Aaltonen: «Ma quali supercar! Per divertirsi basta ancora poco, come nel '70»

Aaltonen: «Ma quali supercar! Per divertirsi basta ancora poco, come nel '70»
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Matteo Valenti
  • di Matteo Valenti
Rauno Aaltonen, vincitore del Rally di Montecarlo nel '67 con la Mini, ci svela i retroscena di quella vittoria leggendaria, in un'intervista che ci porta fino ai giorni nostri per scoprire che il mondo, in certi casi, non è poi così tanto cambiato
  • Matteo Valenti
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26 maggio 2015

Zarasai (Lituania) – Classe 1938, Rauno Aaltonen è un pilota vecchia scuola, che dice le cose come stanno senza troppi giri di parole. Soprannominato il “Professore dei Rally” per il suo indiscutibile talento, questo pilota finlandese è stato uno dei personaggi chiave del Mondiale Rally negli anni '70, insieme a nomi del calibro di Timo Mäkinen e Sandro Munari.


Tra le tante vittorie conquistate in carriera però una, più di tutte, è rimasta scolpita nell'immaginario collettivo. Stiamo parlando del leggendario primo posto al rally di Montecarlo conquistato nel 1967 al volante della piccola ma tenace Mini Cooper S. Aaltonen ci ha parlato di questo e molto altro ancora in occasione dell'IMM 2015, dove è tornato ad essere circondato, ancora una volta, dalle sue tanto amate Mini.

 

La Mini trionfa al Rally di Montecarlo nel 1967 e lascia il mondo a bocca aperta. Qual è il segreto di una vittoria simile?
«Il primo segreto della grandissima competitività della Mini Cooper S da rally erano le dimensioni, perché era molto piccola. Ma la sua vera arma erano gli sbalzi così corti. Questo ci consentiva di cambiare direzione utilizzando molta meno trazione e potevamo montare anche pneumatici con prestazioni inferiori rispetto ai nostri avversari».
 

E poi?
«Guardate la sua larghezza, è strettissima! Questo ci permetteva di avere un angolo di sterzata molto, ma molto più ristretto a quello di vetture più grandi. In una successione di curve per esempio, questo si traduceva in un maggiore velocità perché riuscivamo ad avere traiettorie migliori, più strette ed efficienti. Con una macchina così stretta riuscivamo ad entrare in curva più forte degli altri».

 

Rauno Aaltonen al volante della Mini al Montecarlo '67

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Eppure tanti pensano che le auto a trazione anteriore non siano realmente competitive...
«La trazione anteriore può essere svantaggiosa per chi non sa guidare bene. Un pilota deve sempre capire come lavora una macchina e in una trazione anteriore è fondamentale mandare sempre in drift l’asse anteriore, controllandolo però con l’acceleratore».
 

Ma non era in sottosterzo in questo modo?
«Certo! Ero sempre in sottosterzo, ma lo controllavo trasformandolo in un vantaggio. Come facevo? Agivo contemporaneamente su entrambi i pedali con grande decisione. Questo mi consentiva di far girare la macchina molto di più che se avessi scelto di utilizzare soltanto la potenza del motore. Premere su freno e gas contemporaneamente mi dava lo stesso effetto del freno a mano, ma al tempo stesso non perdevo così tanto tempo e non stressavo troppo la meccanica della vettura».

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Aaltonen insieme alla sua grande compagnia di vittorie: la Mini Copper S Rally

 

Tanti piloti si sono serviti poi di questa tecnica pazzesca...
«Sono stato il primo al mondo a sviluppare questa tecnica di guida. Un altro pilota che la imparò molto presto fu Timo Mäkinen, ma non sono stati tanti quelli che l’hanno saputa adottare in maniera veramente efficacie. Il rischio è di frenare troppo con il risultato di essere più lenti e non più veloci! Per questo consiglio sempre ai non professionisti di dimenticarsi di questa tecnica di guida».

 

Una curiosità. Mini avrebbe potuto conquistare un grande risultato a Montecarlo già nel 1966, ma vennero squalificate inspiegabilmente tutte le auto britanniche. La versione ufficiale dice che la squalifica arrivò per i fari non regolamenteri... ma qual è la verità?
«Non l’ho mai capito neanch’io. Non ho prove per sostenerlo, ma sono sicuro che la decisione di squalificare le Mini era stata presa ancor prima della gara. A dicembre del ‘65 infatti mi erano già arrivate delle voci. E queste indiscrezioni dicevano chiaramente che le auto inglesi sarebbero state squalificate dall’organizzazione a Montecarlo. Una fonte molto autorevole infatti, sapendo che c’era questo clima, mi consigliò prima della gara di controllare ogni singola vite della mia Mini, affinché fosse perfettamente allineata ai regolamenti. In ogni caso nemmeno questo bastò ad evitare quella misteriosa squalifica. Qualcuno non voleva chiaramente che la Mini vincesse. Purtroppo non ho mai scoperto chi fosse. Ma ormai sono passati troppi anni, guardo avanti, mai voltarsi indietro!». 

La trazione anteriore può essere svantaggiosa per chi non sa guidare bene. Un pilota deve sempre capire come lavora una macchina

 

La Mini è l'auto da corsa a cui è rimasto più affezionato?
«Ho amato tante automobili nella mia carriera. La Mini certamente è una di quelle a cui sono più affezionato, ma prima di conoscerla ho adorato anche Saab, MG e Mercedes. Quest'ultima in particolare è stata un’auto che mi regalò mio padre e che io trasformai in versione rally. Con la Mercedes ho imparato a driftare perfettamente sfruttando la trazione posteriore.»
 

Eppure nella sua carriera c'era posto anche per una gloria italiana, non è vero?
«Sì ho corso anche con la Lancia Fulvia HF, un’auto eccezionale! Il suo motore V4 era fenomenale, ve lo posso garantire!»

aaltonen
Aaltonen oggi ha 77 anni ma non ha smesso di guidare a gas spalancato. Gestisce una scuola di pilotaggio in Finlandia

 

Quindi preferiva guidare comunque auto a trazione posteriore?
«Il tipo di trazione per me non faceva alcuna differenza. Anteriore e posteriore, riuscivo ad essere sempre veloce, anche se bisognava adottare tecniche di guida completamente diverse». 
 

Ha corso anche con il grande Sandro Munari. Cosa ricorda di quegli anni magici?
«Con Sandro non eravamo rivali. Abbiamo corso anche nello stesso team e avevamo un bellissimo rapporto tra di noi. L’atmosfera nel paddock era amichevole, ci volevamo tutti bene. Certo, capitava che ci raccontassimo piccole bugie tra di noi per crearci piccoli vantaggi, per esempio sugli assetti. Ma non siamo mai andati oltre, non c’è mai stata una scazzotata, non ho mai sentito urla e non ho mai visto comportamenti maleducati. Era davvero un rapporto tra gentleman».
 

Chi sono stati i suoi avversari più forti?
«I miei più grandi rivali in gara sono stati certamente Sandro Munari, Timo Mäkinen, Erik Carlsson e Paddy Hopkirk».

 

Oggi il mondo del rally è completamente cambiato. Cosa pensa del WRC attuale?
«Mi piace il WRC oggi, sono contento di vedere auto ancora così potenti. Mi dispiace solo che per motivi di costi non si sia scelto di avere auto con il differenziale centrale».

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Un Aaltonen ancora giovane spiega i vantaggi ottenuti dalle sue particolari tecniche di guida

 

Perché?
«Sulle automobili di serie a trazione integrale il differenziale centrale è diventato fondamentale. Altrimenti ci ritroveremmo ancora oggi con dei sistemi 4x4 come quelli dei trattori del 1951! E sarebbero auto inguidabili perché ci sarebbero pattinamenti in continuazione! Se si fosse adottato il differenziale centrale sulle WRC quindi avremmo potuto sviluppare molto più velocemente questa tecnologia, per portare nuovi sviluppi sulle auto di serie. La competizione va bene, ma in questo modo non c’è travaso tecnologico tra motorsport e auto di serie». 
 

Però il WRC aiuta nello sviluppo di molte componenti per l'auto. Penso agli pneumatici...
«Certo, il WRC aiuta a velocizzare lo sviluppo di motori, cambi, pneumatici e sospensioni. Ma non dà nessun contributo alla progettazione dei differenziali centrali, che sono diventati vitali sulle auto AWD di serie».

Il Mindiale ai miei tempi? Non ho mai sentito urla e non ho mai visto comportamenti maleducati. Era davvero un rapporto tra gentleman

 

Cosa ne pensa dei piloti di oggi?
«Loeb è stato senza dubbio un pilota eccezionale nel WRC, l’ho adorato a 360°. E la sua forza era tutta nella sua infinita intelligenza. Provate ad ascoltare le sue interviste, non ha mai puntato il dito contro nessuno quando le cose si mettevano male. Un vero “sportsman”!»
 

E della Mini di oggi? È riuscita a conservare davvero lo spirito di quella originale?
«Credo proprio di sì. La Mini di oggi ha ancora il motore trasversale, gli sbalzi molto corti e le dimensioni tutto sommato sono compatte. Questo significa che la Mini attuale, come quella di allora, è estremamente reattiva».
 

Eppure anche la nuova Mini è cresciuta sempre di più...
«Il problema è che oggi i clienti vogliono avere auto sempre più grandi. E poi spesso, secondo me, i clienti non sanno cosa vogliono davvero. Un’auto grande, per viaggiare comodi o una piccola e veloce, per divertirsi? Alcuni se lo dimenticano, ma questi due aspetti non possono andare insieme. In nessun modo!»

 

Abbiamo intervistato Aaltonen al Raduno Mondiale Mini

rauno aaltonen (5)

 

Anche lei, come il sottoscritto, è un sostenitore della teoria di Colin Chapman “less is more”?
«Sono completamente d’accordo, da sempre!»


Dovrebbe farlo presente un po' più spesso alla Case auto...
«Sai, sarebbe anche inutile dirglielo, perché i costruttori non fanno che altro che assecondare i gusti dei clienti. E se i clienti chiedono sempre più potenza è normale che le case si adeguino».
 

Eppure un'auto leggera è sempre la scelta vincente, la potenza non è tutto...
«Non sono contrario alla potenza a prescindere. Sono solo convinto che certi livelli di potenza, 500 o 600 CV, debbano sempre rimanere riservati a mani esperte e non a chiunque. Possono avere anche tutta l’elettronica del mondo, ma diventano talmente veloci che per la maggior parte dei guidatori possono diventare veramente pericolose.»

imm 2015 mini 2
Per Aaltonen la Mini di oggi riesce ad essere ancora divertente come quella di allora

 

Quindi per divertirsi, alla fine, basta ancora “poco”?
«Prendiamo un esempio concreto. La Mini One D, è vero, non ha moltissima potenza ma è affidabile e consuma pochissimo. Ecco, una macchina così, con un bell’assetto e un bello sterzo, è già più che sufficiente per divertirsi senza correre rischi inutili!»
 

Qual'è stata l'auto di serie che ha utilizzato di più?
«L’auto su cui ho macinato più chilometri nella mia vita privata, non in gara, è stata senza dubbio una BMW 320».

 

Quando sono stato in Finlandia ho capito perché siete i rallisti più bravi del mondo. Avete condizioni climatiche estreme, strade fantastiche e soprattutto deserte! Ha iniziato a guidare già da bamabino?

«Sì, ho iniziato a guidare all’età di sei anni. Mio padre all’inizio saliva con me, più che altro in caso ci fermasse la polizia. Ricordo che mi diceva sempre: “io ti faccio guidare ma mi raccomando, niente incidenti!”. In ogni caso già ad otto anni andavo ad allenarmi da solo».

Il segreto per andare forte su un’auto da corsa è solo e soltanto la concentrazione. Punto. Vuoi vincere? Lascia le tue emozioni da qualche altra parte!

 

Oggi ha una scuola di guida in Finlandia. Cosa insegnate ai piloti di domani?
«Sì, oggi gestisco una scuola di guida, ma alla mia maniera! Insomma non insegnano solo a fare la frenata di emergenza e l’evitamento ostacolo. Da me si impara quale pedale schiacciare per andare più veloce!»
 

Se dovesse dare un consiglio ad un pilota per diventare più veloce cosa gli direbbe?
«Il segreto per andare forte su un’auto da corsa è solo e soltanto la concentrazione. Punto. Bisogna riuscire a estraniarsi da tutto, dal contesto, e iniziare a pensare solo ad andare più forte possibile. Per guidare forte in pratica non si devono provare emozioni di alcun tipo. Vuoi vincere? Lascia le tue emozioni da qualche altra parte! Se riesci a trovare questa forma assoluta, credimi, riesci a sentire persino un’auto che sopraggiunge da una curva cieca e che tu non hai modo di vedere.»
 

Non deve essere per niente facile...
«Penso che un pilota, specialmente oggi, debba sempre avere un supporto psicologico al suo fianco. Riuscire a trovare la concentrazione assoluta è difficilissimo, in pochi ci riescono per davvero».
 

E lei ci riusciva?
«Ogni tanto, non sempre!»
 

E invece cosa consiglierebbe di non fare assolutamente, dall'alto della sua esperienza?
«La cosa più sbagliata da fare? Sentirsi “cool”. Credo che sia un atteggiamento sbagliato in ogni campo. Se fai una cosa perché è “cool” non farla, rischi di fare una stupidaggine!»

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