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Lando Norris è diventato il trentacinquesimo campione del mondo della storia della Formula 1 solo nel momento in cui si è reso conto che era perfettamente in grado di farlo. Il pilota della McLaren ha passato lungo tempo autoflagellandosi per i suoi errori, pensando e ripensando alle storture del suo percorso di crescita senza realizzare che il suo bagaglio di qualità fosse sufficiente a sostenere una lotta mondiale. Che Norris fosse naturalmente veloce non è mai stato un mistero. Il problema, semmai, era mettere insieme i pezzi nel corso dei weekend di gara
Norris è naturalmente portato a pensare troppo. Lo si capisce dal modo in cui risponde a domande all’apparenza semplici, ma che lo inducono a riflessioni profonde. E lo si intuiva anche dal modo in cui correva. Il peso dei suoi pensieri e l’energia spesa in uno stato di allerta perenne sfociavano in errori di valutazione nei contatti di gara, in partenze all’insegna dell’esitazione, in brividi in gare che stava conducendo con apparente solidità. E mettere insieme i pezzi diventa difficile quando si è sempre pronti a un’autocritica distruttiva.
Nel momento in cui è diventato chiaro che la McLaren fosse la vettura da battere nella stagione 2025 di Formula 1, Norris si è fatto trascinare in un vortice che l’ha portato a commettere diversi sbagli, alcuni dei quali maiuscoli, come lo schianto in qualifica a Jeddah e il contatto fratricida con Oscar Piastri a Montréal. Piastri e Norris non avrebbero potuto essere più diversi di così anche se fossero usciti dalla penna di un abile scrittore: apparentemente inscalfibile il primo, vulnerabile il secondo. Umano, forse troppo per una F1 spietata, fatta di squali pronti a inghiottire la preda.
Ma qualcosa è finalmente scattato in Norris proprio nel momento in cui il suo primo titolo mondiale sembrava un miraggio, con Piastri ormai dilagato in classifica. La sorte ha voluto che Norris facesse il passo chiave verso una maggiore consapevolezza delle sue capacità proprio nel momento in cui la F1 arrivava su circuiti che l’avrebbero favorito rispetto al compagno di squadra. L’ha spiegato bene Andrea Stella, gli stili di guida di Norris e Piastri sono complementari. Il primo si esalta su piste con basso grip, riuscendo a gestire al meglio una vettura che tende a destabilizzarsi al posteriore. Il secondo nelle stesse condizioni si perde.
È così che le sorti del mondiale si sono ribaltate, a favore del pilota che era sembrato più fragile tra i due papaya. E a Norris deve essere dato credito del fatto di aver resistito alla pressione di Max Verstappen, outsider di lusso che da Monza in avanti ha saputo ridare slancio alle sue speranze mondiali massimizzando i risultati ottenibili con una RB21 rivista, ma ancora perfettibile. Prima Lando si scioglieva come neve al sole di fronte alla sfrontatezza di Max. Nell’ultima parte della stagione 2025 è invece apparso meno vulnerabile.
A livello di pilotaggio, di talento e di maturità, Max Verstappen resta una spanna sopra ai due piloti della McLaren. È lui non solo il miglior interprete di questa era tecnica della Formula 1, ma anche una delle eccellenze della storia di questo sport. Avrebbe meritato un mondiale in cui si è espresso a un livello eccelso, fatte salve Barcellona e Silverstone. Ma la superiorità tecnica della McLaren ha finito per premiare un pilota che ha il merito di non aver mai nascosto le proprie fragilità. In un ambiente di personaggi senza scrupoli, Lando ha avuto la forza di mostrarsi vulnerabile.
Lando ha avuto tanto coraggio nell’esporsi per quello che è veramente, mettendo a nudo i meccanismi che lo hanno portato nel tempo a dubitare di sé stesso e degli strumenti a sua disposizione per scrivere un futuro di successo. Ci vuole una buona dose di audacia per farlo in un ambiente in cui purtroppo esistono ancora persone che usano i problemi di salute mentale come un’arma contro chi non ha paura di parlare di qualcosa che fino a poco tempo fa era un tabù. Ci vuole tanta forza d’animo per lavorare per diventare la migliore versione di noi stessi. E Lando, vincendo il suo primo titolo mondiale sotto i riflettori di Abu Dhabi, ci ha dimostrato quanto sia potente l’autodeterminazione.