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“Non avevo il coraggio di tener giù per farla scivolare. Poi ho capito che dovevo guidarla come se fosse sui binari”. Così il compianto Henri Toivonen si espresse parlando della Lancia Delta S4, una delle macchine da corsa più iconiche della storia del rally, tanto leggendaria quanto brutale e spaventosa nelle prestazioni. Ebbene, buona parte di quella brutalità si deve a Claudio Lombardi, uno dei più grandi ingegneri e motoristi della storia italiana, che ha legato il suo nome al Reparto Corse della casa di Chivasso in un periodo storico caratterizzato da grandi innovazioni e successi, e scomparso oggi all’età di 83 anni.
Nato ad Alessandria il 12 maggio del 1942, Claudio Lombardi fece vedere il suo talento e le sue qualità come ricercatore alla Fiat, tanto da venire promosso a fine anni ‘70 come direttore motoristico in Lancia, al tempo zoccolo duro della Fiat nelle competizioni. È qui, negli anni d’oro del motorismo sportivo, che l’Ingegner Lombardi scrive insieme al Reparto Corse pagine di storia irripetibili. Dapprima mettendo le mani sulla LC2 Gruppo C, unica del suo genere in grado di spaventare l’inarrestabile Porsche 956, si sposta poi sulle vetture da rally, vero fiore all’occhiello della Lancia. A partire dalla 037, ultima auto a trazione posteriore a trionfare nel mondiale rally, passando per la Delta S4, creatura di gran lunga più iconica di Lombardi. Questa dotata di un rivoluzionario sistema di doppia sovralimentazione con compressore volumetrico e turbocompressore, fece vedere solo un assaggio del suo potenziale e del suo dominio, prima di essere fermata bruscamente insieme a tutte le sue sorelle di Gruppo B a causa dei gravi incidenti occorsi nel mondo dei rally a metà degli anni ‘80.
In questo contesto di grande innovazione tecnologica, Lombardi arrivò a sviluppare anche il rivoluzionario motore Triflux, che avrebbe dovuto equipaggiare i futuri prototipi di Gruppo S mai nati e che sostanzialmente può essere considerato un antenato dei moderni motori con turbocompressori a doppio stadio. Basato sullo stesso 4 cilindri della Delta S4, il Triflux disponeva al posto del volumetrico, che ha il contro di assorbire molta energia meccanica dal motore, un altro turbocompressore di dimensione diversa dal primo. I due turbo montati rispettivamente a destra e sinistra della bancata, lavoravano su regimi di rotazioni differenti grazie ad un complesso sistema di bypass riuscendo a fornire una erogazione completa e senza eccessivi assorbimenti di energia. Il tutto era completato da una disposizione delle valvole incrociata; quindi invece di avere le valvole di scarico e aspirazione in linea, queste si trovavano incrociate tra di loro. Questo mix, oltre a permettere una migliore distribuzione del calore uniformava meglio la dilatazione dei materiali, permettendo di lavorare a regimi e pressioni maggiori, per picchi spaventosi di 800 Cv. Questo capolavoro di design e ingegneria però non venne mai utilizzato ufficialmente nelle competizioni a causa proprio della cancellazione del Gruppo S ma resta in vita grazie alle rivisitazioni storiche, in particolare sugli unici prototipi esistenti della Lancia ECV1 e sul prototipo museale della ECV2. Chiusa la parentesi rally, con la grande epopea della Delta Integrale, Lombardi venne dirottato nella Ferrari dove in un periodo storicamente difficilissimo per la Scuderia ebbe modo di lavorare sulle ultime storiche vetture V12 della storia del Cavallino portando innovazione e aria fresca e cercando di riorganizzare un reparto in grande crisi.
Gli appassionati di motociclismo poi si ricorderanno anche del suo fondamentale contributo nello sviluppo del motore V4 montato poi sull'Aprilia RSV4 che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento tra le superbike stradali.
Con l’Ingegnere Lombardi se ne va un altro pezzo fondamentale di un’epoca in cui l’Italia e le sue realtà erano in grado di primeggiare a livello mondiale e ciò che è stato e che ha fatto deve essere preso ancora di più ad esempio in un presente che invece troppo spesso sembra dimenticarsi di questa grandissima eredità.