Marelli: 1.500 esuberi e focus sul mercato asiatico

Marelli: 1.500 esuberi e focus sul mercato asiatico
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
La carenza di componenti alla base del piano di ristrutturazione, che prevede tagli di personale nelle sedi di tutto il mondo
  • Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
23 settembre 2021

Continua l'effetto domino sulle grandi aziende ascrivibile alla carenza ormai cronica di componenti: la notizia più recente riguarda Marelli, specialista globale nelle produzione di accessori e ricambi per il settore automotive, che avrebbe ormai deciso, secondo quanto anticipa Bloomberg, una pesante ristrutturazione della sua forza lavoro.

Gli esuberi sarebbero almeno 1.500, corrispondenti al 7,5% del totale attuale di 20.000 dipendenti su scala globale: una decisione maturata dall'obiettivo di creare una struttura più agile e capace di fronteggiare la crisi di componenti, senza costi aggiuntivi sui prodotti.

Ma le prospettive di Marelli vanno anche oltre la contingenza: in una lettera inviata dall’AD Beda Bolzenius ai dipendenti, infatti, viene illustrata la pianificazione a medio termine dell'azienda, che precede un forte rafforzamento delle attività sui mercati asiatici e cinese in primis, con nuove unità produttive.

Marelli, ricordiamo, è stata costituita nel 2019 dopo l’acquisizione di Magneti Marelli compiuta da KKR, che ha rilevato la proprietà da Fiat Chrysler Automobiles fondendola con Calsonic Kansei; la società oggi gestisce circa 170 strutture e centri di ricerca e sviluppo in Europa, Africa, Americhe e Asia Pacifico.
KKR, secondo rumors non confermati, starebbe prendendo in considerazione anche la vendita del business dei sistemi di sospensione Marelli, per orientare la produzione verso modelli di business ritenuti più redditizi. 

Un'indiscrezione che ha fatto scattare lo stato di massima allerta in Italia, visto che lo stabilimento di Melfi, in provincia di Potenza, è dedicato proprio alla produzione di ammortizzatori: in una nota ufficiale, il sindacato ha già chiesto di «non far pagare la crisi delle componenti ai lavoratori».

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