F1. McLaren, Andrea Stella a cuore aperto dopo il titolo di Norris: "Costruire senza perfezione. È così che nascono i campioni"

F1. McLaren, Andrea Stella a cuore aperto dopo il titolo di Norris: "Costruire senza perfezione. È così che nascono i campioni"
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Il trionfo di Lando Norris diventa molto più di un titolo: nelle parole di Andrea Stella c’è un manifesto di vita e di sport. “Costruire senza perfezione” è la forza che ha trasformato la McLaren in una squadra di campioni. Un racconto a cuore aperto, tra valori, sacrificio ed emozioni da brividi
8 dicembre 2025

Un’annata incredibile si conclude per la McLaren. Sotto le luci di Yas Marina e i fuochi d’artificio che accompagnano il vincitore del Gran Premio di Abu Dhabi 2025, al muretto color papaya si tira un sospiro di sollievo. Il titolo Piloti quest’anno si aggiunge a quello Costruttori, conquistato già lo scorso anno e confermato a Singapore due mesi fa. Un risultato importante per il team di Woking, che ha permesso a Lando Norris di laurearsi campione del mondo e a Oscar Piastri di chiudere terzo in classifica iridata, senza mai ricorrere a una prima o seconda guida. Di critiche per questa gestione dei piloti Andrea Stella ne ha ricevute tante, ma con il risultato di questo 2025 il team principal non ha potuto far altro che zittire tutti gli scettici.

Foto copertina: ANSA

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Fin dal suo arrivo in McLaren e dal conseguente debutto come team principal, Stella ha sempre avuto un perno centrale su cui far ruotare tutto il mondo di Woking: la cultura interna del team, basata su massimo rispetto, coesione e, soprattutto, progresso, non sul puntare il dito. Lo ha ribadito con fermezza anche sabato sera a Yas Marina, quando la possibilità di chiedere a Oscar Piastri di aiutare Lando Norris – in vantaggio in classifica Piloti – per capitalizzare il risultato e arginare Max Verstappen sembrava concretizzarsi. Ma la McLaren è riuscita a raggiungere il titolo con il britannico senza ricorrere a strategie particolari. Stella, così, non solo ha vinto l’alloro Piloti, ma lo ha fatto a modo suo: senza ordini di scuderia, seguendo le tanto criticate papaya rules.

“Questa è una riflessione, diciamo, un po’ più profonda rispetto a molte di quelle che si fanno quando c’è un successo. Ma sono felice di condividerla – ha dichiarato l’orvietano ai nostri microfoni a Yas Marina –. Ho parlato con alcune persone, anche con alcuni membri del team, e ho detto che in un giorno importante come questo cerchiamo di accedere alle nostre risorse interiori migliori, ricordandoci qual è lo scopo, cosa stiamo facendo qui.
Un giorno potrei dire di aver vinto 16 titoli mondiali. Ma è davvero questo ciò che voglio lasciare come eredità? Ho pensato che sarebbe stato più bello lasciare un messaggio importante, qualcosa che possa essere un contributo per le persone in generale. Non solo qualcuno che ha vinto 16 mondiali, ma qualcuno che ritiene che certi valori siano ancora importanti, che si possa costruire e continuare a costruire con una cultura basata sul senso del progresso, piuttosto che sul rimpianto, o continuare a lavorare insieme cercando di costruire”.

C’è una canzone di Niccolò Fabi che parla del costruire e del rinunciare alla perfezione, ma mantenere la volontà di continuare a costruire. E quando fai parte di un gruppo è facile, anche quando ci sono difficoltà, attaccarsi a vicenda, proteggere il proprio interesse oppure dimenticare quello collettivo”, ha proseguito Stella nella sua analisi a cuore aperto. “Quindi abbiamo cercato, insieme a Zak [Brown], di costruire un team in cui questi valori fossero centrali nel modo in cui affrontiamo le relazioni, la coesione del gruppo e quindi la performance”.

“Non siamo semplicemente un gruppo che deve andare forte in pista e vincere le gare: vogliamo farlo in modo rispettoso, rispettando lo sport, gli avversari e soprattutto il team. È importante che si possa vincere e perdere: spesso è una questione di dettagli. Ma è importante che questo approccio abbia portato al successo, perché in qualche modo certifica e dimostra che si può affrontare lo sport e il percorso di un gruppo con valori positivi, rinunciando alla tentazione di diventare disillusi o di guardare sempre l’erba del vicino, atteggiamenti che in qualche modo sono una perdita, ma che la nostra natura a volte ci porta ad adottare”. Una lezione che Andrea vuole imprimere a caratteri cubitali e – usando ancora una citazione di Niccolò Fabi – “un cantante non è felice per la popolarità e gli autografi, ma se la gente condivide le emozioni”. È questo a spingere Stella, e ora tutta la macchina perfettamente oliata che è diventata la McLaren.

E per funzionare, ogni ingranaggio deve essere al suo posto, muoversi in armonia con il resto. Compreso Oscar Piastri. Per lui Abu Dhabi non ha avuto l’esito sperato, sfiorato per quasi tutta la stagione, dove aveva imposto il suo ritmo fino a quando – rientrato dalla pausa estiva – ha iniziato a soffrire un calo di prestazioni che gli ha fatto perdere la leadership in favore di un Lando Norris rinvigorito, in pista ma soprattutto nell’anima. Una sconfitta che però, secondo Stella, lo aiuterà a tornare ancora più forte il prossimo anno. “Ne sono convinto al 100%. Prima di tutto, non sono qui a dire che Oscar non sia deluso, perché ogni pilota, ogni campione – e Oscar è un campione, e sarà un pluricampione in futuroè qui per vincere, per inseguire il sogno che aveva quando ha iniziato a guidare… diciamo, le macchine radiocomandate. Ma il percorso che ho visto personalmente nella sua crescita mi ha davvero impressionato. Crescita personale, crescita professionale, crescita come pilota: per esempio, lo abbiamo visto nelle ultime due gare, dove avevamo poco grip, un po’ di grattacapi per capire come guidare. Due gare e lui ha capito, e lo ha fatto”.

È un percorso personale, adattarsi a questo tipo di pressione: la pressione di superare Baku, la pressione di affrontare il team che ti dice che siamo stati squalificati, oppure una gara come il Qatar, dominata ma non trasformata in vittoria per un errore strategico del team. Il modo in cui ha affrontato tutto questo rispecchia ciò che abbiamo detto prima come principio culturale. Per me questa è la testimonianza della forza di Oscar: Piastri non ha mai puntato il dito contro il team. Questo tipo di forza è la forza dei campioni, perché non sei campione il giorno in cui lo diventi: sei campione ogni volta che fallisci e usi quel fallimento come opportunità di crescita. Quindi, senza alcun dubbio, avremo un pilota più forte l’anno prossimo”.

Ma se Oscar Piastri e Lando Norris sono arrivati a giocarsi il titolo mondiale è stato merito soprattutto della McLaren. Una grande del passato caduta in miseria all’inizio del regolamento ad effetto suolo, una fenice capace di risorgere dalle proprie ceneri. Nessun miracolo, solo un lavoro costante di miglioramento e progresso che ha visto la squadra di Woking passare, nello stesso ciclo regolamentare, dall’essere fanalino di coda a forza dominatrice. “Il percorso va sicuramente oltre i cambiamenti avvenuti nel dicembre 2022, che hanno dato vita a una nuova corsa, coincisa con il cambiamento del team principal. Ma ci sono stati anche altri cambiamenti, e poi ulteriori cambiamenti che abbiamo introdotto molto rapidamente. La realtà è che in McLaren c’era già un insieme molto elevato di risorse tecniche, dal punto di vista delle competenze. Per me e per Zak il lavoro più importante è stato riorganizzare queste risorse, in qualche modo anche rivalutarle. L’esempio più evidente è Peter Prodromou, a cui abbiamo affidato senza esitazioni tutta la parte aerodinamica, perché per me e per Zak era chiarissimo che Peter è il miglior aerodinamico che io abbia mai conosciuto”.

Le risorse erano già in McLaren, e per me e per Zak l’attività è stata come avere un puzzle che non combacia: redistribuisci tutti i pezzi sul tavolo e dici ‘ora ricomponiamolo’, perché intuisci quasi che quel puzzle c’è. Lo abbiamo fatto in modo meticoloso ma anche veloce. Poi abbiamo aggiunto nuovi elementi di alto livello, come Rob Marshall, che ha portato non solo un contributo tecnico, ma anche un contributo nell’atteggiamento verso il coraggio tecnico. La macchina di quest’anno ha richiesto molto coraggio in alcuni aspetti innovativi: la nuova scatola di guida, la sospensione anteriore… a Natale ero ancora lì a testare perché il progetto era totalmente innovativo e non sapevamo se avrebbe funzionato o meno. Quindi il Natale è stato quello che è stato. Ma devo dire che poi la macchina ci ha ripagati, ed è il materiale tecnico che ha permesso a Oscar e Lando di vincere sette gare ciascuno e di arrivare alla lotta per il titolo fino all’ultima gara. Speriamo e crediamo che questa qualità tecnica che abbiamo nel team ci permetta di restare a questo livello anche – e nonostante – il cambio regolamentare”.

ANSA

In McLaren si pensa, dunque, al 2026 e al prossimo regolamento tecnico. Tutto ripartirà da zero, ma avranno dalla loro l’aver capito come unire i pezzi del puzzle. Ogni reparto, oggi, funziona in correlazione: una sinfonia, un supporto reciproco che sarà certamente utile a trovare il bandolo della matassa quando si tornerà in pista tra tre mesi in Australia con le nuove vetture. Uno sguardo al passato, però, Stella lo rivolge: un conto rimasto aperto dal 2010, quando era ingegnere di pista di Fernando Alonso in Ferrari e vide il titolo sfumare davanti agli occhi proprio a Yas Marina. “Il conto mio personale con Abu Dhabi, con il successo di oggi, si chiude ufficialmente con saldo positivo. Due a uno. Due a uno e andiamo, perché già l’anno scorso con il titolo Costruttori – che in qualche modo è stato, dal punto di vista sportivo, credo la gioia più grande, perché è arrivato così presto, così all’ultima gara, quasi inaspettato rispetto al percorso del team – è stato davvero sentito da tutti. Ma questo è il Mondiale Piloti, e il conto aperto riguardava il Mondiale Piloti. I tre piloti in lotta avevano molti elementi in comune: una gara molto strategica e tattica. Devo dire che quando abbiamo fermato Lando per coprire Leclerc e Russell e siamo finiti nel traffico, per un attimo ho pensato: ‘Pit stop ad Abu Dhabi per coprire e restare bloccati nel traffico… l’ho già vissuto’. Ma c’è un fattore molto diverso che avrebbe cambiato tutto: il DRS, arrivato nel 2011. Qui avremmo avuto un tre a zero netto se ci fosse stato nel 2010”.

Un capitolo si chiude proprio con il DRS, che saluta la Formula 1. Andrea Stella si coccola i suoi talenti – Norris e Piastri – forte della crescita della McLaren, da nobile decaduta a campione del mondo: due volte consecutive nei Costruttori e ora nei Piloti con Lando. Risultati pesanti in termini di trofei, ma il premio più importante per Andrea è il modo in cui ci è arrivato: mai puntando il dito, ma professando una cultura del progresso. Come direbbe Niccolò Fabi: “E costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione”.

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