Si salvi chi può! Cosa sta succedendo ai CEO dell'auto europei?

Si salvi chi può! Cosa sta succedendo ai CEO dell'auto europei?
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L'uscita di Luca De Meo dal mondo dell'auto e altri recenti episodi simili legittimano un dubbio: l'industria automotive dell'auto getta la spugna davanti alle sfide cinesi? E la colpa è di Ursula von der Leyen?
16 giugno 2025

Non si può dire che Renault e Dacia stiano navigando in cattive acque, anzi, quindi escludiamo l'"effetto Tavares" dalle ragioni che hanno portato Luca De Meo a uscire dalla Régie. Ci starebbe al contrario una voglia di nuove sfide in settori del tutto diversi, oppure lautissime prebende cui è difficile dire di no, ma la maggior parte delle opinioni punta il dito verso una Caporetto industriale in cui si lascia il campo prima che accada il disastro. Paure, delusioni e ammissioni che serpeggiano da anni nel settore automotive europeo e il caso Wayne Griffiths che ha lasciato Cupra e Seat (tra l'altro, lanciate al successo proprio da De Meo) va in parallelo. Insomma, l'industria europea è una nave che fa acqua, ma attenzione a non limitarsi a dire che è stata tradita solo da politiche del Green Deal irrealistiche e poco lungimiranti. Ci sono stati anche molti "errori interni" e in definitiva un mercato ormai saturo e immobile.

Le parole di De Meo — «lascio un’azienda trasformata, pronta per il futuro» — sono più che vere e suonano come una dichiarazione di missione compiuta ma sottintendono anche la fuga da uno scenario difficile ricco di segnali di un imminente disastro finanziario legato alla scommessa sul full electric, una transizione che non ha trovato terreno fertile come previsto e al contrario sta aprendo spazi ad una concorrenza difficile da contrastare, quella asiatica.

Un mercato saturo e un cambio culturale: l'auto non è più un sogno

Sotto i riflettori finisce la constatazione che in Europa il mercato auto è ormai di sostituzione. In Italia abbiamo 40 milioni di auto su 56 milioni di cittadini, il tasso più alto nel rapporto veicoli/abitanti d'Europa e oggi cambiare macchina non è più il simbolo di status, ma solo una necessità legata ad un parco auto tra i più vecchi in assoluto. I giovani, a differenza delle generazioni passate, non vedono l’auto come un sogno di libertà: A 18 anni la patente era il traguardo, oggi non interessa più così tanto. Questo cambiamento culturale ha reso vano il mito dell’auto come feticcio di progresso, lasciando sul campo marchi iconici in cerca di una nuova ragion d’essere. Alfa Romeo, Jaguar, Maserati — simboli di emozione meccanica — rischiano di diventare solo marchi da vetrina, buoni per edizioni limitate e clienti di lusso. L’automobile  - per la maggior parte degli utenti - è diventata uno strumento che porta da A a B. Fine.

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Colpa di Bruxelles o colpa nostra? Il green deal divide

Molti di voi sosterranno invece che la colpa è tutta a Bruxelles, suddivisa fra chi vede il "Fit for 55" (il piano UE per la riduzione dei gas serra) come la maledizione assoluta e chi pensa sia stato addirittura troppo "permissivo". Io sono dell'idea che l'auto a zero emissioni (non solo a batterie) sia una scelta necessaria per l’ambiente, ma la gestione di questa trasformazione sia stata spinta da una visione idealistica e irrealistica, viziata da una sottostima dei costi e dell'impatto industriale, quasi una vendetta dei decisori europei per quanto successe nel 2014 con il Dieselgate.

Ma la stessa industria che affonda e viene abbandonata ha pesanti responsabilità che si chiamano fare business scellerato in Cina, richieste di incentivi tossici, ricorso alla cassa integrazione cronica e scarsa volontà di innovare in tempo. Così, mentre De Meo si prepara a nuove sfide lontano dall’auto — l’Europa resta bloccata tra auto vecchie che non si vogliono rottamare e auto nuove troppo care per essere comprate.

La lezione di De Meo e le incognite sul futuro

In fondo, anche chi critica De Meo riconosce che abbia fatto ciò che poteva: ha venduto la divisione motori endotermici per finanziare l’elettrico di Renault e Alpine, ma la realtà ha frenato le ambizioni, e molte certezze stanno crollando. Oggi Renault mostra numeri da record grazie a modelli di successo con il marchio Dacia e novità di grande appeal come la R5, ma resta da capire se basteranno a reggere l’urto di un mercato ancora più competitivo, con la Cina in agguato e l’Asia destinata a spostare definitivamente il baricentro dell’industria. Questa storia è però anche un’occasione di riscatto. Forza nuovi CEO, rimboccatevi le maniche e sedete al tavolo con la Commissione Europea parlate dei problemi che state vivendo con coraggio e determinazione, a difesa dei posti di lavoro e dell'auto europea come simbolo di libertà, ingegno tecnico e, perché no, moda e stile. Gucci, Balenciaga e Yves Saint Laurent sono un altro terreno di gioco.

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