni dopo la morte di Umberto Agnelli, quando il Consiglio di Amministrazione Fiat nominò la squadra che avrebbe guidato la rinascita: Luca di Montezemolo Presidente, John Elkann Vicepresidente e Sergio Marchionne Amministratore Delegato.

Il passaggio di testimone

Il manager italo-canadese sostituì Giuseppe Morchio che lasciò la Casa torinese dopo avere tentato di affiancare la carica di Presidente a quella di Amministratore Delegato. Il 17 febbraio 2005 Marchionne divenne anche Amministratore Delegato dell'auto (solo Cesare Romiti aveva tenuto le due cariche insieme per due anni), lanciò la Grande Punto e varò un piano che prevedeva, entro il 2008, investimenti per 10 miliardi di euro.

I conti del 2005 furono quelli della svolta: il Gruppo registrò, per la prima volta dopo cinque anni, un utile di 1,4 miliardi e il risultato della gestione ordinaria era di venti volte superiore a quello del 2004. Nel 2007, quando presentò i conti 2006, Marchionne parlò di una Fiat finalmente uscita dall'emergenza e a suggellare la rinascita arrivò, il 4 luglio 2007, la nuova 500 presentata con una grande festa a Torino.

Oggi i ricavi si sono più che triplicati e con Chrysler il Gruppo FCA è divenuto il settimo costruttore automobilistico mondiale. I numeri danno il senso del cambiamento, ma la trasformazione è più profonda: investe la struttura della società stessa, le relazioni sindacali, i rapporti con Torino e con l'Italia


Il 2009 fu l'anno del salvataggio di Chrysler dal fallimento, con la trattativa con il Tesoro USA e i sindacati americani e la benedizione da parte del Presidente Barack Obama. Le ultime pagine raccontano la nascita di un unico Gruppo con sede fiscale a Londra e sede legale ad Amsterdam, in attesa di quotarsi a Wall Street e il varo di un piano strategico per i prossimi cinque anni, che ha l'obiettivo di arrivare a 7 milioni di auto vendute nel mondo.

Il prossimo futuro

La storia di Marchionne alla Fiat non finisce qui. Dieci anni dall'inizio di un'epoca, ma si va avanti. «Resterò almeno fino alla fine del piano», ha assicurato l'A.D. del Lingotto. In 10 anni «è cambiato il mondo intero. Alla crisi di questi anni abbiamo reagito malissimo, siamo rimasti ingessati. Ora non ci sono alternative, come dice Renzi dobbiamo muoverci», prosegue Marchionne rispondendo ad una domanda su un confronto tra il 2004 e 2014.

«L'agenda di Renzi è oggi l'unica che abbiamo in Italia e in Europa, spero lo ascoltino. Vorrei che quello che ha detto il Presidente del Consiglio si facesse. Renzi mi piace, deve andare avanti, non farsi intimidire, deve continuare il suo percorso per il bene dell'Italia». Marchionne spiega poi il rapporto tra il rilancio di Chrysler e l'azienda in Italia e il business in Europa che ancora fa fatica, dichiarando: «ho bisogno della cassa americana per finanziare l'attività europea, lo dico senza peli sulla lingua».

Le necessità odierne

«La salvezza di Fiat-Chrysler non dipende dall'Europa - prosegue l'A.D. di Fiat-Chrysler per spiegare l'importanza dell'esportazione per essere competitivi e su cui puntare per il rilancio - se avessi investito come mi chiedevano nella nuova Punto o nella nuova Bravo la Fiat sarebbe fallita di nuovo».

Sono andato da Monti e Passera non per chiedere aiuti finanziari ma un sistema che agevolasse le esportazioni, non si è fatto nulla. Non c'è ancora stato tempo di andare da Renzi ma ci andremo, andremo dalla Guidi e glie lo spiegheremo

Tra Alfa e Lancia

«Abbiamo aspettato che Bruxelles si muovesse ma non l'ha fatto. Sono andato da Monti e Passera non per chiedere aiuti finanziari ma un sistema che agevolasse le esportazioni, non si è fatto nulla. Non c'è ancora stato tempo di andare da Renzi ma ci andremo, andremo dalla Guidi (Ministro dello Sviluppo, ndr) e glie lo spiegheremo». In un'Europa «paralizzata come un cervo davanti ai fari della macchina» l'unica via per salvare l'Italia era puntare sull'America e ora, il successo dell'operazione Chrysler è quello che permette a Sergio Marchionne di confermare l'impegno che si è preso a partire dal rilancio del marchio Alfa Romeo, ricordando quanto previsto nel piano che copre sino al 2018 «5 miliardi di investimenti per lo sviluppo di architettura e motori; alla fine andremo a rioccupare tutta la forza lavoro e non avremo eccedenze».

Il prototipo della nuova Alfa è pronto e si alzerà il velo nel terzo trimestre del 2015, anche prima del Salone di Francoforte. Per quanto concerne invece il marchio Lancia, il top manager italo-canadese ha poi aggiunto, nel corso di un'intervista rilasciata al Direttore del Sole 24 Ore, che questo marchio  «Non ha storia né in Europa né negli USA. Non ha nessun valore sul mercato internazionale. Abbiamo provato in tutti i modi, ma non c'è speranza: Lancia avrà una contrazione di produzione e resterà sul mercato italiano. Mi spiace ma in tempo di crisi bisogna fare delle scelte. Ho un'HF integrale, la migliore di tutte, ma senza investire miliardi non riusciamo a dare a questo marchio credibilità che gli restituisca sopravvivenza».

Su Termini Imerese è categorico «quello stabilimento non è utilizzabile per produrre auto, è costato alla Fiat una barca di soldi, per ogni auto prodotta Fiat perdeva 1.500/1.600 euro, perché - a due passi dal mare - le lamiere uscivano già arrugginite».

Fonte: Ansa

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