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La Commissione Europea ha fatto centro: è riuscita a creare suspense attorno a un prodotto che non esiste, con caratteristiche che nessuno conosce e obiettivi che cambiano a seconda di chi li interpreta. Benvenuti nel meraviglioso mondo delle e-car, la nuova categoria automobilistica europea che promette di rivoluzionare il settore automotive... forse.
Tutto è iniziato con le roboanti dichiarazioni della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: "Vogliamo un futuro per l'auto e che le auto del futuro vengano fabbricate in Europa". Parole d'oro che suonano magnificamente, ma che nascondono una realtà ben più prosaica. Perché quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, le domande si moltiplicano come i dubbi di un acquirente davanti a un concessionario poco raccomandabile.
La fatidica "e" di e-car cosa rappresenta esattamente? Elettrica? Europea? Economica? O forse, più realisticamente, Enigmatica? Dopo mesi di annunci, comunicati stampa e riunioni istituzionali, l'unica certezza è che non esistono documenti ufficiali che definiscano cosa sia davvero una e-car. Un capolavoro di marketing istituzionale che fa impallidire le migliori campagne pubblicitarie.
Il 12 settembre, durante la riunione del dialogo strategico sul settore automotive, il vicepresidente esecutivo Stéphane Séjourné avrebbe dichiarato che la nuova categoria dovrebbe "avere un motore elettrico". Il condizionale è d'obbligo, perché nella fretta di trascrivere dichiarazioni informali, qualcuno potrebbe aver interpretato male. Risultato? Le e-car potrebbero essere elettrificate, con sistema mild hybrid, invece che elettriche pure. Una differenza non da poco, che trasforma una rivoluzione green in un restyling tecnologico.
Ma andiamo oltre le dichiarazioni e guardiamo i fatti. Se le e-car dovessero essere davvero elettriche ed economiche, dovrebbero montare batterie LFP litio-ferro-fosfato, le uniche abbordabili per auto destinate al mercato di massa. Il piccolo problema? Queste batterie vengono prodotte principalmente in Asia, con aziende cinesi come Catl che stanno aumentando la produzione in Ungheria.
Dal fronte europeo, il panorama è desolante: nessun produttore di batterie del vecchio continente ha avviato la produzione di accumulatori LFP, eccetto LG Energy e PowerCo di Volkswagen, che stanno appena attrezzando gli impianti in Polonia e Germania. Tempi di realizzazione? Non meno di 3-5 anni.
Praticamente, l'Europa vuole creare auto elettriche economiche senza avere le batterie per farle. È come voler fare una carbonara senza uova: tecnicamente possibile, ma il risultato finale sarà tutt'altro.
Fortunatamente, qualcuno ha deciso di dire le cose come stanno. Jean-Philippe Imparato, direttore di Stellantis Europe, ha anticipato tutti al salone di Monaco rivelando la vera natura delle e-car: "Saranno vetture benzina con sistema mild hybrid con velocità massima non superiore ai 120 km/h".
Ecco la rivoluzione europea: auto che già esistono, con tecnologia già disponibile, ma con un limite di velocità che le rende inadatte all'autostrada. È l'equivalente automobilistico di presentare come innovazione il telefono a rotella dipinto di blu.
La strategia sembra chiara: ripescare modelli datati, riomologarli come e-car con sistemi di assistenza ridotti e rivenderli come novità. Un vantaggio competitivo evidente per chi produce, molto meno per chi compra.
L'esempio più lampante? L'attuale Fiat Panda, che potrebbe diventare la base meccanica per una nuova generazione di e-car. Un'auto che ha già fatto il suo tempo nel mercato tradizionale potrebbe così trovare nuova vita nella categoria europea. Garage Italia ha già rilasciato una versione elettrica della vecchia Panda 4x4, mentre lo studio Ma-De di Como ha immaginato una versione moderna della Fiat 126.
Ricapitolando: l'Europa vuole auto del futuro fabbricate in Europa, ma con batterie asiatiche o con tecnologia mild hybrid già esistente. Vuole auto economiche ma senza la catena di fornitura per renderle tali. Vuole innovazione ma basata su piattaforme datate.
È il perfetto esempio di come l'Europa riesca a complicare anche le cose più semplici, trasformando quello che potrebbe essere un progetto industriale serio in un esercizio di comunicazione istituzionale che genera più confusione che risultati.
Le e-car europee rischiano di diventare l'ennesima promessa mancata del vecchio continente: tanto rumore per nulla, condito con una generosa dose di autoreferenzialità che non nasconde l'assenza di una strategia industriale chiara.
Ma forse è proprio questo l'obiettivo: creare abbastanza confusione da far sembrare geniale qualsiasi soluzione, anche la più banale. In fondo, se non sai cosa stai vendendo, è più facile convincere gli altri che sia esattamente quello di cui hanno bisogno.
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