Rinvio per gli obiettivi UE sulle emissioni?

Rinvio per gli obiettivi UE sulle emissioni?
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
La crisi da coronavirus mette in forse l’applicabilità della strategia europa di contenimento delle emissioni, con il corollario di sanzioni per le Case ad essa collegata
  • Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
17 aprile 2020

Mentre siamo tutti chini in trincea sotto il fuoco da mortaio della pandemia, attenti soprattutto ad uscirne vivi ed indenni, è davvero ben difficile pensare ad attuare i piani preesistenti all’inizio del contagio planetario.

Le Case automobilistiche, intanto, devono fare i conti con i costi della crisi, e così tra manager ed addetti ai lavori inizia a circolare con sempre maggior insistenza la domanda relativa al destino degli ambiziosi obiettivi sulle emissioni diventati operativi ad inizio anno per l'Unione europea: è sensato lasciarli in vigore una volta revocate le restrizioni e con la ripresa della normale (?) attività produttiva, commerciale e di vendita al pubblico? 

Definendoli ambiziosi non siamo andati lontani dal vero: le Case, secondo la road map stilata dall’Unione, devono raggiungere una media di emissioni di CO2 pari a 95 g/km, valore calcolato sull’intera gamma di prodotto. 

Un obiettivo da centrare almeno al 95%; per chi sgarra, pesanti penali, con multe di 95 euro per ogni grammo emesso oltre il limite stabilito, moltiplicato per ogni veicolo venduto.

Insomma, un potenziale bagno di sangue.

Per rientrare sotto le forche caudine dell’UE, alle Case non sono restate troppo alternative: la più pratica ha riguardato la conversione verso la propulsione elettrica della quasi totalità dei veicoli, con tecnologia a batteria o ibrida plug-in applicata a pioggia, anche su modelli per i quali pochi anni fa il gesto sarebbe apparso sacrilego.

Una strategia che la crisi da virus rischia di vanificare: quanti potranno, a pandemia se non finita almeno attenuata, permettersi di acquistare veicoli sì tecnologici, ma anche più cari dei normali modelli con motore termico?

Stanti tali premesse, le aziende sperano di trovare comprensione ed elasticità da parte delle istituzioni: intanto hanno messo le mani avanti, inviando ad Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, una lettera firmata da Mike Manley, presidente di Acea, l'associazione dei costruttori, in cui oltre a ricostruire lo scenario in cui si trovano a (non) operare, gettano le premesse per una revisione degli accordi: “La crisi da coronavirus sconvolge i piani fatti per prepararci a conformarci alle leggi e ai regolamenti UE esistenti e futuri entro i termini stabiliti in questi regolamenti”.

Da tempo le Case si sono attrezzate in funzione dei nuovi obiettivi di emissioni, modificando le strategie di marketing e produzione; alcune, addirittura, sarebbero già da ora in grado di rispettare i paletti, anche perché il rispetto delle misure potrebbe ad un guadagno di immagine per tutto il settore automotive, bisognoso di ricostruirsi una credibilità verginale dopo le non esaltanti esperienze legate allo scandalo delle emissioni del Dieselgate.

Inoltre, c’è un altro elemento da non sottovalutare: le pesanti restrizioni alla mobilità individuale e collettiva degli ultimi mesi, ancorché pesanti da sopportare, hanno avuto un riflesso positivo nella riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico delle città.

Tutti ci siamo sorpresi nel vedere il blu intenso del cielo, come non ricordavamo da anni, o delle nitidezza dei paesaggi per non parlare della limpidezza delle acque fluviali e marine; e forse abbiamo finalmente capito che non sarebbe saggio tornare alla situazione precedente, per esempio ricominciando a circolare su auto vecchie e fumiganti.

Solo che ora ci vorrà più tempo del previsto per procedere con il ricambio: per questo, sarebbe il caso, più che differire i tempi di attuazione delle misure di contenimento delle emissioni, mantenendo quindi gli obiettivi di CO2 in atto, rendere possibile il rinvio (o anche la riduzione) delle sanzioni previste, almeno per l’anno in corso.

Anche perché sarebbe paradossale che con una mano i Governi dessero miliardi di aiuti alle aziende in crisi e con l’altra li pretendessero indietro, sotto forma di multe per il mancato rispetto degli obiettivi.

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