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Come diavolo hanno fatto i cinesi rubare la corona delle quattro ruote all'Occidente? Ok, c'è al governo il Partito unico che detiene il potere assoluto e il controllo sull'economia, ma può essere solo questo? Come hanno fatto a trasformarsi, di fatto, nell'epicentro dell'innovazione su strada? Il processo è stato lungo, frutto di un'attenta programmazione ma anche caratterizzato da qualche zona d'ombra. Dobbiamo partire dal 2009, l'anno in cui la Cina è diventata il più grande mercato automobilistico del pianeta, e arrivare al 2024, quando le vendite cinesi hanno toccato le 31 milioni di unità, più di quelle di Stati Uniti e Unione Europea messe insieme. Cosa è successo negli ultimi 15 anni? Fino a poco tempo fa l'industria automobilistica cinese si limitava a produrre macchine (per giunta poco attraenti) destinate al mercato interno, attraverso joint venture con brand europei, statunitensi e giapponesi. Poi? Con la salita al potere di Xi Jinping, nel 2013, il gigante asiatico ha ampliato il proprio raggio d'azione. Nell'arco di un decennio la Repubblica Popolare Cinese sarebbe così diventata il principale esportatore mondiale di auto superando Germania e Giappone, in linea con l'ambizione di Xi di dominare la leadership tecnologica e industriale globale.
C'è poco da dire: tendenze e tecnologie automobilistiche vengono ormai definite, lanciate e presentate in Cina. Le preferenze dei consumatori locali riflettono la tendenza, visto che nel 2024 hanno scelto marchi autoctoni nel 65% dei casi mentre nel 2019 sceglievano al 60% brand stranieri. Ma quali sono i brand di punta del Dragone, quelle che se fossimo in Europa sarebbero le Mercedes, Audi e BMW? Esistono centinaia di sigle. Troviamo i grandi produttori statali come la Shanghai Automotive Industry Corporation (SAIC) – che gestisce tra gli altri Roewe, Maxus o MG – aziende private come Geely e pure nuovi colossi hi-tech recentemente tuffatisi nel business delle auto, come Xiaomi. E poi troviamo BYD, il marchio dei marchi, il brand con la “b” maiuscola che vanta il 32% delle vendite di veicoli elettrici e ibridi in Cina. Le Monde ha fatto notare che alcuni marchi cinesi riescono a sviluppare nuovi modelli in meno di un anno, mentre i produttori stranieri ne impiegano circa tre. E ancora: il più importante produttore mondiale di batterie, CATL (37,9% del mercato globale nel 2024), cinese, offre telai elettrici già pronti per i brand che desiderano lanciare rapidamente un'auto. Cosa significa tutto questo? Semplice: che le case automobilistiche d'oltre Muraglia sprintano sfruttando la combinazione tra l'elevatissimo grado di hi-tech a livello nazionale – che consente loro, per esempio, di sviluppare veicoli a guida autonoma e dotati delle ultime tecnologie legate all'intelligenza artificiale – con solide catene di approvvigionamento (la batteria? Non serve importarla, è pronta in “casa”).
Ok, ma perché il Dragone domina il settore mondiale delle auto? Bisogna senza dubbio considerare, come anticipato, lo sviluppo tecnologico della Cina in tutti i settori hi-tech e le catene di approvvigionamento pressoché blindate. Ma anche il know how raccolto, nel corso degli anni, e perfezionato dai brand cinesi che hanno lavorato con i partner occidentali, insieme alle ambizioni di Xi Jinping e alla necessità dell'intero Paese di affidarsi a mezzi green per abbattere l'inquinamento. L'acquisto di auto elettriche e ibride, non a caso, è stato ampiamente sovvenzionato dallo Stato. Il Center for Strategic and International Studies ha sottolineato in un recente policy brief in merito all'ascesa automobilistica cinese che "è difficile distinguere dove finiscono i sussidi (del governo cinese, ndr) e dove inizia l'innovazione". Il think tank ha stimato che, tra il 2009 e il 2023, il sostegno statale ufficiale di Pechino al settore dei veicoli elettrici abbia raggiunto circa 230,9 miliardi di dollari. E pensare che 20 anni fa gli ingegneri tedeschi ironizzavano sui prototipi delle nuove automobili presentati dai loro partner cinesi in joint venture, prototipi che molto spesso erano copiati e incollati dalle pubblicità di modelli teutonici. "Non avevano idee proprie, stavano solo copiando", ha raccontato al Financial Times un dirigente software senior di una casa automobilistica tedesca che oggi guarda, studia e cerca di imitare le tecnologie presenti nei modelli cinesi.
E allora, è più merito loro o forse noi europei siamo stati troppo ingenui?
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