F!. Una Racing Bulls davanti alle Ferrari di Leclerc e Hamilton: ecco cosa abbiamo imparato dalle qualifiche in Olanda

F!. Una Racing Bulls davanti alle Ferrari di Leclerc e Hamilton: ecco cosa abbiamo imparato dalle qualifiche in Olanda
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La McLaren ha dominato le qualifiche del Gran Premio d'Olanda 2025 di Formula 1, con il solo Max Verstappen capace di avvicinarsi. Alle loro spalle c'è il sorprendente Isack Hadjar, più veloce delle Ferrari di Charles Leclerc e Lewis Hamilton. L'analisi da Zandvoort
30 agosto 2025

A Zandvoort basta veramente poco perché le sorti di una qualifica possano cambiare. In fondo, è sufficiente una folata di vento nella direzione sbagliata perché una monoposto scivoli inesorabilmente, andando a surriscaldare le gomme e a compromettere la prestazione. È un’incertezza di fondo di cui, però, la McLaren non deve curarsi. Nelle qualifiche del Gran Premio d’Olanda 2025 di Formula 1 Oscar Piastri e Lando Norris si sono presi la prima fila senza fare un plissé, rifilando alla concorrenza un distacco tutt’altro che trascurabile, fatto salvo l’idolo di casa Max Verstappen.

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Per trovare il ritmo giusto sulla nervosa pista di Zandvoort, serve una grande stabilità in curva. E l’efficacissima MCL39, con il carico extra che è in grado di generare naturalmente, agevola il compito ai suoi piloti. A differenza di quanto successo in Ungheria, il vento non ha improvvisamente tarpato le ali alla MLC39. A sparigliare le carte in tavola in quel caso non era stato il vento in sé, quanto il fatto che si fosse alzato all’improvviso. Qui, invece, ha mantenuto un andamento che non ha infastidito la MCL39. Il resto è stato questione di un soffio. Né Norris né Piastri si sono migliorati nell’ultimo tentativo, e a fare la differenza è stato il primo spunto, migliore di 12 millesimi per Piastri.

In condizioni delicate come quelle di Zandvoort, la prevedibilità della monoposto è un’arma molto potente. Lo dimostra la prestazione dei due piloti di casa Racing Bulls con la docile VCARB-02, un’auto a prova di rookie. Ma se l’esordiente in questione è l’arrembante Isack Hadjar, può nascere qualcosa di speciale. Il quarto posto conquistato dal francese è la dimostrazione della sua spiccata sensibilità sul giro secco, oltre che della facilità di interpretazione di una vettura che non avrà un grande picco prestazionale, ma ha una finestra di utilizzo più ampia di altre rivali. È un vantaggio in circostanze in cui la preparazione delle gomme per il giro buono, già molto importante, diventa cruciale.

Sono tanti i fattori che entrano in gioco su un tracciato pronto a cambiare faccia in un attimo. Trovare il compromesso ideale tra l’uscire per primi e rischiare di essere invischiati nell’aria sporca di chi sta preparando il giro buono e muoversi tra gli ultimi con le gomme destinate a raffreddarsi è un esercizio complesso. L’unico avversario riuscito ad avvicinarsi ai due piloti della McLaren, comunque, è l’idolo di casa, Max Verstappen. Ormai pare essersi rassegnato alle sevizie di una vettura che su una pista di curve lunghe vede esposte tutte le sue debolezze. Il sottosterzo che ha accusato non ha impedito a Verstappen di massimizzare il risultato possibile. È una magra consolazione per un pilota il cui credo è da sempre la vittoria. Ma Max è perfettamente consapevole di non essere il problema di un team diventato l’ombra di quello che era fino a un paio di anni fa.

In casa Mercedes ci sono due facce della medaglia. George Russell, abile qualificatore in grado di sopperire almeno parzialmente alle limitazioni della vettura, si è assestato al quinto posto. Andrea Kimi Antonelli, invece, non ha passato il taglio della Q2. Kimi ha vissuto un weekend di gara in affanno dopo l’errore che non gli ha permesso di disputare buona parte delle FP1, impedendogli di trovare il giusto ritmo e costringendolo a rimandare parte della simulazione di passo gara a questa mattina. La buona notizia, però, è che dopo il dietrofront sulla sospensione posteriore da parte della Mercedes Kimi sembra effettivamente avere maggior fiducia nel mezzo. Ora è solo questione di mettere insieme i pezzi.

Il problema in Ferrari è che le cose non cambiano, anche modificando gli addendi. Leclerc e Hamilton hanno iniziato il weekend con scelte analoghe in termini di set-up, per poi andare a divergere. Il sette volte campione del mondo ha continuato sulla strada impostata in partenza, forte della sensazione di essere partito con il piede giusto anche con i due testacoda. Leclerc, invece, ha cambiato direzione di parecchio. E la cosa preoccupante è che questo non abbia spostato praticamente nulla. Non è un problema circoscritto alla Ferrari, visto che lo aveva descritto in maniera analoga Verstappen in altre circostanze. Ma il fatto che una modifica così sostanziale non porti a un comportamento diverso nella vettura – sia nel bene che nel male – non aiuta. È il paradosso di vetture estremamente sensibili al minimo cambiamento delle condizioni, ma apparentemente impermeabili ad alcune regolazioni di assetto. 

Il deficit prestazionale della Rossa, ha spiegato Leclerc, non dipende dalla non meglio identificata problematica emersa in Ungheria, quanto dalle caratteristiche della pista. I lunghi cambi di direzione di curva 9 e curva 10 espongono le fragilità di una vettura che nonostante gli aggiornamenti resta in qualche modo incompleta. Rispetto a ieri, però, la Rossa ha perso di più nel primo settore, con distacchi importanti sia per Hamilton che per Leclerc. Che, va detto, hanno preso due direzioni diverse con l’ala posteriore, con Hamilton che pur non parlando di cambi nell’assetto ha effettivamente cambiato il componente, a differenza del compagno di squadra.

Che Hamilton si dica soddisfatto su una pista in cui mantenere la stabilità in curva è tutt’altro che semplice, vista la differente direzione del vento nelle varie sezioni del tracciato, è un buon segnale per l’inglese, che è apparso di buon umore davanti ai giornalisti presenti in pista a Zandvoort, offrendo un’analisi esaustiva del suo weekend di gara finora. Sono timidi segnali incoraggianti che però non cambiano una amara verità. Alle rivali della McLaren non basta una folata di vento per sperare che l’armata papaya sia spazzata via.

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