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Non c'era Elon Musk. Al suo posto, a Shanghai, in Cina, in occasione dell'inaugurazione della nuovissima Megafactory dedicata alla produzione delle batterie ad accumulo di energia, note come Megapack, era presente Mike Snyder, vice presidente di Tesla. L'azienda automobilistica statunitense guidata dall'ex “Doge” di Donald Trump continua, dunque, a puntare sull’Asia per incrementare il proprio business. Ricordiamo che nel 2019 Musk era riuscito a convincere i funzionari di Pechino per aprire, sempre a Shanghai, la Gigafactory che oggi sforna Tesla Model 3 e Tesla Model Y destinate anche ai mercati occidentali.
Ma non c’è solo la Cina nel destino della “grande T”, visto che sono sul tavolo nuovi investimenti sparsi in tutto il continente. In India, per esempio, dove il primo ministro Narendra Modi sarebbe ben felice di accogliere Tesla per migliorare l’immagine del Paese, così come lo sarebbe Musk di fronte all’ipotesi di entrare nell’immenso mercato automobilistico di Delhi (al momento off limits per dazi altissimi). O addirittura in Giappone, un tempo feudo di brand locali come Toyota, Honda, Nissan e Suzuki, ma ora non più impenetrabile come qualche anno fa. Non è un caso che – sussurrano varie fonti – un gruppo di investitori nipponici starebbe spingendo Tesla a investire proprio in Nissan (e a farle pure acquisire gli stabilimenti che quest’ultima possiede negli Stati Uniti).
A parte i recentissimi litigi con Donald Trump, Elon ha visto i conti di Tesla del 2024 con un calo delle vendite previste ma con 36,56 miliardi di dollari in liquidità e mezzi equivalenti, il che le garantisce un’ingente riserva di denaro per effettuare potenzialmente qualsiasi accordo e non è detto che questi progetti di espansione non fossero già il "Piano B" vista l'avversione di Trump per le elettriche e il rallentamento delle vendite in USA.
L’Asia – e in generale accordi e piani che riguardino e comprendano il continente orientale– è un boccone prelibato per Musk per almeno due ragioni. La prima: sul fronte delle vendite il ring asiatico è formato da mercati enormi, molti dei quali in continua crescita. La seconda: sul fronte della produzione i costi sono più bassi rispetto a quelli occidentali. Da questo punto di vista, l’India rappresenta una suggestione interessantissima per Tesla. Delhi si è impegnata a diventare un polo manifatturiero globale, e ha già convinto alcune grandi aziende come Apple a insediarsi e ad espandere la produzione nel Paese. Pare addirittura che Tesla stia reclutando e cercando showroom sul territorio indiano in seguito all’incontro andato in scena alla Casa Bianca tra Modi e Musk. Nel 2024 l’India ha introdotto una politica sui veicoli elettrici per abbassare i dazi all’importazione dal 70% circa al 15%. C’è chi sostiene che questa politica sugli EV rappresenti una mossa mirata per fare leva sugli interessi commerciali di Tesla, segnalando la disponibilità dell’India a supportare la produzione di veicoli elettrici del marchio USA. In ogni caso ci sarebbero eventuali nodi da sciogliere. Secondo una ricerca della Bank of America, se Tesla dovesse penetrare nel mercato indiano, il prezzo minimo delle auto in vendita localmente si aggirerebbe intorno ai 40.000 dollari (troppo alto per gli standard locali). In una nota di ricerca di BNP Paribas si legge che la produzione locale in India non avrà senso a meno che Tesla non riesca a ridurre i prezzi dei suoi veicoli al di sotto dei 30.000 dollari per consentirne la produzione in grandi volumi. E qui rientrerebbe in gioco la leggendaria "25k dollar car" (o Tesla Model 2 o Model Q).
Le sfide, si sa, appassionano Musk. Non è però ancora chiaro se il CEO di Tesla intenda puntare solo su Cina, unita eventualmente a India e Giappone, o anche sul Sud Est asiatico. Fino a un anno fa l’espansione nei mercati ASEAN era considerata una priorità dai funzionari dell’azienda statunitense, che adesso sembrerebbero aver fatto retromarcia. Tesla ha infatti accantonato il progetto di costruire stabilimenti di produzione di veicoli elettrici in Thailandia (per concentrarsi esclusivamente sulle stazioni di ricarica), Malesia e Indonesia, consentendo alle EV made in China di espandersi a queste latitudini. L’azienda ha nel frattempo aumentato la sua presenza in Giappone e Corea del Sud, vendendo auto in scia con la crescente domanda di veicoli elettrici, anche se la concorrenza locale rimane elevata. La sensazione è che Musk intenda scommettere tutto o quasi sul binomio Cina+India.
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