Sergio Marchionne, Ricordi: il top-manager che avrebbe fatto il giornalista [video]

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Le opinioni e i ricordi sull’ex-N°1 di FCA da parte di Pierluigi Bonora, una delle maggiori firme nazionali che nei 14 anni di lavoro ai vertici Fiat di Marchionne, lo ha visto decidere e ascoltato spiegare le sorti del gruppo, talvolta scherzando
25 luglio 2018

Chi meglio dei giornalisti ha modo di venire a contatto con le aziende e i maggiori rappresentanti delle stesse, per approfondire i contenuti che poi utenti e lettori devono conoscere? È interesse di una grande azienda avere buoni rapporti con la stampa che conta e viceversa per le testate, se quest’azienda è tra quelle di cui tutti parlano, come Fiat, che ha storicamente rappresentato per l’Italia intera il concetto di automobile. Abbiamo parlato oggi, nel giorno stesso della morte di Sergio Marchionne, con Pierluigi Bonora, autore responsabile de Il Giornale e Fuorigiri. Per ascoltare un suo contributo e il suo giudizio, riguardo il grande capo di FCA, oltre alcune impressioni umane, inerenti il Sergio Marchionne che è anche uomo, prima che freddo manager votato ai risultati.

Bonora è tra quelli che ha parlato con Marchionne sin dal suo insediamento, nel 2004 e, cosa rara, veniva chiamato per nome dall’AD che molti in azienda temevano, dedito sempre al proprio lavoro certo, ma anche capace di battute molto simpatiche, quando servivano. Ne parliamo nella nostra video-intervista, qui proposta.

Una volta gli chiesi cosa avrebbe fatto dopo la fine di carriera in FCA, programmata per il 2019: il giornalista, mi rispose, così le faccio io le domande”. Marchionne come manager è stato voluto dalla famiglia oltre che dagli azionisti maggiori di quella che per noi tutti era la Galassia Fiat ed ha portato risultati ottimi, pensando a come e da dove si partiva. Dal cilindro ha tirato fuori scelte vincenti attuate non senza sacrifici, come la gestione del nodo GM prima e di quello Chrysler dopo, senza contare la Ferrari quotata al Nyse e la conseguente rivalutazione dei titoli azionari per molti finanziatori, lui stesso incluso.

Ora Mike Manley e John Elkann avranno un bel da fare, nel proseguire un cammino tracciato da quell’uomo che non sapeva troppo di automotive, inizialmente, ma che viene riconosciuto come uno dei maggiori top-manager che il settore abbia avuto negli anni recenti, quelli più turbolenti per l’auto a livello globale. Già, globale, come sotto il suo comando è divenuto il portafoglio prodotti e infrastrutture di un gruppo prima solo italiano e come un po' lui stesso era nelle sue funzioni, quando passava dalle riunioni più aspre alle conferenze pubbliche, piuttosto che ai box della F1; con quel Cavallino modenese cui si sarebbe dedicato a fine carriera, per vederlo tagliare il traguardo sempre primo.

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