Icona: non solo EV e non solo Cina. Intervista al presidente innamorato del design Teresio Gaudio [realizzata prima di Covid-19]

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L’azienda italiana che compie dieci anni, è sempre più attiva a livello globale con design di modelli auto non solo elettriche e non solo per la Cina. Il presidente e CEO Teresio Gaudio apre a nuovi progetti, pronti a toccare anche l’Europa e spiega come si è evoluta la filiera dell’auto cinese: questione di visione politica e aziendale
9 aprile 2020

Di Icona Design vi abbiamo già parlato in passato. L’azienda italiana che, oltre a quella di Torino, vanta sedi anche a Shangai e Los Angeles, è pronta ad affrontare il 2020 forte di una storia decennale. Già, era il 2010 quando Teresio Gaudio, dopo esperienze intense come quelle di risanamento di aziende in crisi del calibro di Aprilia, Fiamm e Bertone, scopre il suo nuovo amore. Lo scopre lavorando per il design dell’auto e per la “sete” cinese di quello che l’Italia può dare. Sebbene non certo ragazzino (classe 1938) Gaudio avvia il percorso che ha portato oggi Icona a essere una delle aziende fornitrici dei maggiori produttori auto cinesi e non solo. Il marchio italiano è infatti “dietro”, non sempre noto o leggibile esternamente, al design di auto e di vari elementi che si trovano su veicoli soprattutto asiatici, ma anche di altre nazioni. Ci sono casi popolari, di piccole auto che riempiono strade lontane da noi fatte secondo lo stile Icona, ma anche casi di estrema nicchia meno distanti. Non molti direbbero che quel “macchinone” con a bordo il tal VIP straniero, ha tratti nati dalle matite dei designer dell’azienda amministrata da Gaudio. Tra le concept-car note di Icona, viste anche a Saloni internazionali dell’auto negli ultimi anni, si ricordano le belle Fuselage e Vulcano, poi Neo e l’ultima nata, Nucleus.

Teresio Gaudio
Teresio Gaudio

Storia italo-cinese

Prima di conoscere tutte le attività di Icona, vale la pena ripercorrere il cammino che ha portato a una realtà oggi capace di impegnare 130 addetti su tre sedi, con molti giovani designer in forza soprattutto per il mercato cinese. Era il 2009 e si faceva largo nell’industria, dopo che nella finanza, la crisi globale. In Cina però le Case auto e la filiera della mobilità correvano forte. Tanto forte e con modi propri, diversi da quello europeo, che un imprenditore italiano ha visto come farsi strada.

“Esattamente – spiega Gaudio - prima la crisi inizialmente solo finanziaria ha colpito poi tutti i settori industriali e, tra questi, il settore automotive. In particolare le aziende del mondo occidentale, in crisi di liquidita’, stentavano a lanciare nuovi progetti e inoltre avevano la tendenza a svilupparli internamente. In Cina al contrario: si vedeva una crescita dell’auto quasi folle, con dei tassi di crescita che hanno toccato anche +40%”.

In quel Paese, sarebbe cambiato il modo di vedere e di produrre le automobili, di lì a poco. “Prima si compravano auto dalla Russia, poi da fine anni Ottanta si è aperto un mercato, grazie alle frontiere liberate dal Governo. Non del tutto, ma ci sono man mano arrivati in molti con delle joint-venture (tutti i costruttori auto esteri, tranne la Fiat)”.

Le grandi Case auto anche europee s’insediavano in Cina, grazie a partnership, ma usando i propri modelli. “Dopo anni di grande crescita, i cinesi si accorgono che pur producendo molto per il settore auto, loro sarebbero sempre rimasti dei terzisti in quel modo. Produzione alle stelle ma titolarità dei marchi agli stranieri”.

Il Governo cinese decide che si debbano creare dei marchi al cento per cento nazionali con un loro portafoglio prodotti: dalla city car al SUV, alle sedan e stanzia finanziamenti ingenti per realizzare l’obiettivo. Una sfida epocale per i costruttori abituati finora a produrre auto progettate altrove e la necessita’ di ricorrere a competenze che non hanno internamente e che spesso non sono neppure reperibili sul mercato interno. Le case auto cinesi avevano imparato nell’ambito delle joint-ventures con i costruttori stranieri a produrre sulla base dei progetti importati ma mancavano delle competenze relative al marketing, al design, alla progettazione, alla prototipazione, al testing, ecc.. Fino ad arrivare all’inizio della produzione.

Ecco allora il fiorire di una crescente domanda per queste competenze e di conseguenza la possibilità per il lavoro di consulenti esperti internazionali, se le aziende cinesi si mettono a fare tutto in casa per la prima volta. “Sono stati incentivati a proporre nuove attività, il che ha generato una domanda di servizi incredibile”.

Perché un conto farle per i costruttori storici, un altro mettersi a farle in proprio, le automobili. “Non avevano le competenze e soprattutto per il design, si dovevano rivolgere a chi ne era più capace”.

Qui nel Vecchio Continente certi carrozzieri storici chiudevano i battenti o quasi, voi invece vi lanciavate. “Intuizione ma anche la conoscenza del loro mondo. Ho lavorato in Cina per anni, seguendo le aperture e le attività di varie aziende europee che facevano produzione in quei luoghi. Abbiamo capito quali erano i loro bisogni e come soddisfarli meglio di altri”.

In quale modo. “Per esempio essendo direttamente sul luogo, senza continue trasferte di molte persone e rimbalzi verso l’Europa, per realizzare i nostri modelli di auto: abbiamo portato i designer in Cina”.

Da Torino alla Cina, portando il nostro design. Solo qualche anno addietro non sarebbe stato scontato. ”Lo abbiamo capito, non certo i soli ma nel momento giusto. Abbiamo costituito la società e aperto a Shangai, con cinque persone.”

Come è possibile farsi spazio, in Cina, nel nuovo secolo. “Nel 2010 abbiamo pensato di esporre a Shangai un nostro modello. Non è stato facile, ma siamo riusciti ad avere un posto buono al Salone per il nostro stand. Esponendo la Fuselage, che nel 2011 era un‘auto elettrica innovativa, a suo modo. Da lì abbiamo acquisito i primi clienti, tra cui anche produttori importanti come il gruppo FAW (First Automobile Works, a capo di oltre dieci marchi automobilistici). La crescita in Cina era così forte che abbiamo dovuto aprire uffici e rafforzarci per seguire il loro mercato”.

Concept Icona
Concept Icona

Auto sempre diverse

Dei primi dieci produttori auto cinesi, otto oggi lavorano con Icona Design. Gli uomini dell’azienda operativi in sede a Shangai sono diventati circa novanta: la maggior parte dell’intero staff. Il sogno di Gaudio è però quello di avere una firma italiana che opera a livello globale, su tutti i mercati importanti. Un obiettivo che trova fondamento pensando a come da qualche tempo, il mestiere dell’auto è diventato anche di chi non si occupava storicamente di quattro ruote. Specie sul fronte delle elettriche, capitanato non solo mediaticamente da Tesla.

Per il futuro, uno che ha la visione come il presidente Icona, prevede altro rispetto a quello che si vede in strada oggi. Altro che necessita d’innovazione nel design. “La prospettiva, pensando alla guida autonoma, è avere persone che a bordo vettura fanno tutt’altro che guidare. Magari ci saranno dei salotti viaggianti, con sedili non rivolti verso la strada e intrattenimento, spazio di riposo. Nessuno si concentra su quello che potrà fare invece l’intelligenza artificiale.

Si pensa al mercato globale perché, a partire dalla seconda parte del 2018, c’è stato un calo della domanda anche in Cina (riferito al momento d’intervista, antecedente la pandemia Covid-19, ndr). Da noi però, è sempre meno roseo il mercato. “A parer mio per l’incertezza”.

Causata o non ben gestita dai costruttori? “Forse i costruttori hanno fatto un errore. Se un CEO dice che non produrrà più motori diesel, mentre altri proclamano di fare solo modelli elettrici a partire dal tal anno, certamente non danno certezze sulla scelta del momento, per chi attende di cambiare auto. In secondo luogo i giovani preferiscono altro che l’automobile. E’ un trend irreversibile, per molte città: che i giovani possano fare a meno di possedere un’auto in proprietà. L’auto si usa per minima parte della vita utile oggi, salvo certe categorie. Inevitabilmente dovrà cambiare. Poi ci sono le normative: facendo scendere le emissioni non ci sono motori adatti così come sono stati pensati al momento degli investimenti iniziali”.

Oneri pesanti per i carmaker costretti a finanziare in parallelo la vecchia tecnologia, con motori che rispettino le nuove norme sulle emissioni, e le nuove tecnologie, che riguardano non solo i motori elettrici ma connettivita’, ecc.. Con ripercussioni importanti sui conti economici. Tanto e’ vero che alcune societa’ di consulenza hanno previsto un calo della redditivita’ delle case automobilistiche per i prossimi cinque anni. “È il deserto dei profitti, causa i costi che si aggiungono per riprogettare motori e auto adatte alle nuove esigenze”.

Cambiano motori e anche l’auto, cambierà il design. “Che piaccia o no, tra normative, congestione urbana, inquinamento e voglia di green, ora si va in una direzione inevitabile. Un trend che non decidiamo noi a questo punto. Con l’auto elettrica e assistita, cambia anche l’architettura. Per esempio sparisce il tunnel di trasmissione, le batterie non sono più nel bagagliaio ma nel pianale e via dicendo. Il design segue e anticipa questi passi”.

Gli ultimi progetti Icona avanzano ipotesi in questo senso, ben distanti dalle auto che usiamo oggi. “Recentemente abbiamo proposto Nucleus, l’auto del dopo domani. È un salotto. Gli interni prendono sempre più importanza”.

Questione di nuovi sistemi in vettura, anche. La creatività dove troverà più spazio nelle auto future? “Il fatto è che ci sono sempre più sensori che devono essere incorporati e il design assegnerà loro dei posti. Non vedremo auto come certi prototipi che si vedono girare adesso, pieni di accessori esterni. Gli interni hanno più margine per l’inventiva. Sempre più in funzione salotto, ma andranno resi user-friendly. Innovativi ma che riescano a dare realmente quello che serve. Ci sono margini di creatività sia per forme sia per l’utilizzo di materiali innovativi nell’abitacolo”.

La crescita dei nuovi sistemi inediti, per la tecnologia in auto, non crea difficoltà nelle relazioni con i Costruttori? “No. Per esempio adesso lavoriamo molto per l’illuminazione, con dei nuovi sistemi. Se io conosco quello che pensano di mettere in vettura i costruttori in futuro, comincio ad anticipare con il design fatto in modo da andar bene con quella tecnologia. Ci si aiuta a vicenda, dando stile che accoglie le novità stimolandone la domanda”.

L'azienda italiana riceve anche un premio tedesco
L'azienda italiana riceve anche un premio tedesco

Case e nuovi attori di mobilità elettrica

Se si pensa alla mobilità del futuro, quella su cui lavorano oggi i designer di Icona, occorre considerare non solo le classiche Case auto ma anche attori che arrivano da altri settori.

In Italia si percepiscono ancora poco, ma in Cina sono fioriti. “Lavoriamo per Huawei che fa telefonini o Evergrande, che è prevalentemente un immobiliarista. Soprattutto Evergrande ha un approccio diverso da tutti gli altri. Il loro capo ha chiesto di contattare le maggiori case d’ingegneria e design al mondo. E non basta, per lavorare con loro richiedono venti anni di esperienza e l’aver ricoperto cariche importanti. Poi, alla selezione finale dei progetti banalmente vince quello che piace di più, ma in ogni caso Evergrande ingaggia i nomi più noti e fortunatamente Icona ha vinto con un modello statico che ora è in produzione a Torino”.

Un’azienda di questa portata che approccia l’auto facendo anche acquisizioni o partecipazioni di peso (es. Saab e Koenigsegg) ma senza esperienza, come pensa di posizionarsi in mezzo agli altri? “Vogliono fare davvero le cose in grande per entrare sul mercato con decine di modelli, ognuno declinato su tre taglie. Sono clienti che oggettivamente trattano in modo diverso da altri e non sarà facile, ma si propongono di arrivare nell’auto elettrica diventando protagonisti importanti”.

Gli interni della Icona Vulcano
Gli interni della Icona Vulcano

Distanza cinese: non solo nei costi

Da noi si continua a dire da tempo che le Case auto devono pensare ad altro per sopravvivere, che non sia il prodotto, in Cina cresce il settore: quali motivi, dietro le quinte? “La premessa industriale, non solo legata alle auto, è che tre anni addietro è nata con Xi Jinping l’idea “Made in China 2025”, ovvero identificazione di settori in cui la Cina vuole arrivare a essere leader per metà anni Venti”.

Ovviamente, tra questi l’auto ma anche tutti i settori complementari all’auto stessa dalla connettività alla intelligenza artificiale e alle batterie elettriche . “Si, ovviamente elettrica a guida autonoma. Visto che con la tradizionale sono partiti molto dopo e sono coscienti che non possono ricuperare 100 anni di ritardo. Su queste oltre a essere partiti per primi stanno investendo con molta determinazione e con capitali ingenti. E da buoni cinesi, vedono lontano. Alle loro spalle hanno anche la volontà politica, che quando decide una strategia la persegue con determinazione e costanza e non la cambia.

Fatti, non parole. Con quello che ne consegue per la libertà o i confronti, pensando a come viviamo noi italiani le nuove regole imposte per i mercati. Poi la questione batterie. “Hanno colonizzato Africa e Sud America dove ci sono miniere importanti per il litio, terre rare e altri materiali strategici. Devo dire anche che spesso comprano e si comportano bene, in quanto in cambio delle materie prime costruiscono infrastrutture, come strade, ferrovie, porti e ospedali, favorendo lo sviluppo economico e sociale di quei Paesi".

E per l’inquinamento? “Lo hanno preso e lo stanno prendendo sul serio e con buoni risultati. Poco prima delle Olimpiadi di Pechino l’aria era poco respirabile per un atleta. Poi hanno in breve chiuso le fabbriche obbligando le aziende a delocalizzarsi in aree lontane dai grandi centri urbani in base a una chiara strategia di spostare le attivita’ inquinanti in aree poco popolate. In pochi anni l’aria di Pechino e Shanghai e’ diventata molto piu’ respirabile. A titolo di esempio posso citare il caso della diga delle “Three Gorges”: l’invaso era cosi’ grande che sono stati capaci di rilocalizzare 2,5 milioni di persone”.

Anche qui, metodi forti che da noi non possono esistere perché non accettati. Sono quelli che condizionando la vita dei singoli permettono ai settori economici di evolversi. “E’ successo anche a un nostro commerciale. Lo hanno avvisato che doveva cambiare casa, perché dove era in pochi mesi dovevano costruireuna scuola. Detto fatto, senza alternative”.

Insomma, ascoltando chi come Icona vive la Cina da dentro negli ultimi dieci anni si capisce come non dipenda solo da quanto accade negli stabilimenti, il corso dell’industria. "Sono pragmatici e se vogliono fare una cosa la fanno, come l’alta velocità. Oggi hanno mezzi, volontà e persino risorse".

Passi in Italia e altrove non possibili, come quando, gia’ nel febbraio del 2009, hanno immesso 850 miliardi di dollari nell’economia cinese in occasione della crisi occidentale del 2008-2009. "Hanno investito pesantemente sulle infrastrutture interne per supportare la domanda. Per più ragioni: il mondo occidentale in crisi avrebbe consentito meno esportazioni e di conseguenza si sarebbe verificato in Cina un calo della produzione e dell’occupazione e quindi della domanda interna e dei consumi. Da qui la decisione di iniettare liquidita’, investendo sulle infrastrutture, per sostenere la domanda. Mi attengo ai fatti e non do giudizi politici che non mi competono. Gli Stati Uniti hanno adottato la stessa politica qualche anno dopo mentre l’Europa ha perseguito’una rigorosa politica di bilancio fino all’avvento di Draghi generando recessione. Rispetto ai nostri governanti hanno saputo guardare avanti, nei loro piani. Per esempio sugli aeroporti”.

Ecco, parlando sempre di mobilità, la Cina si è data come obiettivo che nessun cittadino debba impiegare troppo tempo per raggiungere un aeroporto. Hanno quindi costruito ottantacinque aeroporti, nuovi, tutti uguali secondo un progetto unico modulare. “Senza sprechi di progettazione” ci ricorda Gaudio.

In mezzo a questo cammino incredibile, il design italiano resterà sempre appetibile? “Molto e sempre, come per il Giappone, onestamente”. Ma il Giappone è un'altra storia, di cui parleremo prossimamente.

I futuristi mezzi (elettrici e autonomi) per le consegne del colosso JD: sono disegnati da Icona
I futuristi mezzi (elettrici e autonomi) per le consegne del colosso JD: sono disegnati da Icona

Europa Vs. resto del mondo

Al sodo dei modelli auto, come sono gli sviluppi visti e previsti per la Cina? “Guardano solo al futuro, il passato è perso e non pensano di battere i produttori europei sul loro terreno”.

Quindi non si metteranno mai sul termico per uscire dal loro mercato e.. Non ci copiano? Dovremo copiare noi loro? “Dopo le partnership, iniziano a farsi strada Case auto solo cinesi. Geely addirittura si è comprata Volvo, intelligentemente non la ha cinesizzata ma si porta a casa la tecnologia che applica alle auto di marchio proprio. Ci metteranno un po’ ovviamente a prender posto e diventare appetibili altrove, visto che noi ora abbiamo una situazione di sovracapacita’ produttiva.”

Una reazione la vediamo però, sul fronte Case. Certi grandi gruppi tedeschi rivali storici, si stanno mettendo assieme per fare batterie e non dipendere dalla Cina, anche alcuni in Francia ne parlano. Lo sentiamo dire da un po’. “Ne stanno parlando come si fa da noi, in Cina invece fanno direttamente”.

Stime dicono che di venti grandi attori globali nell’auto tra un decennio anni ce ne saranno la metà. Si vede nelle alleanze e nei riposizionamenti: FCA con PSA, Honda con GM, Ford e Toyota per sviluppare le nuove tecnologie. Anche per i capitali richiesti dalla rivoluzione in guida autonoma, siamo distanti in Italia ed Europa? “Non tutti si possono permettere di fare il salto. Quindi si mettono insieme, alcuni dei costruttori tradizionali. Altri nuovi attori entrano in Cina e USA, come Google con Waymo, che ha già fatto milioni di Km di test. L’Europa è indietro, in termini di R&S, perdendo occasioni. Nel mondo chi testa guida autonoma non è europeo, un dato di fatto”.

Eppure siamo stati avanti per secoli, sull’auto fatta di telaio e motore, ora che si parla più di software e Intelligenza Artificiale? “Fino a cinquanta anni fa eravamo all’avanguardia, ma pensiamo come singolo Paese, non come Europa. I competitor sono troppo grandi ora. Anche l’India, è quarto mercato al mondo ma tra poco diventerà come era la Cina qualche anno fa”.

Icona Nucleus
Icona Nucleus

Il design oggi

Tra gli oggetti a quattro ruote firmati Icona da vedere oggi, certamente l’ultima nata, Nucleus (in foto gallery) che evolve il concetto della precedente Neo del 2015 ed è stata esposta anche al Museo dell’auto di Torino. Ma oltre alle vetture Icona ha prodotto anche due modelli di robot, autonomi ed elettrici ovviamente: uno per JD che è l’Amazon cinese e l’altro per Meituan, dedicato alla consegna del cibo take-away. Veicoli di mobilità per oggetti e merci di un futuro non così remoto.

Da dove arrivano gli spunti del design oggi? “Da ovunque, ma esiste una frase bellissima che rende l’idea: il compito del design, sosteneva Bruno Munari, è informarsi, osservare, farsi contaminare ed essere pronto a disponibilità per elaborare progetti realizzabili con l’innovazione e l’industria disponibile. Il designer di oggi non si chiude, ma anzi, deve girare. Abbiamo una folta delegazione che è sempre allerta ovunque”.

Cosa è il design per il n° 1 di Icona? “Dobbiamo creare emozione ed essere innovativi. Si compra un’auto come un gioiello o un vestito, perché emoziona. Si deve essere diversi e propositivi”.

Con la digitalizzazione i processi sono uguali ovunque oggi, basta bozzetti e modellini? I tempi come variano? “Occorrono sofware avanzati e il tempo d’introduzione, che prima era da tre a cinque anni, viene ridotto. Anche per l’impronta Toyota. Ora le previsioni sono ridurre a due anni, tra concepimento prodotto e uscita sul mercato”.

In effetti molti cosiddetti facelift sono scesi a quasi due anni, sempre più veloci rispetto a un tempo. Ma quale sarebbe il vantaggio italiano ancora esistente in questi ambiti? “E’ la capacità di adattamento degli italiani, la fantasia. A noi non serve il manuale con la procedura. È il perché di alcuni vertici aziendali occupati da italiani nel mondo. Siamo abituati nei secoli, ad adattarci.”

Quali sono i passaggi con i quali si arriva dalla proposta alla definizione, di un modello che deve entrare in produzione? “Mediamente si fanno cinque proposte al cliente, basate sulla richiesta con specifiche in base a quello che vogliono loro (es. si parte da una Citycar o un SUV, con date dimensioni). Le proposte poi sono filtrate vedendole insieme a quelle di tutti i designer messi in competizione tra loro. In genere poi se ne approfondiscono due e alla fine, solo una è quella che entra nel dettaglio, per il modello statico che serve da base alla pre-produzione della vettura”.

Icona Vulcano
Icona Vulcano

Riconoscimenti

La nascita con matrice asiatica del portafoglio prodotti, non è un vincolo? “Per il futuro, pur nati e cresciuti con la Cina e poi gli USA, puntiamo molto anche sull’Europa e il resto del mondo”.

In effetti pur coperti da accordi che non ne svelano la maternità di design pubblicamente, sono molti i modelli di auto che si sfornano in Icona oggi per la Cina e non solo, vedendo i recenti riconoscimenti conferiti. L’azienda italiana è stata Premiata con cinque premi internazionali di recente. Ultimo il China Award, riconoscimento per l’esportazione di Know-how e design in Cina. Ha preceduto il German Design Award 2019 (epocale, una premiazione dai tedeschi) il “Panda d'oro per l'innovazione” dedicato alle aziende più innovative, il Muse Award di New York e il Good Design Award del Chicago Athenaeum.

Difficile fare oggi tutti i nomi dei top-designer che si dividono il gradimento delle Case auto, non solo quelle assetate di fantasie della grande Cina. Certamente Icona ha di che compiacersi, per l’apprezzamento del lavoro di Samuel Chuffart: “E’ il nostro direttore del design, un professionista passato da Nissan e Land Rover, prima che in Bertone. Lo ho voluto con noi“ ricorda Gaudio.

Un modello Icona in scala
Un modello Icona in scala
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