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Nell'era Tavares di Stellantis, quando per la verità quale spiraglio di ciò che poi è accaduto ai piani alti era nell'aria, abbiamo fatto un sondaggio con voi lettori: per rimediare ai guai del Gruppo, cosa bisogna fare subito? Quali auto? Devo dire che si è scatenata la fantasia ma anche una consapevolezza da parte degli appassionati che ha superato le mie aspettative. Più o meno gli stessi problemi sono ora sul tavolo di Antonio Filosa, apprezzato dirigente in Fiat dal 1999 e appena nominato amministratore delegato da John Elkann.
Dunque il gioco si ripropone: "Se fossi Antonio Filosa, al mio primo giorno da CEO del gruppo Stellantis farei..." e la parola passa a voi. Da me, solo qualche spunto di riflessione.
Se io fossi Antonio Filosa, al mio primo giorno da CEO, fisserei due parole sull'agenda: chiarezza e futuro. Perché oggi Stellantis ha qualche problema di prodotto, ma soprattutto ha un problema di percezione, di direzione strategica e di coerenza tra le tante anime che la compongono. Ed è il quarto costruttore automobilistico al mondo.
1. La galassia dei marchi: chi fa cosa e per chi?
Dodici marchi più Leapmotor sotto un unico tetto sono una ricchezza ma anche una mina innescata. Fiat, Peugeot, Citroën, Opel, Jeep, Alfa Romeo, Lancia, DS, Chrysler, Dodge, Ram, Maserati. Alcuni sono in forma smagliante, altri stanno lottando per una rilevanza che oggi è più nostalgica che reale. Serve un disegno chiaro: chi deve essere generalista, chi deve puntare sul premium, chi sull’heritage, chi sulla sostenibilità. Altrimenti, si rischia di pestarsi i piedi tra cugini.
2. Modelli elettrici: dove sono e quando arrivano davvero
C’è un buco di prodotto che rischia di diventare un problema serio. La strategia elettrica di Stellantis è partita in ritardo rispetto a Tesla e al gruppo Volkswagen, anche se nel piano "Dare Forward 2030 c'erano tutti gli ingredienti e anche quell'approccio ingegneristico speciale che ha dato vita alle piattaforme STLA. Ma non si può più giocare in difesa, e in Europa con ogni probabilità (anche sotto la spinta di Trump) cambieranno molte cose.
Le piccole come la nuova Grande Panda, la Citroen C3 e la Peugeot 208 andranno bene, hanno comunque una strada ben definita davanti, anche se si venderanno più come termiche che come elettriche. Ma l’assenza di modelli iconici e desiderabili in alto di gamma è evidente. Se fossi Filosa, convocherei il team di design e ingegneria e direi: “Fatemi una nuova Alfa Romeo Giulia e Stelvio non elettriche che faccia tremare Monaco e Stoccarda. E in fretta.” E non è detto i rumors sui ritardi del lancio per questi modelli non sia proprio l'inizio di un cambio di rotta.
3. Nord America e Cina: il doppio fronte critico
In Nord America, Jeep e Ram reggono ancora bene, anche se alcuni modelli iconici soffrono un ritardo nell'aggiornamento, un problema più volte sollevato proprio ad Antonio Filosa dai concessionari, che nei mesi scorsi dovuto smaltire uno stock di invenduto preoccupante. Ma sono soprattutto Chrysler e Dodge i simboli di un passato che oramai arranca. In Cina, Stellantis ha fallito più volte e oggi è quasi assente, ha preferito una alleanza "debole" con Leapmotor per importare e assemblare auto cinesi in Europa. USA e Cina sono due mercati chiave: il primo garantisce margini, il secondo volumi. Serve una strategia chirurgica, in USA bisogna salvare ciò che funziona e rinnovare il resto. In Cina, o si trova una partnership locale solida o si rischia di uscire definitivamente dal radar.
4. L’identità italiana: tra orgoglio e rilancio
Alfa Romeo, Lancia, Fiat, Maserati, Abarth: marchi italiani che parlano al cuore, ma servono investimenti veri. Se fossi io Filosa, modestamente, direi al board: “L’italianità non è un orpello da sventolare su una brochure o una bandierina sulla Topolino, è un asset industriale e culturale”. Basta con i modelli-lancio annunciati e poi rimandati. Il tempo è finito: bisogna uscire con auto che rappresentino un nuovo Rinascimento tecnologico e stilistico, ma che siano anche sostenibili nei numeri e nella produzione.
5. La fabbrica Europa: il nodo sindacale e sociale
Infine, il tema più delicato: gli stabilimenti. Da Melfi a Sochaux, da Tychy a Vigo, da Cassino a Pomigliano la tensione è palpabile, nonostante le voci ufficiali rassicuranti. In Francia e in Italia si respira l’incertezza per un futuro fatto di elettrico che non si vende, robot e piattaforme globali. Filosa, che viene da ruoli operativi e credo sappia bene cosa significhi parlare agli operai, dovrà trovare un equilibrio tra competitività industriale e tenuta sociale. Non è semplice, ma è imprescindibile. Conclusione? Se fossi Antonio Filosa, oggi non firmerei contratti né farei annunci. Mi metterei in ascolto per un giorno intero. Ma domani, sveglia all'alba e di corsa a restituire a Stellantis una parola che manca da troppo tempo: visione.
Fiat
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https://www.fiat.com
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