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C'è un momento, nella vita di ogni campione, in cui la tentazione del successo bussa alla porta con la forza di un turbine. Jannik Sinner aveva diciotto anni quando quel vento iniziò a soffiare forte, portando con sé i primi montepremi, le prime vittorie che sapevano di futuro, di promessa mantenuta. E come ogni ragazzo di quell'età, anche lui sognava di trasformare quei numeri sul conto in qualcosa di tangibile, di ruggente, di veloce come i suoi colpi da fondo campo.
Ma c'era qualcuno accanto a lui. Alex Vittur, il suo storico manager, più di un manager: un fratello maggiore, una bussola in mezzo alla tempesta del successo precoce. Vittur guardava quel ragazzo bruciare di talento e passione e capì che doveva insegnargli la cosa più difficile: aspettare. Godersi le piccole cose. Non trasformare una casa di cinquanta metri quadrati in una villa di lusso, non sostituire il piacere di cucinare con cene stellate ogni sera. Perché il rischio, quello vero, non era la sconfitta sul campo, ma la trasformazione in una meteora che brilla intensamente per poi spegnersi nell'indifferenza.
E così Sinner è cresciuto. Ha imparato che la grandezza non sta nell'ostentazione ma nella sostanza, che il valore non si misura solo in cavalli di potenza ma anche in equilibrio, in quella capacità di rimanere fedeli a se stessi anche quando il mondo ti grida di cambiare. Oggi, a ventiquattro anni, è di nuovo numero uno del mondo dopo il trionfo al Masters 1000 di Parigi, alla vigilia delle Finals di Torino dove arriva con la consapevolezza di chi sa che ogni vittoria è costruita sulla pazienza, sul lavoro, sulla capacità di non bruciare le tappe.
Eppure la passione per le automobili non l'ha mai nascosta, anzi. L'ha coltivata con la stessa dedizione con cui perfeziona il suo rovescio, con l'intelligenza di chi sa dosare desiderio e ragionevolezza. A Monaco, dove vive, ha solo due posti auto: un limite che è diventato una benedizione, un filtro naturale che lo costringe a scegliere, a meditare ogni acquisto come si medita una mossa strategica in un tie-break decisivo.
E quando si osserva la sua collezione, si capisce che ogni automobile racconta una storia, un capitolo della sua evoluzione come atleta e come uomo. Non è accumulo, è narrazione su quattro ruote.
L'Audi RS6 ABT Legacy Edition che trova spazio nel suo garage non è semplicemente una station wagon potente. È l'emblema di una nuova generazione di atleti europei che Audi ha scelto di rappresentare attraverso Sinner: innovazione, efficienza, sostanza prima dell'apparenza. La collaborazione con ABT ha trasformato il V8 biturbo portandolo oltre i 760 cavalli, prestazioni che fino a pochi anni fa appartenevano solo alle supercar a due posti. Fibra di carbonio ovunque, aerodinamica esasperata, un'estetica che non cerca la discrezione ma nemmeno urla scompostamente. È potenza domata, precisione meccanica che richiama la sua precisione sul campo.
Poi c'è lei, la Ferrari 812 Competizione. Perché nessun atleta italiano che tocchi l'eccellenza può rimanere indifferente al richiamo di Maranello. La 812 Competizione rappresenta uno degli apici della produzione contemporanea del Cavallino: un V12 aspirato da 830 cavalli che canta una sinfonia ormai rara in un'epoca di downsizing e ibridizzazione. L'aerodinamica è stata sviluppata per eliminare ogni resistenza inutile, l'estetica deriva direttamente dal mondo delle competizioni. È un'auto destinata a un pubblico strettamente selezionato, proprio come le Finals di Torino sono riservate solo agli otto migliori tennisti del mondo. C'è una poesia in questo parallelismo: la rarità che incontra l'eccellenza, il privilegio guadagnato con il merito.
Nel passato di Sinner c'è anche un'Alfa Romeo Stelvio, l'auto che lo accompagnava all'inizio della sua avventura nel circuito ATP, quando era ancora in cerca della sua identità, quando il numero uno era un sogno e non ancora una realtà. La Stelvio, specialmente nella versione Quadrifoglio, rappresenta una delle interpretazioni più convincenti di SUV sportivo: trazione integrale, telaio rigido, sterzo diretto, un comportamento dinamico che richiama la grande tradizione Alfa. Quella collaborazione si è chiusa quando è arrivato l'accordo con Audi, ma quella Stelvio resta un simbolo nel percorso di crescita, il primo amore automobilistico che si ricorda sempre con tenerezza.
Ora Sinner è anche ambassador della Formula 1, un ruolo che testimonia come la sua passione per i motori sia autentica, profonda, non costruita per marketing ma vissuta con la stessa intensità con cui affronta ogni sfida sportiva. E mentre si avvicina alle Finals di Torino, c'è chi si chiede se in caso di vittoria finale deciderà di regalarsi una nuova automobile. Ma la verità è che Sinner ha già capito la lezione più importante: che il vero lusso non sta nel possedere, ma nello scegliere con cura. Che la velocità più entusiasmante non è quella misurata in chilometri orari, ma quella con cui continua a crescere, a migliorarsi, a rimanere quel ragazzo di 24 anni che ha ancora tanto talento e tempo per brillare e farci entusiasmare sui campi da tennis.
Perché alla fine, come gli ha insegnato il suo mentore Vittur, la grandezza vera sta nel saper aspettare il momento giusto, nel godersi ogni piccola conquista senza bruciare le tappe, nel rimanere umani anche quando il mondo ti vuole trasformare in un'icona. E forse è proprio questo equilibrio tra passione e raziocinio, tra sogno e concretezza, che rende Jannik Sinner non solo il numero uno del tennis, ma anche un esempio di come si possa essere grandi senza perdere se stessi lungo la strada.
Alfa Romeo
Corso Giovani Agnelli, 200
Torino
(TO) - Italia
800 253 200
https://www.alfaromeo.it/
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