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A Zurigo l’autunno ha già il rumore ovattato dei saloni importanti. L’11 ottobre, nelle sale del Dolder Grand, RM Sotheby’s mette all’asta “The Tailored for Speed Collection”: non una semplice parata di targhe blu e libretti storici, ma un racconto coerente di 42 auto che spingono il confine del collezionismo verso il presente. È una vendita stand-alone, con preview al mattino e martelletto alle 15: la destinazione, più che una sala d’aste, sembra un caveau che si apre per qualche ora su un pubblico mondiale.
Il copione lo rubano le hypercar. In catalogo spicca la Pagani Utopia 2024, stimata 2,4–2,8 milioni di franchi: è l’oggetto del desiderio perfetto per misurare quanto il mercato sia disposto a pagare per rarità “articolata” — artigianato, numeri piccoli e firma che conta. È il genere di lotto che, a fine giornata, può trasformare un’asta brillante in un’asta memorabile.
Accanto, una Ferrari che parla una lingua speciale: la Daytona SP3 rifinita nell’unico Rosso Deborah. È il simbolo della nuova grammatica del classico — V12 aspirato, personalizzazione estrema, tiratura limitata — tutto ciò che rende “da collezione” un’auto più vicina al 2020 che al 1970. Il dettaglio cromatico non è folklore: è storytelling certificato, capace di aggiungere desiderabilità reale.
Eppure, tra le icone contemporanee, c’è spazio per la misura lunga di un gran turismo Pininfarina: la Ferrari 365 GT 2+2 del 1968 arriva senza riserva, restaurata a regola d’arte e con certificazione Classiche. È la controprova che, in mezzo alle supercar istantaneamente mitologiche, l’orecchio dei collezionisti sa ancora riconoscere la musica dei grandi classici. Il suo passaggio dirà molto sulla profondità del pubblico, non solo sulla sua voglia di record.
RM, nel presentare la vendita, parla di una delle raccolte single-owner più curate degli ultimi anni. E non è difficile crederlo: più che un elenco, sembra una tesi sul gusto contemporaneo, in cui pista e strada si guardano allo specchio e le personalizzazioni Tailor Made diventano la punteggiatura del racconto. Nel frattempo, la stampa di settore suggerisce anche un possibile nome dietro la collezione — quello di Deborah Mayer — aggiungendo un ulteriore livello narrativo a una storia già molto cinematografica.
Non sappiamo se a Zurigo cadranno record. Sappiamo però che, per qualche ora, il futuro del collezionismo passerà di lì: tra carrozzerie scolpite come sculture e libretti rossi come passaporti. E a fine asta, al di là dei numeri, resterà la sensazione che “classico” oggi sia un’attitudine, più che una data di immatricolazione.