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Il viaggio della Formula 1 prosegue a gonfie vele e si avvicina al gran finale. Siamo infatti giunti al ventitreesimo appuntamento su ventiquattro, il Gran Premio del Qatar 2025. Tutto è ancora in ballo per il titolo Piloti, conteso da Lando Norris, Max Verstappen e Oscar Piastri, impegnati in una lotta molto accesa che ora dovrà fare i conti con un nuovo fattore. Questo weekend – che vedrà tornare per l’ultima volta in stagione il format Sprint – i piloti dovranno gestire una strategia di gara obbligata da Pirelli.
Il Gran Premio del Qatar arriva a una settimana da Las Vegas: entrambe gare notturne e geograficamente vicine al deserto, ma con condizioni ambientali agli antipodi. Nel Nevada il freddo ha fatto da padrone; a Lusail la situazione sarà completamente opposta, con i piloti chiamati ad affrontare un caldo umido paragonabile a quello di Singapore. A ciò si aggiungono le caratteristiche del tracciato arabo, particolarmente impegnative per gli pneumatici, tanto da richiedere l’introduzione di una misura eccezionale che limita il numero di giri massimo per ciascun set. La gara sarà dunque, matematicamente, a doppia sosta obbligatoria.
A Doha sarà protagonista il tris di mescole più dure della gamma Pirelli: C1, C2 e C3. Le curve di Lusail, in prevalenza veloci, lasciano poco respiro alle gomme: il tratto più impegnativo è quello tra curva 12 e 14. L’asfalto, abbastanza liscio, favorisce il graining, contribuendo a raggiungere livelli elevati di usura. A complicare ulteriormente la situazione c’è la sabbia, spinta dal vento e depositata sull’asfalto, che influenza l’evoluzione della pista.
Altro fattore chiave del weekend è la temperatura. Nonostante la gara si disputi in notturna, l’elevata umidità, unita al calore residuo accumulato durante il giorno, renderà la guida estremamente impegnativa. Dal punto di vista degli pneumatici, le temperature dell’asfalto possono favorire la comparsa di graining, anche se, come emerso nelle precedenti gare, la gamma di mescole di questa stagione sembra più resistente a tale fenomeno. Nonostante ciò, Pirelli ha stabilito che ogni set di gomme slick consegnato alle squadre potrà percorrere al massimo 25 giri sul circuito di Lusail.
I giri verranno conteggiati cumulativamente tra tutte le sessioni in pista, incluse eventuali tornate effettuate in regime di neutralizzazione. Non saranno invece conteggiati i giri di ricognizione, di formazione e quelli effettuati dopo la bandiera a scacchi della Sprint e del Gran Premio. Considerando che il GP del Qatar prevede un totale di 57 giri, ciò comporterà inevitabilmente almeno due cambi gomme per ciascun pilota. Sarà Pirelli a comunicare ai team, prima della gara, il numero di giri rimanenti per ciascun set. La limitazione, concordata con FIA, F1 e le squadre, è stata introdotta per evitare che gli pneumatici raggiungano livelli di usura massimi – come accaduto nel 2024 – e vengano comunque utilizzati oltre la loro vita utile, sollecitando eccessivamente la carcassa.
“Fondamentalmente la decisione è stata discussa a marzo insieme ai team – ha spiegato Mario Isola – perché parlando del Qatar dobbiamo considerare due situazioni. La prima risale a due anni fa, quando abbiamo avuto il problema con i cordoli. Dopo, sono state modificate alcune curve e lo scorso anno non abbiamo riscontrato alcun problema, quindi quel danneggiamento del compound superficiale non esisteva più. Il punto è che il Qatar è un circuito ad altissima energia e quindi il livello di usura è piuttosto elevato. Quando la gomma si consuma completamente, soprattutto l’anteriore sinistra, il battistrada non è più protetto e qualsiasi piccolo detrito o contatto con un cordolo può danneggiare la costruzione”.
“Abbiamo condotto le consuete verifiche sugli pneumatici dopo la gara. L’unica azione che poteva avere successo era limitare il chilometraggio. Di questo abbiamo discusso con i team, che – di comune accordo con FIA e F1 – non hanno avuto obiezioni, purché la decisione fosse comunicata con largo anticipo. Così è stato: a marzo abbiamo definito i 25 giri, un valore che lo scorso anno non ha causato problemi”, ha proseguito il capo di Pirelli Motorsport.
Questo weekend, però, non si disputerà soltanto la gara domenicale, ma anche la Sprint, che non subirà variazioni in termini di strategie. “Sono 19 giri, quindi un set può coprire senza problemi Sprint e qualifiche Sprint. Per la gara, invece, saranno obbligati a effettuare due soste. È una limitazione, certo, ma non influisce su Sprint, qualifiche o altro. Comporterà soltanto una gara a due soste e vedremo se sarà più divertente, oltre alla limitazione che ho menzionato. Anche per questo abbiamo deciso di andare in questa direzione”.
Perché questa misura è stata adottata solo per questa stagione? “Ci eravamo concentrati sui problemi di costruzione legati ai cordoli, quindi avevamo scelto di rendere obbligatorie tre soste. Per questo non abbiamo avuto modo di verificare l’eccessiva usura fino allo scorso anno. Era chiaro che, puntando a una sosta o a uno stint molto lungo – perché non è solo una questione di numero di soste, ma di lunghezza dello stint – il rischio era avere una carcassa non protetta. In generale, se guardo il livello medio di usura del campionato, direi che il Qatar è probabilmente l’unico circuito dove abbiamo raggiunto un’usura così alta. Potrebbe succedere altrove in casi particolari, ad esempio con una Safety Car precoce e uno stint molto lungo, ma sono situazioni molto rare. A Lusail, invece, era normale puntare a una sosta e a uno stint lungo, più dello scorso anno. Lo scorso anno erano 34 o 35 giri: dopo la Sprint, quindi circa 25 giri considerando anche le qualifiche, le gomme avevano già un livello di usura vicino al 100%. È normale: se un team vede un vantaggio nel fare uno stint più lungo e risparmiare un pit-stop, proverà a farlo”.
Mario Isola ha poi motivato la scelta dei 25 giri: “È un numero che, guardando allo scorso anno, ci dà certezza che si tratta di un chilometraggio sicuro. In più, non crea problemi per Sprint e qualifiche. Per la gara aggiunge solo una sosta a una strategia standard, quindi non è una limitazione che influisce su tutto il weekend”. E se un pilota non rispettasse il limite? “Credo che si tratterebbe probabilmente di una squalifica, perché la limitazione è indicata nella nostra preview, dove sono definiti anche altri parametri come la pressione minima. Ma non è un’infrazione tecnica, quindi se un pilota supera i giri, viene riportato ai commissari. Non è una squalifica automatica”.
Situazioni borderline, come una Safety Car a 26 giri dal termine, costringerebbero tutti ai box? “È chiaro nella definizione della preview: contiamo anche i giri dietro Safety Car. Gli unici che non contano sono quelli dopo la bandiera a scacchi e il giro di formazione, per semplificare. Ogni giro conta, anche in qualifica: giro lanciato, giro di raffreddamento, qualsiasi giro viene conteggiato, altrimenti sarebbe impossibile. Se la pit-lane dovesse essere chiusa, la direzione gara potrà decidere di estendere il limite”.
Questo weekend offrirà anche indicazioni sul possibile aumento dello spettacolo in pista attraverso la strategia obbligatoria. “Di sicuro capiremo cosa può generare una limitazione sul chilometraggio, perché è un modo per imporre la doppia sosta. Non è il metodo più semplice da comprendere per gli spettatori. Se dici ‘due soste’, è chiaro; se dici che devono usare tutte e tre le mescole, è chiaro. Se imponi un chilometraggio, serve avere l’informazione disponibile: un set potrebbe essere stato già utilizzato prima della gara. Non è semplice da capire. Vedremo se la limitazione genererà strategie diverse. Con 57 giri e un limite di 25, c’è flessibilità: non sei obbligato a fermarti al 24° o 25°. Qualcuno potrebbe partire con la soft e fare uno stint corto, perché comunque sa che dovrà fermarsi due volte. Ma se tutti convergeranno sulla stessa strategia, lo capiremo. Quando introduci un nuovo elemento spesso si vedono variazioni iniziali, perché i team devono abituarsi alla regola, ma tendono a convergere verso un approccio comune. Potremmo vedere molte strategie diverse, ma non significa che la limitazione genererà sempre scenari alternativi: la convergenza arriva comunque”.