Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Il colosso tedesco ridimensiona le ambizioni globali e punta tutto sul vecchio continente. Una strategia che segna una svolta epocale per il gruppo automobilistico più grande d'Europa, con l'amministratore delegato Oliver Blume che traccia una rotta chiara verso la redditività.
Volkswagen ha deciso di cambiare marcia proprio mentre l'industria automobilistica globale attraversa una delle sue fasi più turbolente. Il gruppo ha annunciato investimenti per 160 miliardi di euro fino al 2030, una cifra che potrebbe sembrare colossale ma che in realtà rappresenta un significativo ridimensionamento rispetto ai 165 miliardi stanziati per il periodo 2025-2029 e agli ambiziosi 180 miliardi previsti per il 2024-2028. Non si tratta di un passo indietro dettato dalla paura, ma di una mossa strategica che Oliver Blume ha spiegato chiaramente al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine: il 2024 è stato l'anno del picco degli investimenti, ora è tempo di un approccio più mirato e cauto.
La vera notizia, però, non sta tanto nei numeri quanto nella destinazione di queste risorse. Volkswagen sta voltando le spalle ai mercati che hanno fatto sognare l'industria automobilistica negli ultimi decenni, Stati Uniti e Cina, per concentrarsi su Germania e continente europeo. "Nei prossimi cinque anni, il Gruppo Volkswagen intende investire 160 miliardi di euro", ha dichiarato Blume. "Il focus è sulla Germania e sull'Europa: nei prodotti, nelle tecnologie, negli impianti di produzione e nelle infrastrutture". Una dichiarazione che suona quasi come un manifesto del nuovo corso.
Ma Volkswagen non si limita a ritirarsi dai mercati problematici: sta costruendo le fondamenta per un futuro veramente europeo. Il gruppo sta spingendo con determinazione sulla produzione locale di celle per batterie per veicoli elettrici, nonostante i costi significativi. La prima fabbrica di Salzgitter è già operativa, e Blume è categorico sulla necessità di questa scelta: "Considero imperativo che sviluppiamo e produciamo celle per batterie in Europa da soli. Non dobbiamo rimanere completamente dipendenti dai fornitori asiatici per questa tecnologia importante come lo siamo stati finora".
Questa posizione trova eco in un dibattito più ampio che sta infiammando l'industria automobilistica europea. La localizzazione dei componenti è diventata la questione centrale, con Renault che ha recentemente proposto soglie di contenuto locale più realistiche. Josep Maria Recasens, Chief Strategy Officer del costruttore francese, ha suggerito a Bloomberg requisiti del 60% per tutti i tipi di veicoli, piuttosto che l'ambizioso 75% specifico per i veicoli elettrici proposto dal presidente Emmanuel Macron.
Le ragioni di questa inversione di rotta sono evidenti quando si guarda ai numeri di Porsche, il brand premium del gruppo che sta soffrendo tremendamente. Il marchio di Stoccarda vende circa metà dei suoi veicoli tra Stati Uniti e Cina, due mercati che oggi rappresentano più un problema che un'opportunità. I dazi all'importazione americani e la feroce concorrenza cinese hanno massacrato la redditività del brand, costringendo Volkswagen a ripensare completamente la propria presenza globale. Le discussioni sui programmi di riduzione dei costi a lungo termine per Porsche continueranno per tutto il 2026, segno che la situazione richiede interventi strutturali profondi.
La nuova strategia di Volkswagen non significa necessariamente un abbandono totale dei mercati extraeuropei, ma certamente ridefinisce le condizioni di ingaggio. Blume ha rivelato che i piani per un impianto Audi negli Stati Uniti dipendono interamente da sostanziali aiuti finanziari da Washington, una condizione che tradisce la scarsa fiducia del gruppo nelle prospettive del mercato americano senza supporto governativo.
Per quanto riguarda la Cina, il panorama è ancora più complesso. Porsche non prevede crescita nel gigante asiatico, ma Blume ha lasciato aperta la porta a una localizzazione più profonda per l'intero Gruppo Volkswagen. Ha persino suggerito che lo sviluppo di un modello Porsche specificamente pensato per i clienti cinesi potrebbe rivelarsi una strada percorribile in futuro, anche se non ha fornito tempistiche concrete per questa idea ancora embrionale.
Quando gli è stato chiesto di delineare la sua visione per Volkswagen alla scadenza del suo contratto nel 2030, Blume ha tracciato un quadro ambizioso ma concreto: "Vogliamo essere un'azienda automobilistica attraente nel 2030 che giochi un ruolo di leadership in tutte le principali tecnologie, offra prodotti entusiasmanti e soprattutto sia economicamente robusta. Questo significa che il Gruppo Volkswagen sarà allora più redditizio di oggi: questo è il nostro obiettivo".
L'amministratore delegato ha riconosciuto che il 2025 ha registrato ingenti costi straordinari su tutti i brand, descrivendo l'azienda come se avesse "raggiunto il fondo della valle", posizionandosi però per condizioni migliori nel resto del decennio. Il rinnovo del suo contratto fino al 2030 rappresenta, nelle sue parole, "un chiaro segnale di sostegno" da parte delle famiglie Porsche e Piëch insieme allo stato della Bassa Sassonia, i maggiori azionisti di Volkswagen.
Blume ha anche affrontato le critiche relative alle perdite degli azionisti dalla quotazione in borsa di Porsche tre anni fa, accettando la responsabilità di affrontare il declino della fiducia del mercato. Una dimostrazione di trasparenza che, insieme alla strategia di rifocalizzazione europea, potrebbe segnare l'inizio di una nuova era per il gruppo tedesco: meno espansione a tutti i costi, più solidità e profitti. Il futuro dell'auto europea, sembra dire Volkswagen, si costruisce in Europa.
Porsche
Corso Stati Uniti, 35
padova
(PD) - Italia
800 000 911
contatto@porsche.it
https://www.porsche.com/italy/
Porsche
Corso Stati Uniti, 35
padova
(PD) - Italia
800 000 911
contatto@porsche.it
https://www.porsche.com/italy/