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La Ferrari ha subito un crollo delle sue azioni in Borsa nella giornata di ieri, con una flessione del 16% in mattinata e una chiusura del titolo in ribasso del 15,4% a 354 euro. I tifosi della Rossa in Formula 1 sono stati molto veloci nel puntare il dito contro le performance del Cavallino nella massima serie del motorsport, che, come sottolineato da John Elkann e Benedetto Vigna, devono migliorare, con l'obiettivo di tornare a vincere. Il motivo di questa flessione ovviamente non dipende da tutto questo, ma dalla presentazione dei target industriali 2030 del Cavallino rampante, avvenuta al Capital Markets Day di ieri.
In molti hanno imputato questo calo alla risposta del mercato alla presentazione dei dettagli tecnici della prima Ferrari 100% elettrica della storia del marchio, arrivata in un momento in cui l’elettrificazione sta subendo una brusca frenata, con la domanda di veicoli green nettamente inferiore rispetto alle previsioni di qualche anno fa. Ma la Ferrari elettrica costituirà sostanzialmente una nicchia nella gamma della Rossa, almeno fino al momento in cui la chimica delle celle consentirà di sviluppare una supercar elettrica che sia una vera Ferrari per dinamica di guida e prestazioni, al di là di potenze da capogiro facilmente erogabili con un powertrain elettrico. La Ferrari, attraverso la voce del suo CEO Benedetto Vigna, ha ribadito la sua neutralità tecnica per il futuro.
Qualsiasi tecnologia può essere esplorata nella corsa all’innovazione che ha sempre contraddistinto il marchio, dai tempi in cui Enzo Ferrari credette strenuamente nel V12, nonostante lo scetticismo su questa architettura. Ma che la Ferrari elettrica non sia destinata ad avere un ruolo centrale nell’offerta della Rossa lo si capisce dalle previsioni sul mix di prodotto riviste rispetto al 2022. Tre anni fa, la Ferrari prevedeva di commercializzare il 40% di elettriche, il 40% di ibride e il 20% di endotermiche nel 2030. Oggi, invece, si parla di un 20% di elettriche e di un 40% di endotermiche.
La Ferrari elettrica – nel corso del Technology and Innovation Workshop e del Capital Markets Day a cui abbiamo partecipato è stato ribadito più volte – è un prodotto pensato in primo luogo per una clientela che non acquisterebbe una vettura della casa di Maranello se non fosse 100% green. Si tratta quindi di un modello concepito per ampliare la clientela, anche se verrà proposta ai collezionisti, alcuni dei quali hanno mostrato un certo interesse, oltre ad apprezzare la scelta di una carrozzeria quattro porte per questo modello, data la tecnologia disponibile a oggi sul fronte dell'elettrico.
Resta qualche dubbio sul valore residuo a tendere di questo modello, come già accade per l’ibrido. L’innovativo pacco batteria della Ferrari elettrica è concepito per poter essere sostituito facilmente e consentire la potenziale adozione di tecnologie avanzate a tendere. Ma se è vero che una Ferrari è per sempre – il 90% delle vetture prodotte nell’intera storia della casa di Maranello è ancora “in vita”- resta da capire come la Elettrica possa rispondere all’evoluzione della tecnologia green tra venti o trent’anni. Va anche detto, in ogni caso, che il valore residuo delle Ferrari in media negli ultimi tempi è sceso, semplicemente per lo scoppio di una bolla speculativa che in alcuni casi vedeva prezzi a livello del nuovo o più elevati.
Il vero motivo del calo in Borsa della Ferrari è da ricercare in un piano finanziario che il mercato ha giudicato troppo conservativo, soprattutto a fronte dei risultati notevoli colti negli ultimi anni e all’innalzamento dei target per il 2025. I ricavi sono stati portati a 7,1 miliardi di euro, contro i 7 miliardi della previsione precedente, e l’utile per azione è stato portato da 8,6 a 8,8 euro, tanto per menzionare due parametri. A colpire negativamente il mercato è stato soprattutto il dato riguardante l’EBIT, con una crescita media annuale prevista del 6%, contro il 10% del piano finanziario al 2026. Bisogna tenere però conto di un contesto che vede la Ferrari avere in Borsa un valore nettamente superiore rispetto alle altre case auto.
La crescita sperimentata dal titolo negli ultimi dieci anni ha portato la casa di Maranello ad avere valori paragonabili a un’azienda del lusso. E chi ha puntato sulla crescita a rotta di collo della Ferrari ieri potrebbe aver deciso di vendere le proprie azioni, restando fedele al motto per cui è meglio farlo quando arrivano notizie certe. Come quelle di un piano conservativo che punta a consolidare ancora di più un’eccellenza italiana che non vuole assolutamente snaturare la sua identità in favore di un aumento dei volumi.
Benedetto Vigna lo ha ribadito in occasione della presentazione del piano finanziario 2030 della Rossa. A livello di volumi, anche i modelli più accessibili della gamma devono comunque mantenere l’esclusività che da sempre contraddistingue quello che oggi a Maranello chiamano Ferrariness. È il senso di appartenenza a un marchio che è stato sì capace di far sognare le masse, soprattutto con le sue vittorie nel motorsport, ma anche con vetture iconiche, aspirazionali. È questa la vera forza di un’azienda solida, che in un momento di grande difficoltà per il settore automotive punta alla concretezza.