Formula 1 2025, l’ultimo atto prima della rivoluzione: i top e flop dei team

Formula 1 2025, l’ultimo atto prima della rivoluzione: i top e flop dei team
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La stagione 2025 di F1 chiude l’era a effetto suolo: scopri quali team hanno brillato e quali hanno deluso prima della rivoluzione tecnica del 2026
27 dicembre 2025

Il sipario è calato. Una stagione ricca di colpi di scena si è conclusa, così come l’era a effetto suolo: un regolamento tecnico che ha visto due team alternarsi al comando. Prima la Red Bull, dominante in lungo e in largo nei primi due anni e mezzo, poi la McLaren, capace di recuperare terreno fino a diventare campione del mondo Costruttori per due stagioni consecutive e portare Lando Norris al primo titolo mondiale della carriera.

Un ultimo atto prima che la rivoluzione tecnica del 2026 prenda piede, dando inizio a una nuova era della Formula 1. Ma quali sono stati i veri top e flop della stagione 2025?

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McLaren, il cerchio che si chiude

Il 2025 si è chiuso sotto il dominio della McLaren, la stessa squadra che aveva iniziato l’era a effetto suolo come fanalino di coda. Quando le nuove vetture debuttarono nel 2022, il progetto di Woking era pressoché fallimentare, lontano da quanto inizialmente previsto da Andrea Stella e dal suo gruppo tecnico. Lo stesso team principal non si è mai nascosto dietro scusanti, affermando senza mezzi termini la realtà dei fatti.

Una situazione difficile da digerire, che ha però spinto la squadra a rimboccarsi le maniche. Già nel 2024 la McLaren aveva messo in pista una monoposto finalmente competitiva, capace di riportare a Woking il titolo Costruttori che mancava da quasi trent’anni. Ma l’obiettivo più ambito - quello Piloti - è stato centrato nel 2025 grazie alla MCL39.

Una vettura completa, che fin dall’inizio ha dimostrato di avere passo e prestazioni in ogni condizione di pista, soprattutto grazie a una gestione delle gomme magistrale: un aspetto cruciale in una stagione in cui ogni minimo dettaglio ha inciso profondamente sui valori in campo. La McLaren ha così potuto dettare il ritmo senza particolari difficoltà per gran parte dell’anno.

ANSA

I problemi sono emersi nella seconda metà di stagione, quando una minaccia è tornata prepotentemente in vita: Max Verstappen. Le piste a basso carico aerodinamico, come Monza e Baku, hanno esaltato l’olandese e la sua RB21, mettendo in difficoltà la MCL39. Ma a penalizzare maggiormente il team è stata la gestione interna dei piloti.

Le famigerate Papaya Rules sono rimaste in vigore fino alla fine, una scelta che ha comunque dato ragione ad Andrea Stella e Zak Brown, culminando nella doppietta con il titolo Piloti conquistato da Lando Norris. La fase centrale della stagione ha però mostrato alcune crepe. Il K.O. tecnico di Norris ha spinto il team a proteggerlo, arrivando a chiedere a Oscar Piastri di cedere la posizione a Monza: una decisione che ha creato un precedente pericoloso, trasformatosi in un rumore di fondo che, a detta dello stesso australiano, ne ha minato la serenità.

Di fatto, però, la McLaren resta senza ombra di dubbio la miglior squadra del 2025. Una monoposto priva di veri difetti strutturali, sviluppata attraverso semplici affinamenti e non interventi correttivi, segno di un progetto solido e già proiettato al 2026. Una vittoria che porta la firma di Andrea Stella, conquistata “a modo suo”, senza tradire la mentalità McLaren: non conta solo quanti titoli si vincono, ma come si vincono e che messaggio si lascia.

Red Bull, la rinascita dopo il terremoto

Un messaggio forte è arrivato anche dalla nuova Red Bull. Nuova perché della squadra che aveva iniziato la stagione è rimasto ben poco, se non Max Verstappen, perno centrale di un team che, dopo la pausa estiva, è rinato dalle proprie ceneri.

Il licenziamento di Christian Horner ha segnato una svolta epocale. Dopo lo scandalo che lo aveva colpito a inizio 2024, la sinfonia di Milton Keynes si è interrotta bruscamente. Un accordo stonato che, inizialmente, era stato mascherato dal titolo conquistato da Verstappen nel 2024 nonostante una vettura problematica.

La RB21, prima Red Bull senza la guida tecnica di Adrian Newey, non ha risolto i limiti del progetto precedente, evidenziandone di nuovi. La prima parte di stagione si è trasformata in un vero calvario per Verstappen, ma la prima vittima è stata Liam Lawson, retrocesso in Racing Bulls per fare spazio a Yuki Tsunoda, destinato però a lasciare la griglia a fine anno.

La musica è cambiata con l’arrivo di Laurent Mekies a Milton Keynes. Un approccio gestionale completamente diverso, più olistico e ingegneristico, basato su un maggiore ascolto dei piloti. Una filosofia che ha indirizzato correttamente lo sviluppo tecnico, permettendo alla Red Bull di chiudere terza nel Mondiale Costruttori e a Verstappen di rimontare fino a fermarsi a soli due punti da Lando Norris, recuperando un distacco superiore ai cento punti.

Un risultato impensabile a metà stagione, reso possibile da un nuovo spirito interno. Un banco di prova fondamentale in vista dell’ardua sfida del 2026, quando il team anglo-austriaco debutterà anche come motorista in collaborazione con Ford.

Mercedes, il riscatto silenzioso

Se la Red Bull ha iniziato l’era a effetto suolo da dominatrice per poi chiudere il 2025 come terza forza, la Mercedes ha compiuto il percorso inverso. Dopo anni di difficoltà con monoposto mai realmente comprese dal punto di vista tecnico, Brackley ha trovato la propria quadra, archiviando l’ultima stagione prima della rivoluzione al secondo posto tra i Costruttori.

Un risultato tutt’altro che scontato, soprattutto considerando la presenza in squadra di un rookie. Andrea Kimi Antonelli ha affrontato il 2025 come un anno di apprendimento, fondamentale per prepararsi al 2026, quando – complici i nuovi motori – la Mercedes potrebbe tornare a puntare a titoli e vittorie. Al suo fianco, uno dei migliori George Russell di sempre, che ha fatto della costanza la propria cifra stilistica, trascinando il team anche nei momenti più complessi.

Durante l’estate, l’introduzione di una nuova sospensione posteriore ha creato non poche difficoltà a entrambi i piloti. Russell ha fatto leva sull’esperienza, mentre per Antonelli l’impatto è stato più complicato, trattandosi del suo primo anno in Formula 1. Dall’Ungheria in poi, la W16 – una vettura ancora per certi versi enigmatica, capace di soffrire il caldo ma anche di vincere a Singapore – è tornata alla configurazione precedente.

Questo ha permesso al bolognese di ritrovare fiducia e chiudere la stagione con tre podi (Canada, Brasile e Las Vegas). Tra alti e bassi, la Mercedes ha centrato l’obiettivo del secondo posto, guardando con ambizione al 2026.

Ferrari, la grande delusione

La vera delusione della stagione 2025 è stata la Ferrari. Le aspettative erano altissime dopo il 2024, chiuso a soli 14 punti dalla McLaren. A rafforzare questo clima di fiducia, la presentazione di Lewis Hamilton in Piazza Castello, alla presenza del CEO Benedetto Vigna, di Frédéric Vasseur e dei due piloti, con l’obiettivo dichiarato di puntare a entrambi i titoli.

La realtà, già sotto la pioggia australiana, si è rivelata ben diversa. La SF-25, la vettura che avrebbe dovuto riportare la Ferrari sul tetto del mondo, ha mostrato prestazioni mediocri per tutta la stagione, senza mai raggiungere un vero picco prestazionale. Nemmeno le modifiche meccaniche introdotte dal Belgio in poi hanno cambiato il quadro, con la Rossa che ha chiuso il Mondiale come quarta forza.

Consapevole di non avere una monoposto in grado di rimontare, a Maranello si è scelto di mollare il colpo già nel mese di aprile, concentrando lo sviluppo esclusivamente sul progetto 2026, che vedrà la luce il prossimo 23 gennaio a Fiorano. Una scelta strategica che potrebbe pagare nel lungo periodo, ma che ha inevitabilmente inciso sul morale dei piloti.

Charles Leclerc, profondo conoscitore delle dinamiche Ferrari, è riuscito a limitare i danni conquistando sette podi. Lewis Hamilton, invece, ha vissuto un anno estremamente complicato, chiuso senza podi e segnato da grandi difficoltà nel trovare ritmo, soprattutto in qualifica, dove ha fatto registrare il peggior bilancio della sua carriera.

Non è stato il suo anno migliore, ma il sette volte campione del mondo ha dovuto adattarsi a un ambiente tecnico e umano completamente diverso rispetto a quello Mercedes, un acclimatamento reso ancora più arduo da una SF-25 costantemente al limite. L’unico vero acuto della stagione resta la Sprint in Cina, insieme alla pole position di Leclerc in Ungheria: due episodi che fotografano perfettamente il 2025 della Ferrari.

L’attenzione è ora rivolta interamente al 2026, che potrebbe segnare profondamente il futuro della Scuderia. Per la prima volta, il progetto sarà sviluppato da una squadra interamente selezionata da Vasseur, con Loïc Serra a capo dell’area tecnica. Se anche questo tentativo dovesse fallire, Leclerc è stato chiaro: “Ora o mai più”. Il suo futuro a Maranello potrebbe non essere scontato. Per Hamilton, invece, il 2026 potrebbe rappresentare l’inizio dell’ultima fase della carriera, con un possibile ritiro nel 2027.

Williams e Racing Bulls: la crescita a centro gruppo

Il detto recita: “Chi lascia la via vecchia sa quel che lascia, ma non sa quel che trova”. Un principio che la Ferrari ha sperimentato sulla propria pelle. In casa Williams, invece, è stata fatta la scelta opposta. La FW47 è stata una naturale evoluzione della monoposto precedente, conservandone anche il telaio. Una strategia chiara da parte di James Vowles, che ha indirizzato le risorse già da gennaio verso la nuova era tecnica.

Una scelta che non ha penalizzato il rendimento in pista: la Williams ha chiuso al quinto posto, compiendo un salto in avanti significativo in termini di performance e punti. Decisivo l’apporto di Carlos Sainz, autore di due podi ad Azerbaijan e in Qatar, piste storicamente ostiche per il team di Grove. Bene anche Alexander Albon, protagonista soprattutto nella prima parte di stagione, quando lo spagnolo era ancora in fase di adattamento dopo quattro anni in Ferrari.

Costanza anche per la Visa Cash App RB, che grazie a una vettura semplice da interpretare ha conquistato il sesto posto nel Mondiale Costruttori. Isack Hadjar ha trovato subito il passo giusto nella sua stagione da rookie, coronata dal podio in Olanda che ha cancellato definitivamente la delusione del ritiro nel giro di formazione in Australia. Prestazioni che hanno convinto Laurent Mekies a promuoverlo per il 2026.

A retrocedere dopo appena due gare è stato invece Liam Lawson, che ha ritrovato fiducia una volta tornato in Racing Bulls, squadra con cui farà coppia nel 2026 con un altro rookie, Arvid Lindblad.

Sauber, Aston Martin, Haas e Alpine: attesa e delusione

Il 2025 è stato anche l’anno dei podi inaspettati. Nico Hülkenberg ha finalmente rotto il tabù sotto la pioggia di Silverstone, dopo tredici anni di carriera. Unico vero sorriso in una stagione chiusa in penultima posizione da Sauber, ormai proiettata verso il futuro targato Audi. Mattia Binotto e Jonathan Wheatley hanno già iniziato a impostare il nuovo corso, con la coppia Hülkenberg–Gabriel Bortoleto pronta per il 2026.

Anche Aston Martin guarda con trepidazione alla prossima stagione. Il 2025 è stato sacrificato per costruire un progetto completamente nuovo, con Adrian Newey, Enrico Cardile e Andy Cowell concentrati esclusivamente sul futuro. Il settimo posto finale è stato un calvario per Fernando Alonso e Lance Stroll, con l’asturiano che non ha mai nascosto la frustrazione per una AMR25 difficile da guidare.

Anno in chiaroscuro per Haas, che solo nella seconda metà di stagione ha trovato continuità, chiudendo ottava. Ayao Komatsu ha rilanciato il team, ma per ambire a traguardi più alti serviranno nuovi investimenti, a partire dal simulatore che arriverà grazie alla collaborazione con Toyota. Oliver Bearman ha confermato la velocità vista in precedenza, ma dovrà lavorare sulla costanzaEsteban Ocon dovrà ritrovare il suo smalto se non vorrà pagare dazio nel confronto con il britannico.

La più grande delusione del 2025 resta però Alpine, fanalino di coda di questo ciclo regolamentare. Prestazioni quasi mai all’altezza, con i 22 punti conquistati interamente da Pierre Gasly. Né Jack DoohanFranco Colapinto sono riusciti a incidere, ma il vero problema è sempre stato la monoposto, penalizzata da un motore poco competitivo.

Renault ha così deciso di chiudere definitivamente il capitolo power unit in Formula 1, mettendo fine a una storia gloriosa ma ormai segnata da anni di crisi. Per rilanciare il progetto, Flavio Briatore – di fatto a capo del team dopo l’addio di Oliver Oakes – ha scelto la strada più drastica e forse più necessaria: il passaggio ai motori Mercedes. Una scommessa che potrebbe cambiare il futuro di Alpine già dal 2026.

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