Solo tre team pronti alla rivoluzione 2026 in F1: chi nasconde gli errori rischia il fallimento

Solo tre team pronti alla rivoluzione 2026 in F1: chi nasconde gli errori rischia il fallimento
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La stagione 2025 di Formula 1 volge al termine e l’era delle monoposto ad effetto suolo sta per chiudere il suo capitolo finale. Tra colpi di scena in pista e strategie manageriali vincenti, solo chi ha costruito un team solido e trasparente può guardare al 2026 con fiducia. McLaren, Red Bull e Mercedes insegnano che in Formula 1 non basta velocità: servono metodo, coraggio e visione. Chi sarà pronto alla rivoluzione del prossimo anno?
11 novembre 2025

La stagione 2025 di Formula 1 sta ormai per volgere al termine. Con il ventunesimo appuntamento archiviato, soltanto tre Gran Premi – Las Vegas, Qatar e Abu Dhabi – mancano all’appello. E con la bandiera a scacchi che si avvicina, è arrivato il momento di tirare le somme dell’ultimo mondiale caratterizzato dall’attuale generazione di vetture ad effetto suolo. Negli ultimi quattro anni il Circus è cambiato profondamente: chi ha trovato la chiave tecnica e gestionale per emergere, come McLaren e Red Bull, oggi detta il ritmo; chi non l’ha trovata è rimasto intrappolato in cicli viziosi difficili da spezzare.

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Le gerarchie nel Mondiale Costruttori possono essere già quasi delineate. È stata una stagione tiratissima, combattuta al cardiopalma, in cui – esclusa la McLaren – i valori in pista sono variati con estrema facilità. Ogni micro-variazione di fattori ha scatenato saliscendi continui, aprendo scenari imprevedibili soprattutto nelle zone di centro e fondo classifica. Un epilogo perfetto per salutare l’ultimo anno di questo regolamento tecnico, destinato ad andare in pensione con Abu Dhabi prima di lasciare spazio alla rivoluzione del 2026.

Un aspetto, però, sopravviverà a questa era: la gestione interna dei team. Chi in questi mesi ha affinato organizzazione, processi decisionali e comunicazione, si presenterà al via del 2026 con un vantaggio competitivo significativo. Al contrario, chi non è riuscito a costruire una struttura solida si ritroverà a rincorrere sin dal primo giro. McLaren e Red Bull, sotto questo punto di vista, hanno trovato un vero e proprio sweet spot: equilibrio perfetto, risorse ottimizzate, leadership ingegneristica. Un’impronta manageriale chiara e riconoscibile.

La trasformazione della McLaren porta la firma di Andrea Stella, che fin dall’arrivo a Woking in qualità di team principal ha posto la trasparenza – interna ed esterna – come pilastro non negoziabile. All’inizio dell’era ad effetto suolo, con una monoposto in evidente ritardo tecnico, il team papaya ha affrontato la crisi senza alibi. Nessuna propaganda, poche parole, molto lavoro. La ricostruzione, silenziosa e chirurgica, si è tradotta in due titoli consecutivi: una scalata metodica, figlia di visione e disciplina.

Un approccio operativo lineare, condiviso e replicabile, che oggi ritroviamo anche in casa Red Bull. Da quando Laurent Mekies ha preso il posto di Christian Horner, la squadra ha ritrovato un quadro chiaro: riconoscere gli errori, analizzarli, farli diventare know-how. L’ultima dimostrazione è arrivata in Brasile: un assetto sbagliato nella Sprint ha compromesso la competitività di Max Verstappen e Yuki Tsunoda; qualifiche insufficienti hanno costretto il team a una scelta drastica, infrangendo il parco chiuso per cambiare power unit e settare la monoposto su un profilo più scarico, ideale per la rimonta dalla pit-lane.

“Sentivamo che non avevamo le finestre di assetto ottimali. Abbiamo provato a cambiare la nostra vettura in quel momento prima delle qualifiche principali. Ovviamente abbiamo sbagliato, ma è così che guidiamo. Ci prendiamo dei rischi, e se non ci prendiamo una tale quantità di rischi, non pensiamo di poter vincere. Quindi abbiamo corso quel rischio. Non ha funzionato. È doloroso. Abbiamo sbagliato le qualifiche, ed è questo il punto. Ma ripeto, abbiamo corso molti di questi rischi negli ultimi mesi. Insisto: è il modo in cui questa squadra corre. Questo è lo spirito delle nostre corse attuali. Abbiamo avuto i nostri alti e bassi”, ha dichiarato Mekies.

Non va dimenticata poi la Mercedes, squadra che negli ultimi anni ha rappresentato un punto di riferimento per organizzazione e gestione dei talenti. Sotto la guida di Toto Wolff, il team di Brackley ha sviluppato un modello manageriale capace di combinare leadership tecnica e visione strategica, valorizzando giovani piloti e ingegneri senza perdere di vista la performance in pista. Anche se il 2025, ma in generale l'era ad effetto suolo, non ha sempre rispettato le aspettative della squadra, Wolff ha saputo mantenere coesione e fiducia all’interno del box, evitando panico e scelte affrettate nei momenti critici. Questa solidità organizzativa ha fatto sì che, all’interno del paddock, Mercedes venga oggi percepita come una delle favorite per la Power Unit 2026, con molti addetti ai lavori pronti a scommettere sulla capacità del team di arrivare al nuovo regolamento con un vantaggio tecnico significativo

In un mondo come quello della Formula 1, dove ogni decimo vale milioni e ogni dettaglio può ribaltare gerarchie consolidate, l’illusione dell’infallibilità è il primo passo verso il declino. Le squadre che hanno saputo esporsi, mettere a nudo le proprie fragilità e trasformarle in carburante per la crescita sono oggi quelle che dettano il passo. Il 2026 non perdonerà improvvisazioni né giochi di facciata: serviranno visione, metodo e il coraggio di ammettere quando si sbaglia. McLaren e Red Bull lo hanno capito in tempo; altre sembrano ancora inseguire una stabilità che non arriva. E in un paddock sempre più trasparente, dove ogni scelta viene amplificata e ogni passo falso pesa come un macigno, la capacità di evolvere non sarà più una virtù: sarà l’unico modo per sopravvivere.

ANSA
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