Dal boom del Made in Japan al Made in China: così è cambiata l'industria automobilistica globale

Dal boom del Made in Japan al Made in China: così è cambiata l'industria automobilistica globale
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Le auto elettriche cinesi stanno divorando le rivali giapponesi
11 ottobre 2025

Tra gli anni '70 e i '90 erano le auto giapponesi a far tremare l'industria automobilistica occidentale. Era l'epoca delle Toyota, delle Honda, delle Nissan: auto affidabili, economiche e, tutto sommato, tecnologicamente avanzate.

Oggi la storia sembra ripetersi ma con nuovi protagonisti e un'accelerazione inedita. Dimenticatevi il Giappone. È infatti dalla Cina che arrivano veicoli elettrici e smart hi-tech, frutto di investimenti miliardari, politiche industriali aggressive e una visione a lungo termine di Pechino. Marchi come BYD, Nio, XPeng e Geely stanno ridisegnando gli equilibri globali dell'intero settore delle quattro ruote. Il Made in China fa impallidire i brand occidentali e ha, di fatto, preso il posto del vecchio Made in Japan.

Tra le vittime più gravi dell'avanzata delle auto elettriche cinesi troviamo le quattro ruote giapponesi. Il quadro è più o meno il seguente: in Cina, ossia nel più grande mercato automobilistico del mondo, le case automobilistiche nipponiche lottano per la sopravvivenza, mentre i loro concorrenti locali sfornano nuovi modelli a ritmi serrati.

Le stesse aziende cinesi si stanno spingendo in profondità nel Sud-est asiatico, guadagnando terreno in quella che fino a pochi anni fa era una roccaforte per marchi storici come Toyota, Honda e Mitsubishi. Come ha sottolineato Bloomberg, tra il 2019 e il 2024 i colossi giapponesi hanno subito le maggiori perdite di quote di mercato in Cina, Singapore, Thailandia, Malesia e Indonesia.

La diagnosi è tremenda: se Toyota, la casa automobilistica numero 1 al mondo per volume, riesce ancora a mantenere la sua posizione in alcuni segmenti - come quello dei pick-up - il quadro generale è preoccupante per le aziende Made in Japan un tempo considerate pioniere in termini di efficienza e affidabilità. Peggio ancora: l'apocalisse in corso nel continente asiatico rischia di preannunciare un potenziale declino delle auto giapponesi anche in Europa e negli Stati Uniti (che pure mantengono dazi elevati sulle auto cinesi).

I guai del Made in Japan

Il più grande problema delle case automobilistiche giapponesi è che hanno ritardato il loro passaggio ai veicoli completamente elettrici. Morale della favola: sono rimasti indietro rispetto ai rivali cinesi in un settore nel quale i vincitori vengono scelti sulla base di batterie e software di ultima generazione. Il vantaggio duraturo di Toyota nel Sud Est Asiatico, una delle poche note positive da evidenziare per l'automotive nipponica, deriva dalla capacità produttiva dell'azienda nella regione; non a caso Thailandia e Indonesia, insieme, hanno rappresentato quasi il 10% dei circa 11 milioni dei suoi veicoli prodotti nel 2023.

I marchi giapponesi stanno adesso cercando di reagire investendo in partnership e progetti a lungo termine per ridurre il gap con i concorrenti del Dragone. All'inizio di quest'anno Toyota ha presentato i prototipi di un cosiddetto motore a combustione a zero emissioni di carbonio, che potrebbe aiutarla a migliorare ulteriormente la sua tecnologia ibrida. Sta inoltre sviluppando una propria piattaforma software per competere con le caratteristiche di lusso dei veicoli elettrici cinesi.

Nel frattempo, Honda, Nissan e Mitsubishi stanno perfezionando una partnership avviata quest'anno per collaborare su software e infrastrutture per veicoli elettrici. La situazione resta tuttavia delicatissima. Se 20 anni fa il Giappone valeva più di un quinto della produzione automobilistica mondiale, il 21,6% contro l'1,4% cinese, oggi quella cifra è scesa all'11%. Contro il 38,4% della Cina.

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