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La percezione pubblica delle auto diesel è drasticamente peggiorata dopo lo scandalo Dieselgate, al punto che molti considerano il diesel sinonimo di inquinamento. Ma uno studio scientifico pubblicato sulla rivista Nature (Scientific Reports) nel 2017 rivela una realtà sorprendente: le moderne auto a benzina producono più particolato carbonioso rispetto alle diesel dotate di filtro antiparticolato (DPF). Questa scoperta potrebbe rivoluzionare il nostro modo di pensare all'inquinamento veicolare.
Il team di ricercatori del Paul Scherrer Institute e del Centro di Ricerca della Commissione Europea ha confrontato sistematicamente le emissioni di auto Euro 5 a benzina e diesel. Gli esperimenti sono stati condotti presso il Vehicle Emissions Laboratory utilizzando una camera climatica in grado di simulare temperature da -10°C a +35°C, e un tunnel di diluizione con campionatore a volume costante (CVS).
L'aspetto più innovativo è stata l'introduzione di una camera smog mobile in Teflon illuminata con luci UV, dove una frazione dei gas di scarico veniva iniettata e "invecchiata" artificialmente. Questo ha permesso di simulare le reazioni fotochimiche che avvengono nell'atmosfera reale e misurare non solo le emissioni dirette, ma anche la formazione di aerosol organico secondario (SOA).
"Per valutare correttamente l'inquinamento veicolare è necessario conoscere sia le emissioni primarie che come queste invecchiano nell'atmosfera," spiegano i ricercatori. Una distinzione fondamentale, perché molti inquinanti si trasformano chimicamente dopo essere stati emessi, creando nuove particelle dannose.
I dati emersi dalla ricerca sono inequivocabili. A temperatura ambiente (22°C), le auto a benzina hanno emesso in media 10 volte più particolato carbonioso rispetto alle diesel con DPF. A temperature più basse (-7°C), tipiche degli inverni in molte regioni europee, questa differenza è salita a ben 62 volte.
In termini quantitativi, i fattori di emissione per le auto a benzina si situavano tra 0,01-0,04 g/kg di carburante, valori in linea con gli inventari esistenti. Al contrario, i fattori di emissione per le diesel equipaggiate con DPF erano di ordini di grandezza inferiori ai valori di riferimento (0,68-2,64 g/kg) e molto al di sotto di quelli riportati per le vecchie diesel senza DPF.
In un caso particolare, un'auto a benzina ha prodotto oltre 400 volte più black carbon rispetto alle diesel testate. Questo non è un caso isolato, ma riflette l'efficacia straordinaria dei filtri antiparticolato installati sulle moderne diesel Euro 5 e 6, che riducono le emissioni a livelli talvolta non misurabili con gli strumenti convenzionali.
Lo studio evidenzia un fenomeno critico: l'impatto drammatico della temperatura sulle emissioni. Durante l'avviamento a freddo, quando il motore e il catalizzatore non hanno ancora raggiunto la temperatura operativa ottimale, le auto a benzina emettono quantità enormi di idrocarburi.
"Le emissioni delle auto a benzina sono fino a due ordini di grandezza superiori quando il catalizzatore è freddo," riporta lo studio. Questo "cold start effect" è attribuito a due fattori principali: una minore efficienza di combustione dovuta alla perdita di energia verso le superfici fredde del motore e un maggiore attrito causato dai lubrificanti più viscosi a basse temperature, insieme a un ritardo prolungato prima dell'attivazione del catalizzatore.
L'analisi temporale delle concentrazioni di idrocarburi totali (THC) durante il ciclo di guida NEDC mostra che solo dopo circa 14 chilometri le emissioni cumulative dalle auto a benzina si equilibrano con quelle delle diesel. Nei tragitti urbani, che raramente superano questa distanza, le auto a benzina risultano quindi significativamente più inquinanti per quanto riguarda il particolato.
L'aspetto più preoccupante emerso dallo studio riguarda la formazione di aerosol organico secondario (SOA). Questo inquinante invisibile si forma quando i gas di scarico reagiscono nell'atmosfera con la luce solare e altre sostanze chimiche, creando nuove particelle potenzialmente più dannose di quelle emesse direttamente.
Le auto a benzina producono quantità significative di SOA, con rese (ΔSOA/ΔTHC) che aumentano ulteriormente a basse temperature. I ricercatori hanno determinato un'entalpia di vaporizzazione effettiva di 19 kJ/mol e una variazione di resa del 2±0,4% K⁻¹, parametri che permettono di modellare la formazione di SOA in diverse condizioni ambientali.
Secondo i dati, il SOA prodotto dalle auto a benzina può essere fino a 6,5 volte superiore alle emissioni dirette di particolato. Al contrario, le moderne diesel con DPF non hanno prodotto SOA rilevabile durante gli esperimenti.
La spiegazione risiede nella composizione chimica degli scarichi. L'analisi dettagliata degli idrocarburi totali ha rivelato che le emissioni delle auto a benzina contengono una frazione significativa di metilbenzeni e altri composti, potenti precursori del SOA. Le diesel moderne, invece, emettono principalmente piccoli composti carbonilici (formaldeide, acetaldeide) e acidi carbossilici (formico, acetico), che sono precursori SOA molto meno efficienti.
Nonostante i vantaggi in termini di particolato, lo studio conferma che le auto diesel emettono ancora circa 10 volte più ossidi di azoto (NOx) rispetto alle benzina ad entrambe le temperature testate. Questo crea un vero e proprio dilemma ambientale: non esiste una tecnologia universalmente "migliore".
"Se il diesel o la benzina inquinano di più dipende dall'inquinante in questione," affermano i ricercatori. "Le auto diesel non sono necessariamente inquinanti peggiori delle auto a benzina." Una conclusione che sfida la narrativa semplicistica che ha dominato il dibattito pubblico degli ultimi anni e sottolinea la necessità di un approccio più sfumato alla regolamentazione delle emissioni.
Per verificare la rilevanza pratica di questi risultati di laboratorio, i ricercatori hanno modellato il contributo delle auto a benzina e diesel all'inquinamento da SOA fossile (fSOA) nella regione di Los Angeles, utilizzando il toluene come tracciante per le emissioni da traffico veicolare e le rese SOA misurate nei loro esperimenti.
I risultati suggeriscono che le auto a benzina potrebbero contribuire fino all'82% del SOA fossile osservato nell'aria urbana. Questo pattern è coerente con le osservazioni in altre città: negli Stati Uniti, dove predominano le auto a benzina, il SOA domina la frazione carboniosa del particolato atmosferico. In Europa, con la sua storica maggiore presenza di diesel, il black carbon e l'aerosol organico primario sono ancora predominanti.
Questo spiega perché gli studi sulla qualità dell'aria condotti in diverse regioni possono giungere a conclusioni apparentemente contraddittorie sul contributo relativo di diesel e benzina all'inquinamento urbano: la risposta dipende dalla composizione specifica del parco auto locale e dalle condizioni climatiche.
I ricercatori hanno sviluppato un modello per prevedere come cambierà il contributo relativo di diesel e benzina alle emissioni di particolato man mano che il parco auto si modernizza. Una proiezione per l'Unione Europea, basata sui dati del modello TREMOVE, suggerisce un iniziale aumento della quota di particolato primario dalle diesel, seguito da una diminuzione man mano che i DPF diventano onnipresenti.
Il dato più sorprendente è che bastano pochissime vecchie diesel senza filtro per dominare le emissioni complessive di particolato. Con solo il 3% di diesel pre-Euro 5 ancora in circolazione, queste vetture emetterebbero più particolato primario dell'intero parco auto a benzina in condizioni di temperatura mite. Durante l'inverno, invece, le auto a benzina potrebbero già dominare il PM carbonioso delle autovetture.
Questa è la ragione per cui, nonostante i risultati dello studio, le diesel continuano ad essere percepite come più inquinanti in molte città europee: il problema non sono le diesel moderne con DPF, ma il vecchio parco circolante non ancora aggiornato.
Le implicazioni di questa ricerca per chi deve acquistare un'auto oggi in Italia sono significative e devono tenere conto anche dell'aspetto economico, oltre a quello ambientale.
Per chi vive in città e fa tragitti principalmente brevi, i veicoli elettrici rappresentano la scelta migliore dal punto di vista ambientale, eliminando alla fonte sia le emissioni di particolato che di NOx. Dal punto di vista economico, nonostante il costo d'acquisto più elevato, i costi di gestione sono significativamente inferiori: l'energia elettrica è soggetta a un'imposizione fiscale molto più bassa rispetto ai carburanti tradizionali, con accise minime. La ricarica domestica costa mediamente 0,20-0,30€/kWh, permettendo di percorrere 100 km con circa 4-6€, contro i 12-15€ necessari con i carburanti tradizionali. Inoltre, i costi di manutenzione sono ridotti per l'assenza di componenti soggetti a usura come frizioni, cinghie di distribuzione e filtri. Va detto però che il costo delle ricariche presso le colonninre rapide è diventato molto alto e questo, combinato con un prezzo più favorevole negli ultimi mesi di benzina e gasolio e la rimodulazione delle accise ha alterato questo bilancio economico.
Per chi percorre lunghe distanze (oltre 30.000 km/anno), specialmente in autostrada, un moderno diesel Euro 6d con DPF potrebbe rappresentare ancora la scelta più conveniente, combinando vantaggi economici e ambientali. A partire dal 15 maggio 2025, l'accisa sul gasolio in Italia sarà di 632,40€ per mille litri, leggermente inferiore a quella sulla benzina (713,40€ per mille litri). Considerando che i motori diesel consumano mediamente il 20-25% in meno, il vantaggio economico diventa ancora più marcato. Su una percorrenza annua di 35.000 km, la differenza può ammontare a 800-1.200€ all'anno di carburante risparmiato rispetto a un equivalente motore a benzina. Inoltre, come dimostrato dallo studio, le moderne diesel con DPF emettono meno particolato e producono meno SOA rispetto alle benzina, sebbene continuino ad emettere più NOx.
Per l'utilizzo misto (città-extraurbano) con chilometraggi annui intermedi (15.000-25.000 km), le ibride benzina rappresentano un buon compromesso. Sebbene soggette alle stesse accise della benzina tradizionale, offrono consumi ridotti del 15-20% grazie al recupero dell'energia in frenata e possono circolare nelle ZTL di alcune città italiane senza limitazioni. Dal punto di vista ambientale, riducono significativamente l'impatto dell'avviamento a freddo nelle tratte urbane brevi, attenuando il problema delle elevate emissioni di particolato delle auto a benzina evidenziato dallo studio.
Vale la pena considerare anche il GPL, che in Italia gode di un'accisa favorevole (0,147€/litro contro 0,713€/litro della benzina) e produce emissioni di particolato significativamente inferiori rispetto alla benzina, oltre a ridotte emissioni di NOx rispetto al diesel. I costi di gestione sono competitivi, con un risparmio medio del 40-50% rispetto alla benzina, e la rete di distribuzione è capillare sul territorio nazionale. Dal punto di vista ambientale, la combustione del GPL genera meno composti aromatici rispetto alla benzina, riducendo la formazione di SOA nell'atmosfera. Il costo di conversione per un'auto esistente si aggira intorno ai 1.500-2.000€, con un ritorno dell'investimento in circa 30.000 km.
I ricercatori riconoscono che ci possono essere eccezioni a queste linee guida generali. Casi specifici dove le diesel potrebbero emettere più aerosol carbonioso includono viaggi molto lunghi (dove l'importanza relativa dell'avviamento a freddo è minore), condizioni operative come alte velocità (oltre 120 km/h) o estremi di temperatura, e veicoli con caratteristiche anomale.
Questo studio ci ricorda l'importanza di basare le politiche ambientali e le scelte di consumo su dati scientifici aggiornati piuttosto che su percezioni consolidate. La demonizzazione universale del diesel dopo lo scandalo delle emissioni ha oscurato importanti sfumature e progressi tecnologici.
Le moderne diesel equipaggiate con DPF e catalizzatori ossidanti rappresentano un notevole avanzamento rispetto alle generazioni precedenti. Il filtro antiparticolato, in particolare, si è dimostrato estremamente efficace nel catturare non solo il particolato primario ma anche i precursori del SOA.
Al contempo, l'impatto ambientale delle auto a benzina, specialmente in termini di particolato e SOA, è stato spesso sottovalutato nel dibattito pubblico. L'effetto dell'avviamento a freddo e la formazione di SOA sono problematiche concrete che meritano maggiore attenzione, soprattutto considerando i pattern di mobilità urbana caratterizzati da tragitti brevi e frequenti.
Come concludono i ricercatori, "c'è una scelta tra nuove auto che generalmente emettono meno PM e producono meno SOA (diesel), o nuove auto che emettono meno NOx (benzina)". Questa tensione tra diversi obiettivi ambientali sottolinea la complessità delle scelte tecnologiche e politiche nel campo della mobilità sostenibile.
Mentre acceleriamo la transizione verso la mobilità elettrica, che rimane l'obiettivo finale per ridurre l'inquinamento urbano, è essenziale che le politiche di breve e medio termine si basino su una comprensione accurata dei contributi relativi delle diverse tecnologie all'inquinamento atmosferico. Solo così potremo fare scelte informate che minimizzino realmente l'impatto del trasporto sulla nostra salute e sull'ambiente.
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