Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Vedendo Isack Hadjar salire sul terzo gradino del podio nel Gran Premio d’Olanda 2025 di Formula 1, qualcuno potrebbe aver pensato che si trattasse del risultato di una corsa pazza, di un colpo di fortuna. Ma non c’è nulla di casuale in quello che è successo a Zandvoort. Hadjar questo risultato l’ha ottenuto per merito, con una qualifica da applausi. Nonostante gli schiaffi del vento, il rookie francese di casa Racing Bulls ha mantenuto sui binari la sua VCARB-02, una vettura docile, sicuramente tra le migliori per poter navigare condizioni che possono facilmente indisporre le vetture di questo ciclo tecnico della F1.
Avere a disposizione la monoposto giusta non era sufficiente, però. Serviva anche il senso per il giro secco che Hadjar ha dimostrato a più riprese nel corso della sua prima stagione in F1. Aveva cominciato nel peggiore dei modi, con quel dolorosissimo errore in Australia per cui aveva speso calde lacrime. Ma la vera forza dei rookie si vede sulla distanza. I piloti delle categorie minori sono di fatto dei baby professionisti, pronti ad adattarsi alla F1 con naturalezza. Ma un conto è debuttare, un altro è mantenere la giusta costanza di rendimento. È l’obiettivo che ha centrato Hadjar, arrivato in F1 come una sorta di oggetto misterioso.
Non era certamente Isack il rookie più atteso della stagione 2025 di F1, anche se lo scorso anno aveva combattuto fino all’ultimo per il titolo in Formula 2 contro Gabriel Bortoleto. Anche nella stessa galassia della Red Bull il suo esordio era quasi passato sottotraccia. D’altronde, i problemi erano altri, in quel momento. Isack, però, non deve essersene fatto un grande cruccio. Ha la scorza dura, il minuto francese che in patria chiamano “le petit Prost”, il piccolo Prost. Un soprannome che lo lusinga, così come il rapporto che cresce con il suo idolo, Lewis Hamilton, con il quale, a inizio anno, gli sembrava impossibile potersi interfacciare come suo pari.
Il destino ha voluto che arrivasse prima un suo podio in F1 che uno del suo idolo con la Ferrari. Un’eventualità che sembrava improbabile quando lo abbiamo intervistato in Australia. Era una delle sue prime 1:1 in F1, e di lui ci aveva colpito la timidezza. Ma dietro le riserve iniziali abbiamo scoperto una volontà coriacea, di chi è capace di sobbarcarsi la pressione dell’incertezza. È il frutto del suo percorso nelle categorie minori, affrontato con l’aiuto di una figura chiave nella sua vita, Randa, mamma manager cui deve tutto, per sua stessa ammissione. Avevano cominciato dal basso, con papà Yassine nel ruolo di meccanico del suo kart.
Proprio da Yassine, di professione fisico, arriva il dettaglio che colpisce del casco di Isack. Insieme ad Hadjar in pista corrono delle equazioni. E lui sembra aver risolto quella che ha aperto l'inscalfibile corazza di Helmut Marko. “Andiamo d’accordo – ci aveva raccontato a Melbourne -. Ha un gran senso dell’umorismo. È una persona piacevole, specialmente quando performi bene”. Si piacciono perché in fondo si somigliano, Marko e Hadjar. Hanno la pellaccia dura, non si lasciano scoraggiare facilmente. Prima che cogliesse il podio a Zandvoort, avevamo chiesto a Hadjar come vivesse l’incertezza sul suo futuro. Aveva fatto spallucce, dicendoci che ci era abituato. D’altronde, prima che arrivasse la Red Bull a portarlo nel suo vivaio, la sua carriera era arrivata a un tetto di cristallo, anche se Isack, adolescente, lo avrebbe capito solo dopo.
Hadjar ha il piglio del duro, quando lo si vede girare per il paddock. Ma ha anche un lato scanzonato, molto ironico. A una nostra domanda su come fosse Laurent Mekies come capo, ci rispose “è francese”. Uno humor caustico, che ben si sposa con la sua condotta decisa in pista e con quei team radio pepati che erano il suo marchio di fabbrica nelle categorie minori. È il suo modo per dissipare la tensione e ritrovare la giusta lucidità. Che, a ben vedere, perde raramente in pista. È questa disposizione d’animo che lo sta trasformando nell’indiziato principe per occupare il sedile in Red Bull accanto a Max Verstappen il prossimo anno.
È inevitabile pensare a lui per questo delicato ruolo, specie se si pensa alle difficoltà che sta attraversando Yuki Tsunoda. “Bisogna essere realistici – ci aveva spiegato in Australia - ora come ora se fossi il compagno di squadra di Max non lo batterei. Altrimenti ci sarebbe un problema, no? Ma il mio vero obiettivo, il motivo per cui sono in Formula 1, è dimostrare a me stesso di poter essere il migliore. Il sogno sarebbe confrontarmi ad armi pari con il miglior pilota in assoluto e batterlo. Le statistiche e il resto non mi importano. È una questione di soddisfazione personale”. E di gratificazioni Isack potrebbe togliersene parecchie, in F1. Perché il suo podio a Zandvoort non è frutto della buona sorte, ma del suo talento.