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“Terribile!”: quando gli chiediamo del suo rapporto con Mattia Binotto, gli occhi di Nico Hulkenberg si accendono di una luce malandrina, prima che ci risponda scherzosamente in italiano, usando il tipico gesto che gli stranieri associano alla nostra mimica. Hulkenberg è così, sempre pronto allo scherzo, ma anche fiero nelle riflessioni su una carriera che lo ha visto attendere quindici anni prima che potesse salire sul podio a Silverstone. Quando lo incontriamo nell’hospitality della Sauber alla vigilia del weekend di gara della Formula 1 a Monza, è passato abbastanza tempo da quell’exploit perché possa rifletterci sopra.
Vedendolo quasi stralunato in conferenza stampa a Silverstone dopo il suo podio, non avevamo potuto fare a meno di pensare che non avesse ancora realizzato quanto era accaduto. Ma quando si è davvero reso conto di quello che aveva fatto? “Quando è successo ho provato così tante emozioni. C’era così tanto da accogliere in un lasso di tempo molto breve. Ci è voluta una settimana per digerire tutto quello che era successo. Anche nei giorni successivi sono stato molto impegnato, tra la visita in fabbrica in Svizzera e le risposte a tutti i messaggi di congratulazioni che mi erano arrivati da colleghi, amici, fan. L’eco è stata molto grande, travolgente”.
È un risultato che, naturalmente, ha un significato profondo per Hulkenberg. "Ogni pilota fa di tutto per vincere gare e ottenere dei podi. Tenendo conto della mia storia e del tempo che avevo trascorso in Formula 1 senza che succedesse, c’erano molte emozioni da sbloccare. E poi farlo in una gara così, partendo virtualmente ultimo in quelle condizioni, è stato speciale, con un grande portato emotivo per me”. Ha mai pensato che potesse non accadere mai? “Se devo essere onesto, non è qualcosa su cui riflettevo. Era più un argomento rilanciato ogni tanto dalla stampa, perché in fondo era un dato di fatto, una statistica. Ero perfettamente consapevole di quanto fosse difficile cogliere un risultato del genere in circostanze normali con un’auto non competitiva”. E poi, è arrivata la gara da sogno di Silverstone.
Sono passati quindici anni dalla prima stagione in F1 di Hulkenberg, con quella splendida pole in condizioni miste con la Williams a Interlagos. Ma cosa direbbe il Nico del 2010 della sua carriera? “Mi chiederebbe ‘Perché ci hai messo così tanto?’ – riflette con un sorriso -. La F1 è uno sport particolare. Io ebbi una carriera di grandissimo successo nelle formule minori, vincendo praticamente tutto. Arrivai in F1 pieno di energia e motivazione, convinto di lasciare il segno come avevo fatto nelle altre categorie. Ma ci volle poco perché capissi che le dinamiche qui erano un po’ diverse. Se non hai la macchina giusta e il team non è abbastanza competitivo, è difficile smuovere le montagne. Col tempo, però, si impara ad apprezzare i piccoli successi: massimizzare il proprio potenziale, imporsi nella lotta con il tuo compagno di squadra. Forse il Nico del 2010 mi direbbe che avrei dovuto sbagliare meno, ma è più facile a dirsi che a farsi”.
La carriera di Hulkenberg avrebbe potuto prendere una piega diversa se si fosse aggiudicato un sedile in Ferrari per la stagione 2014. Ma quanto fu davvero vicino a quell’ingaggio da sogno? “Dovete chiederlo a Stefano Domenicali”, ci risponde fieramente. Ma quanto gli pesa non avere avuto una chance con una scuderia di punta? “Non mi tormenta. Avrei voluto avere un’occasione, non c’è dubbio. Ogni carriera, però, è diversa. Ci sono arrivato molto vicino tre volte, ma in fondo non importa quanto fosse a portata di mano. Non sono una persona che rimugina sopra il passato, sono semplice, da questo punto di vista. Sono realista. Adoro quello che faccio e mi concentro sul fare del mio meglio per me per la scuderia. Il resto verrà da sé”.
Hulkenberg è una persona molto concreta, concentrata sul qui e l’ora, l’unica dimensione in cui può davvero dare forma al suo futuro. Ma guardando al passato, non esita a riconoscere l’ora più buia della sua carriera. “Faticai nel 2019, al mio ultimo anno con la Renault. Non mi sentivo più a mio agio in Formula 1, e l’atmosfera con il top management dell’epoca non era delle migliori. Non mi divertivo più, e questo ebbe una ripercussione evidente sulle mie prestazioni. Le cose non mi venivano più naturali come avrebbero dovuto. Fu un periodo difficile, che mi portò a desiderare una pausa”. Poi arrivò il COVID, e con lui l’occasione di tornare in lizza come sostituto d’eccellenza.
Nel 2020 Nico disputò tre GP, in sostituzione di Sergio Perez e Lance Stroll in Racing Point. “Fu un’opportunità per far riportare il mio nome all’attenzione dei team principal, ricordando a tutti che ero disponibile e avevo ancora la forma per dire la mia. Con il senno del poi, penso che avere queste occasioni in un momento in cui avevo bisogno di prendermi una pausa dalla F1 sia stata la combinazione perfetta per aprirmi di nuovo le porte della F1 con la Haas”. Per il Gran Premio dell’Eifel al Nürburgring, Hulkenberg fu chiamato all’ultimo minuto il sabato mattina per rimpiazzare Stroll, e corse a rotta di collo verso la sua Germania, inseguendo la sua chance.
Ma quanto è difficile tornare in macchina con un preavviso nullo? “Ovviamente non è semplice fare ritorno con poco tempo a disposizione nelle prove libere. Ma saprò sempre come guidare una macchina. È quello che mi riesce meglio e che sono preparato a fare. Bisogna fidarsi del proprio istinto, senza complicarsi troppo l’esistenza. E se devo essere sincero, essere buttato di nuovo nella mischia senza troppo tempo per adattarsi mi piacque. Avevo tutto da guadagnare e nulla da perdere, visto che non c’erano così tante aspettative nei miei confronti”. Poi sarebbe arrivata la chance in Haas, e la chiamata di Audi per fare parte della sua avventura in F1, a cominciare dall'ultimo anno come Sauber.
Hulkenberg è sempre stato molto efficace in qualifica, capace com’è di spremere il massimo dalla sua vettura. Ma quest’anno sta accusando delle difficoltà in quello che era il suo punto forte. ”Credo che sia tutta questione di armonia – riflette -. Il pilota deve sentirsi tutt’uno con la macchina per avere la fiducia necessaria a spingersi al limite. Lo facciamo in modo molto estremo in qualifica, e io non ho la giusta sintonia con questa macchina affinché lo possa fare. È come una scarpa che ti stringe il piede quando cammini, è scomoda. Si tratta di un grosso problema in Q1 e in generale nelle qualifiche di oggi, con margini sull’ordine del centesimo. È un aspetto su cui mi sto concentrando molto”.
Accanto a lui in Sauber quest’anno ha trovato il rookie Gabriel Bortoleto, con cui ha un rapporto genuino. “Andiamo d’accordo davvero, non è per finta. Mi ricorda molto a parti inverse il rapporto che avevo con il mio compagno di squadra, Rubens Barrichello, quando debuttai in F1. Mi trovo bene a lavorare con lui. Penso che Gabi sia un talento eccezionale, molto veloce, anche nell’apprendimento. È un gran lavoratore e commette pochi errori. Nutro un grande rispetto per lui, e credo che se dovesse continuare sulla strada che ha intrapreso avrebbe una carriera fantastica in F1”. Bortoleto e Hulkenberg costituiscono una coppia ben bilanciata, che ha indubbiamente beneficiato del miglioramento delle prestazioni della C45 nel corso della stagione.
“Ci serviva un cambio di passo e da Barcellona abbiamo finalmente trovato la quadra con questa macchina. L’inizio della stagione è stato piuttosto deludente per noi. Non eravamo veloci né in qualifica, né in gara, e la gestione delle gomme non era buona. Con l’aggiornamento di Barcellona abbiamo superato i problemi, e oggi possiamo competere per dei punti a centro classifica”. E il fatto che il lavoro dei tecnici coordinati da Binotto sia efficace è un buon segno anche per il prossimo ciclo tecnico: “È importante in ottica futura che i processi, la capacità di comprensione della monoposto e la correlazione migliorino nel tempo”, osserva Nico.
Audi approderà in F1 con il blasone di una casa che ha vinto moltissimo nelle altre categorie in cui si è cimentata. Ma è inevitabile che all’ingresso nel Circus debba scontare lo scotto della relativa inesperienza rispetto agli altri costruttori. Hulkenberg teme di non potersi godere i frutti del suo lavoro, visto che i successi potrebbero farsi attendere? “Nessuno può rispondere a questa domanda con cognizione di causa ad oggi. È tutto così incerto. Tutti stanno facendo congetture sugli altri. Ovviamente abbiamo un piano a lungo termine con obiettivi ben precisi, e con un team costruttore, vogliamo avere successo. E io voglio far parte di questo percorso”.
“Non mi aspetto di poter competere per la vittoria con costanza l’anno prossimo. Sarebbe troppo presto, e non farebbe che aumentare la pressione sul resto. Vogliamo essere competitivi. Per quanto tempo farò parte di questo team dipende delle circostanze, dalle mie prestazioni. Mai dire mai. Per me la cosa fondamentale è vivere qui e ora, godermi quello che faccio, avere la fame e il desiderio di essere qui, di puntare alla perfezione. Il resto verrà da sé”. Ed eccola di nuovo qui, la disposizione d’animo serena tradita da chi sa di poter influire solo su ciò che può controllare direttamente, e non si fa tormentare dal resto.
Ma cosa ne pensa Hulkenberg del prossimo ciclo tecnico della F1? “So che è un regolamento controverso. Non voglio avere preconcetti. Non ho ancora provato la macchina, e in ogni caso potrebbe essere molto diversa a marzo. Voglio essere di vedute aperte. E se devo essere onesto, non vedo l’ora del nuovo regolamento tecnico, perché con le monoposto attuali abbiamo plafonato. Con monoposto nuove, c’è sempre così tanto da imparare. Al momento è tutto così statico, invece”. È questa volontà di voler essere sempre messo sulle spine, di affrontare l’inaspettato, che rende Hulkenberg ancora affamato di F1, nonostante ad agosto abbia compiuto 38 anni.
“La motivazione arriva dalla passione per quello che faccio. Amo la Formula 1, la competizione, surclassare gli avversari. È ciò che desideriamo tutti. Ovviamente, però, ci sono vincitori e perdenti. È la natura dello sport in generale e della F1 in particolare. È un privilegio incredibile essere uno dei 20 piloti al mondo a competere in F1. E la sensazione di spingere al massimo, portando la macchina al limite, resta impagabile. Mi piace molto anche essere costretto a uscire dalla mia zona di comfort, non avere il pieno controllo della situazione e dover superare questa sfida. Non è facile, ma so che mi mancherà”. Di rimpianti dice di averne pochi, e "nessuno di questi mi fa star sveglio la notte. Va bene così”.
L’atto finale della sua carriera lo vivrà sotto la guida di Binotto, per cui spende parole al miele. “Abbiamo un buon rapporto. Molto diverso da quello che mi aspettavo. Conosco Mattia da 15 anni, ma non ho mai avuto una connessione, un rapporto personale con lui. Ora che lo conosco molto meglio posso dire che è molto piacevole lavorare con lui. È una persona molto speciale, molto precisa, molto ambiziosa. È una boccata d’aria fresca. Sono contento sia qui con noi. È un ottimo leader”. È t.utt’altro che terribile, la sua intesa con Binotto. Ma Hulkenberg trova nuova linfa nella sua vena scanzonata. In fondo, è anche così che Nico si mantiene giovane, correndo più veloce del tempo che passa.