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Le automobili di oggi sono tecnologicamente superiori ma paradossalmente meno confortevoli di quelle degli anni '80 e '90. Nonostante decenni di innovazione, i dati tecnici e le lamentele degli automobilisti rivelano che il comfort di marcia è effettivamente peggiorato a causa di scelte progettuali che privilegiano sportività, efficienza e apparenza rispetto al benessere dei passeggeri. Questo fenomeno rappresenta un caso emblematico di come il progresso tecnologico non sempre coincida con il miglioramento dell'esperienza d'uso.
Immaginate un'epoca lontana, diciamo gli anni '90, in cui le case automobilistiche avevano l'assurda convinzione che un'auto dovesse essere comoda. Che strano concetto! La Mercedes Classe S W140 (1991-1998), soprannominata "l'ultima Mercedes degli ingegneri", incarnava perfettamente questa filosofia antiquata: sviluppata con un budget di 1 miliardo di dollari, presentava vetri doppi fonoassorbenti, prima auto di serie al mondo, sospensioni idrauliche che si adattavano automaticamente alle condizioni stradali, e una messa a punto mirata esclusivamente al comfort. La vettura pesava sorprendentemente solo 2.065 kg nonostante le sue dimensioni generose.
L'evoluzione più dannosa per il comfort è stata l'adozione di cerchi sempre più grandi con pneumatici a basso profilo. I dati tecnici sono inequivocabili: passando da pneumatici 215/65R16, tipici degli anni '90 a 245/35R19 standard odierno, l'altezza del fianco si riduce del 30-50%, eliminando gran parte dell'effetto ammortizzante. Ogni riduzione del 10% dell'altezza del fianco aumenta la trasmissione di vibrazioni in abitacolo del 15-20%.
La fisica è implacabile: il fianco del pneumatico agisce come una molla secondaria. Quando l'altezza si riduce dal 60% al 35%, la rigidità aumenta, trasferendo gli urti direttamente alle sospensioni e al telaio invece di essere assorbiti dalla deformazione del pneumatico. Inoltre, i cerchi maggiorati aggiungono 5 -10 kg per ruota di massa non sospesa, riducendo ulteriormente l'efficacia delle sospensioni.
Benvenuti nell'era dell'estetica totalitaria, dove persino una city car da nonnina deve assomigliare a una Formula 1 pronta per Monza. La "sportivizzazione" si è diffusa come un virus contagioso in ogni categoria automobilistica: dalle utilitarie da 15.000 euro ai SUV familiari, ogni veicolo deve apparire "cattivo" anche se il suo destino è portare i bambini a scuola nel traffico romano. Una Fiat Panda Sport oggi monta cerchi da 16" che negli anni '90 erano riservati alle auto sportive più estreme, evidentemente anche le nonnine hanno sviluppato istinti da pilota da rally. I SUV compatti, progettati teoricamente per la famiglia, adottano pneumatici 225/45R18 al posto dei più sensati 205/60R16, trasformando ogni buca stradale in un'esperienza traumatica per i passeggeri. Persino le monovolume, categoria storicamente orientata al comfort, sono state "sportivizzate" con sospensioni rigide che compromettono la loro funzione primaria di trasporto comodo.
Il paradosso è tragicomico: l'estetica domina completamente la funzionalità. I designer ammettono senza pudore che un'auto deve "apparire veloce da ferma" anche se sarà usata nel traffico urbano a 30 km/h. Questa filosofia ha trasformato innocue city car in "mini-sportive" con sospensioni da go-kart che trasformano ogni dosso in un trauma spinale. Ma non è finita qui: per vendere, l'auto deve essere bella oltre che comoda, creando un compromesso che spesso è impossibile da raggiungere. Il risultato? Auto che sembrano uscite da un videogioco ma che dopo mezz'ora di guida ti fanno rimpiangere l'autobus.
E qui arriva la parte più divertente: con 30.000 euro un tempo portavi a casa un'auto confortevole, oggi devi sborsarne 35.000 per avere la stessa comodità. L'inflazione tecnologica ha creato una spirale perversa. Vogliamo tutto: sportività, efficienza, sicurezza, tecnologia, ma il compromesso è un costo sempre più alto. Una Ford Focus del 2000 da 20.000 euro (rivalutati oggi circa 32.000 euro) includeva di serie climatizzatore, interni in tessuto di qualità, cerchi sensati da 15" e sospensioni tarate per l'uso quotidiano. La stessa cifra oggi ti regala cerchi da 17" che massacrano la schiena, climatizzatore manuale, interni in plastica dura e una taratura sportiva che il 95% degli utenti non userà mai. Benvenuti nell'era del progresso regressivo!
Jeremy Clarkson, figura autorevole del giornalismo automobilistico, ha dichiarato senza mezzi termini: "Le auto moderne sono tutte una schifezza ora... Non riesco a identificare l'80 o 90% delle auto in vendita oggi". Oltre alle provocazioni, la sua posizione riflette un sentiment condiviso da molti esperti del settore.
Gli ingegneri SAE (Society of Automotive Engineers) riconoscono apertamente che l'industria affronta "sempre più il problema di ridurre il peso dei veicoli garantendo un livello equivalente di comfort". La ricerca accademica conferma che le sedute moderne, pur tecnologicamente avanzate, creano maggiore affaticamento durante la guida prolungata.
La ricerca universitaria del Michigan ha documentato come i sedili moderni, nonostante funzioni di massaggio e regolazioni elettroniche, siano meno efficaci nel prevenire l'affaticamento rispetto ai sedili tradizionali ben progettati. Il 55% dei consumatori privilegia il comfort nei materiali sostenibili per interni, ma l'industria fatica a conciliare sostenibilità e comfort.
Siamo diventati una generazione di automobilisti viziati che pretende tutto senza compromessi. Vogliamo auto che si parcheggiano da sole, frenano automaticamente quando stiamo per investire il gatto del vicino, ci massaggiano la schiena mentre siamo fermi nel traffico, e contemporaneamente ci aspettiamo che costino poco e siano comode come un divano di casa. Il risultato? Un'industria che ha perso completamente la bussola, impegnata in una corsa tecnologica che ha dimenticato lo scopo primario dell'automobile: trasportare persone comodamente.
L'elettronica moderna ha creato un ecosistema così complesso che quando un componente smette di funzionare, l'intero sistema va in tilt. Immaginate un'orchestra dove ogni strumento deve suonare perfettamente sincronizzato: se il violinista ha il raffreddore, l'intera sinfonia del comfort va a rotoli. Le sospensioni elettroniche che conversano con i sensori di velocità, che a loro volta comunicano con i sistemi di stabilità, che dialogano con le centraline climatiche - tutto bellissimo finché non si rompe il sensore da 50 euro che manda in confusione l'intera sinfonia tecnologica. Una volta bastava una molla e un ammortizzatore ben progettati per garantire comfort per 200.000 km. Ora serve un team di informatici per capire perché la sospensione posteriore sinistra ha deciso di diventare rigida come un bastone.
Ma ecco il colpo di grazia: abbiamo perso l'arte del compromesso intelligente. Un tempo, con tecnologia meno evoluta ma più funzionale, i progettisti trovavano soluzioni eleganti e durature. Oggi pretendiamo che la stessa auto sia sportiva per l'appagamento dell'ego, economica per il portafoglio, sicura per la famiglia, ecologica per la coscienza e comoda per la schiena. Il risultato è un mostro tecnologico che non eccelle in nulla ma costa come se fosse il meglio in tutto. Benvenuti nell'era della mediocrità costosa!
Eccoci arrivati al paradosso finale: nell'era delle auto intelligenti, abbiamo perso l'intelligenza del comfort. Mentre le nostre vetture imparano a riconoscere i segnali stradali, noi abbiamo dimenticato come progettare una sospensione che non ci distrugga la colonna vertebrale. Mentre investiamo milioni in sistemi che ci parcheggiano l'auto, accettiamo pneumatici che trasformano ogni sampietrino in un'esperienza dolorosa.
La verità scomoda è che siamo diventati complici di questo declino. Preferiamo un'auto che sembra veloce da ferma piuttosto che una che ci fa arrivare riposati a destinazione. Scegliamo il display touch da 12 pollici piuttosto che sedili ben progettati. Paghiamo extra per i cerchi da 19" che ci massacrano la schiena, ma ci lamentiamo se manca il supporto lombare elettrico da 800 euro.
Le Mercedes W140, BMW E32/E38 e Audi D2 non erano auto del futuro, erano semplicemente auto progettate da ingegneri che avevano capito una cosa fondamentale: un'automobile serve per trasportare persone comodamente, non per vincere gare di bellezza nei parcheggi dei centri commerciali. Avevano una tecnologia meno sofisticata ma più intelligente, perché sapeva quando fermarsi.
Il vero progresso automobilistico del futuro dovrà essere una rivoluzione del buon senso: riscoprire che un'auto comoda è più desiderabile di una bella, che la funzionalità batte l'estetica, e che la tecnologia dovrebbe servire il comfort, non sostituirlo. Solo allora potremo recuperare quel comfort che, con suprema ironia, avevamo già conquistato trent'anni fa. Magari ci vorrà solo una generazione di automobilisti con il mal di schiena per ricordarcelo.
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