CIR 2017. Tutti quelli bravi facciano festa!

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Piero Batini
  • di Piero Batini
Dieci Titoli. Basta un nonnulla per non arrivarci mai. Direte: magari anche 1 solo! È vero, c’è sempre chi esagera: Andreucci, Andreussi, Peugeot e tutta la “Banda”. Decimo Titolo comunque sofferto. Dunque FESTA!
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
25 ottobre 2017

Verona, 15 Ottobre 2017. Parlare di Andreucci e Andreussi, la coppia più bella del mondo (ma anche la più veloce, consistente, emblematica della Storia italiana dei Rally), è facile e difficile allo stesso tempo. Facile perché le loro imprese, per quel modo stile con cui sono costruite, compiute ed esposte, parlano da sole. E se, tante volte, non si arrivasse ancora a capire, Paolo e Anna sono pazienti… ti spiegano ancora le stesse cose, una, due, tre, fino a dieci volte. Repetita juvant. A proposito, c’è chi giura che il concetto, non ancora chiaro per tutti, potrebbe essere illustrato ancora una volta l’anno prossimo, e c’è già chi ha perso il sonno.

Difficile perché Anna e Paolo entusiasmano, appassionano. Così si tende a pendere dalla loro parte ed è più difficile vederli obiettivamente, “onestamente”. Tocca ammettere che siamo tifosi anche noi, non solo perché “connazionali”. Per fortuna la passione non è necessariamente unica e univoca, e a favore di un recupero dell’imparzialità gioca la passione per due altre qualità che, quando presenti, fanno dello Sport un esempio di vita. La bravura e l’onestà intellettuale.

Infine, per favore, se proprio vogliamo andare a vedere, l’imparzialità è indispensabile in un verdetto, un atto educativo, una comparativa. Ma qui, trattandosi di soggetti a loro modo… incomparabili, beh, ci si può per una volta lasciare andare e godersi una serata di purissimo tifo.

Per gli avversari è stata una bella batosta, è vero. A Verona sembrava tutto aperto, ma mentre erano ancora tutti lì imbambolati, a incrociare conti impossibili e scongiuri, Paolino è partito in modalità Rottweiler, simpatico ma spietato, e ha dato una dimostrazione di “presenza” che ha steso tutti. Ha vinto il primo giro ed è passato al comando del Rally. Bruttissimo colpo, a bruciapelo, dal quale gli avversari non si sono più ripresi. Scandola, tra tutto da giocare e il dovere di attaccare nella Gara di casa, ha finito per non capirci nulla, si è addossato la colpa di opinabili scelte sbagliate, si è arrabbiato. Campedelli, ancora più on off, con un’opzione storica e la macchina che l’anno precedente aveva interrotto la serie e allungato l’attesa, si è visto spiazzato, messo da parte, ridimensionato al limite del ridicolo.

Dopo l’exploit del Super Test del venerdì non se l’aspettava proprio di vedersi fatturare con gli interessi il prestito della sera prima. Niente da fare, la pressione è una brutta bestia, a volte invisibile, sempre subdola, e finisce per incidere anche le corazze più tenaci. Tanto è vero che l’unico “immune” all’incantesimo Andreucci era un suo “vecchio” compagno di avventure, quel Luca Rossetti per una volta, e se non cambia lo scenario mai più, della partita. Pilota di talento, classe indiscutibile, Rossetti ha caricato a bordo il navigatore storico, Matteo Chiarcossi, ha capito l’antifona ed ha saputo correre ai ripari, perfezionando l’assetto e uscendo allo scoperto con un secondo giro, stiamo parlando ancora di sabato, eccezionale. E da dove esce, questo? Chi l’ha invitato? Qui si discute una cosa seria, non c’è spazio per gli show personali, vada a farli come spalla di Umberto Tozzi! E invece, altro che Tozzi! Rossetti ha ammaliato tutti, con il suo modo di guidare e di interpretare il Rally, ed è stato un bene perché ha portato la fantasia degli appassionati a concentrarsi sul bello della circostanza, dimenticando le “tragedie” che si stavano consumando, Scandola che non trovava il bandolo della matassa, e quelle che si sarebbero consumate di lì a poco.

Campedelli, infatti, è ancora lì, a cinque secondi, all’attacco. All’improvviso fa fuori una gomma, poi un’altra. In un colpo solo, i dieci chilometri della Santissima Trinità 2, settima e penultima PS del giorno (solo la gimkana cittadina da disputare), manda a monte la partita. All’unisono, dai telefonini del Peugeot Crew, ragazzi modello per equilibrio analitico, misura e imparzialità, parte un messaggio di commovente sportività: “Volevamo dire una cosa: HA FORATO! HA FORATO!

Fatto sta che a sera l’evento ha due padroni. Paolo Andreucci sulla Carrozza Peugeot, background stratosferico di impegno e perizia, e il Luca Rossetti più evocativo e scenografico che si può. Spettacolo, sul filo del rasoio.

Sì, perché due logiche sulle tre possibili sono andate in frantumi, ed è rimasta in piedi quella di Paolino. Il Campionato va in una direzione, quella, il Rally anche, la prima giornata, o Tappa, è fissata. E fanno sei. La struttura è in piedi, adesso basta metterci il tetto. Basta. Una parola.

La scena cambia completamente. Cambiano la carte in tavola. Scandola e Campedelli non hanno più pressione. Non resta loro che attaccare a testa bassa, e normalmente non basta. Liberati dalla pressione infiammano come fuochi di paglia la seconda parte del Rally. La pressione, la loro e tutta quella che non si era ancora vista, passa dall’altra parte, tutta di là. Dalla parte di Paolino, ma non addosso a Paolino, che c’ha giocato da consumato mestierante, ha demolito i due avversari e ora può finalmente stare a guardare, seguire da vicino ma ormai lontano. La pressione si distribuisce massiccia sull’entourage. Tecnici, supporter, tifosi e appassionati. Il “destino” passa nelle mani del miracolo meccanico che, per quanto ci si sforzi di antropomorfizzare, non ha nessuna reazione emotiva. Se gli uomini hanno fatto bene il loro lavoro, funziona sino alla fine, se lo hanno fatto meglio degli altri, vince. E con l’Opera Meccanica gli Umani dentro e attorno, che hanno il compito di non esagerare, di non sbagliare, di gestire il patrimonio che vale dieci Titoli di Campione Italiano. Per il Pilota, visto che la Macchina li ha già conquistati, tutti e dieci, il giorno prima.

Sotto le tende Peugeot Sport Italia c’è una strana atmosfera, “tatticamente” inspiegabile. Non succede nulla, Paolino se le fa suonare discretamente, misuratamente. Deve proteggere il quarto posto e su quello ha impostato la Tappa. Se non succede nulla dovrebbero essere tutti contenti, e invece il tempo inizia a… non passare mai e a creare tensione. Palpabile. Silenzi, frasi a sproposito, diversivi a casaccio. Il Direttore Sportivo è al quinto pacchetto, quello della Comunicazione è intrattabile. C’è anche il “Grande Capo”, non per l’occasione, non manca mai.

Si è appassionato al lavoro dei suoi “Ragazzi” e non ha perso un week end. Ha un ruolo che dovrebbe essere a prova di bomba, e invece anche lui è visibilmente consumato. I Meccanici, che hanno già fatto tutto e ora non devono far nulla, sono tutti lì, inebetiti e con un attrezzo in mano. Chi si avvita le orecchie o si stringe le nocche con la pinza a scatto, chi si misura la tenuta dei legamenti con la dinamometrica, chi la pressione con il manometro Pirelli. Già, anche Monsieur Pirelli è teso. Ma non si nota, infallibile scorza di granito sardo. La “dinastia” di FPF, il braccio armato di Peugeot Italia e su cui poggia il carico della responsabilità tecnica, muti come pesci, solo la Signora reagisce diversamente e inizia a ballare, consapevole. Atmosfera irreale. Fa caldo, ottobre, dalle Speciali arrivano notizie insignificanti, le più sicure e rassicuranti. Birretta? No, porta male! Perché poi la birra dovrebbe portare male? Non lo so, ma beviamola dopo, non si sa mai.

L’ultima speciale. Dal fronte arriva il tempo. Finita! Urla sguaiate, imbarazzanti. Chi se ne frega. Birretta, subito. Come per incanto, parola d’ordine non data, sono tuti lì, al chiosco che sta per chiudere. C’è solo da portare la macchina al Parco Assistenza. Aspettiamo? No. Ora basta. Birretta per tutti. Non può succedere più nulla. E invece, birretta che si strozza, arriva la grandinata di fine Rally dei dio-in-terra che regolano questo Sport. Al povero Campedelli appioppano cinque minuti di penalità. Un affare di tabella. Ma non ci sono i trasponder? No. Le regole sono regole. Appunto, talmente astratte, ormai, che sembrano fatte per i cartoni animati. Il Rally scorre sul filo dei secondi, le penalità saltano come pulci ammaestrate a quanti di cinque minuti. E perché non cinque anni? Anzi, per coerenza con l’ingegnoso punteggio di Campionato, perché non cinque anni, due mesi e qualche giorno? Puro cinismo, considerazione del reale zero. Rally stravolto. Così più interessante? Campedelli da primo a esimo, Scandola da appena accettabile a secondo, Paolino sale sul podio. Rossetti, questa sì, giusta, vince tutto.

Non tutto, non tutto. Il piatto di una vita lo porta a casa Paolino. Dieci volte Campione Italiano. La tensione molla, ancora abbracci. Festa.

E come festa? Con gli amici, solo una serata un po’ più lunga del solito. Champagne? No. Verona. Valpolicella. Un bicchiere di Amarone: “Anzi, ne voglio due, uno accanto all’altro. Che li beva o no, devono essere lì a disposizione. Stasera non c’è da stare attenti a nulla, uno stravizio ci sta. Ce la godiamo. Alla salute di Peugeot. Alla salute di Anna. Alla mia salute. Dieci titoli! Li porto bene?”

Campione Italiano per dieci. Per ora. Complimenti alla Banda.

 

Piero Batini

 

 

 

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