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“Quando a inizio stagione non hai il passo che vorresti, metti tutto in discussione: è normale, fa parte della competizione. La forza di questa squadra è stata mantenere la mente aperta e lavorare in modo costruttivo, anche senza avere riscontri immediati dalla pista”. Sono state queste le parole di Laurent Mekies dopo la vittoria di Max Verstappen al Gran Premio d’Italia 2025. Un primo passo verso la rinascita della Red Bull, che evidenzia quanto sia complicato – ma non impossibile – portare avanti due progetti contemporaneamente.
Ed è proprio questo l’aspetto più difficile di questo 2025. Un nuovo regolamento tecnico è ormai alle porte e tutte le squadre, nelle rispettive sedi, sono impegnate su due fronti diversi: da un lato il 2026, dall’altro la stagione in corso. C’è chi ha scelto fin da subito di mollare il colpo – come Williams e Alpine – concentrandosi interamente sul futuro, e chi invece ha preferito continuare a sviluppare entrambe le monoposto. Una sfida ardua, che alcuni hanno fallito e altri invece hanno vinto.
A fallire è stata la Ferrari, che con la SF-25 ha cercato di migliorare le prestazioni con aggiornamenti costanti nel corso dei mesi, ma la situazione è rimasta pressoché mediocre. A vincere, invece, è stata la Mercedes che – dopo il passo falso legato alla sospensione posteriore introdotta a Imola – ha analizzato a fondo cosa non funzionasse sulla W16, arrivando infine alla decisione di tornare alla vecchia specifica. Una scelta che ha restituito competitività a George Russell e Andrea Kimi Antonelli. Sono stati individuati i punti critici e trovate le soluzioni, proprio come ha fatto la Red Bull, la scuderia che più di tutte ha continuato a lavorare e sviluppare.
Gli aggiornamenti sono arrivati durante la campagna europea, il più consistente in Belgio, e sono proseguiti anche dopo la pausa estiva: un periodo in cui, solitamente, anche senza un cambio regolamentare, i team interrompono gli sviluppi. Le novità introdotte a Monza sono state propedeutiche a quelle portate successivamente a Singapore. Tolto l’Azerbaigian, gli altri due circuiti sono tracciati su cui la Red Bull ha storicamente sofferto. Vedere Verstappen vincere nel “Tempio della Velocità” e poi salire sul podio, in seconda posizione, a Marina Bay spiega esattamente cosa abbia fatto la differenza – non solo da inizio stagione, ma anche rispetto allo scorso anno. La RB21, così come la sua antenata, si era mostrata fin dall’inizio una monoposto scomposta e di difficile interpretazione, a tratti persino per Verstappen stesso, e ancor di più per Sergio Pérez, poi Liam Lawson e infine Yuki Tsunoda.
Ora, però, la musica a Milton Keynes sembra essere cambiata. Sotto la gestione di Mekies – che porta avanti l’eredità tecnica e metodologica di Christian Horner – la Red Bull ha ritrovato razionalità e lucidità, elementi essenziali per migliorare le prestazioni. Vedere la squadra austriaca passare dalle difficoltà dello scorso anno a Monza al trionfo di quest’anno mette in risalto tutto il lavoro svolto tra simulatore e galleria del vento per correggere le criticità, capire cosa funzionasse e renderlo un punto di forza.
Un esempio concreto riguarda i circuiti a basso carico aerodinamico, come Monza e Baku: quest’ultimo, un cittadino con molti avvallamenti e cordoli, era fino a pochi mesi fa un incubo per la RB20 e la RB21. Oggi, invece, rientra perfettamente nella finestra di funzionamento ottimale della vettura, che appare molto più docile da gestire. Lo confermano anche le prestazioni solide di Yuki Tsunoda, oltre al fatto che la monoposto è più prevedibile e quindi più semplice da interpretare per ingegneri e meccanici nella ricerca del set-up ideale.
Il primo step che ha consentito a Verstappen di vincere a Monza e a Baku, rilanciandosi nella corsa al titolo, è stato l’aggiornamento al fondo vettura, con modifiche evidenti nella zona davanti alle ruote posteriori. Diverso e più pulito anche il taglio a feritoia che convoglia l’aria sotto la vettura, rendendo il flusso più lineare e migliorando la costanza di performance. Ciò ha permesso anche la scelta – tanto azzardata quanto azzeccata – di trimmare, o meglio profilare, in modo estremo l’ala posteriore, già di per sé molto scarica. Il risultato? Pole position e velocità di punta più alta nella storia della Formula 1, con una gestione gara poi impeccabile da parte dell’olandese.
Ma l’evoluzione della RB21 non si è fermata qui. A Singapore, dopo il successo di Baku, sono arrivate ulteriori novità tecniche che hanno migliorato sensibilmente la vettura. L’intervento si è concentrato sull’ala anteriore, con nuovi flap superiori dal disegno rivisto. Le modifiche, pensate per adattarsi alle caratteristiche di Marina Bay – tracciato ad alto carico aerodinamico – hanno giovato notevolmente alle prestazioni complessive. Basti ricordare il disastro del 2023 a Singapore, quando, in un anno quasi perfetto, la Red Bull colò a picco; e nemmeno nel 2024 le cose andarono meglio, con il primo vero dominio della McLaren.
Ma l’evoluzione della RB21 non si è fermata qui. A Singapore, dopo il successo di Baku, sono arrivate ulteriori novità tecniche che hanno migliorato sensibilmente la vettura. L’intervento si è concentrato sull’ala anteriore, con nuovi flap superiori dal disegno rivisto. Le modifiche, pensate per adattarsi alle caratteristiche di Marina Bay – tracciato ad alto carico aerodinamico – hanno giovato notevolmente alle prestazioni complessive. Basti ricordare il disastro del 2023 a Singapore, quando, in un anno quasi perfetto, la Red Bull colò a picco; e nemmeno nel 2024 le cose andarono meglio, con il primo vero dominio della McLaren.
Tutti questi elementi hanno rimesso in carreggiata la squadra di Milton Keynes, che ha recuperato terreno in classifica Costruttori, dove ora punta a superare la Ferrari. Nonostante una sola punta costantemente in top 10, con piazzamenti di rilievo, la Red Bull è infatti a un distacco minimo dalla Scuderia e può ambire persino a scavalcare la Mercedes, poco più avanti.
Chiudere al meglio la stagione sarà fondamentale, ma in ogni caso sarà già una vittoria. Ammettere i propri errori, comprendere cosa non va, analizzare, ascoltare i piloti e mantenere un approccio ingegneristico – perfettamente in linea con la gestione Mekies – sono gli ingredienti che portano ai risultati.
Una Red Bull nuovamente oliata e coesa, pronta non solo a chiudere in crescendo, ma anche ad affrontare con basi solide la rivoluzione tecnica del 2026.